Il Sexting

 In @buse, N. 2 - giugno 2017, Anno 8

L’impatto della tecnologia nella società contemporanea è talmente influente e pervasivo che essa riveste un ruolo centrale nella vita di ognuno di noi, in particolar modo in quella dei giovani. La maggior parte della popolazione, tra cui gli adolescenti, possiede uno o più device che utilizza per accedere ad una pletora di applicazioni mobile e social media e connettersi in tal modo con altri (Lenhart, 2015).

Questa si può considerare una vera e propria rivoluzione, caratterizzata da iper-connessione, velocità, relazioni a distanza, efficienza, ma anche da fretta, superficialità, spectatoring di sé stessi e di ciò che ci circonda. L’influenza è tale da cambiare drasticamente atteggiamenti e comportamenti delle persone. Lo schermo è a senso unico, dominato da anonimato e finzione; viene meno l’idea di eventi irripetibili, localizzati in un luogo e nessun altro, viene a mancare l’idea di silenzio, di spazio personale di riflessione, non si riesce più a star con se stessi (Lynch, 2012). Le strutture neurofisiologiche che ci caratterizzano sono predisposte a modificarsi con l’esperienza (Hebb, 1949) «le cellule stimolate allo stesso tempo si collegano tra di loro», definito oggi neuroplasticità: rafforzamento o delezione di collegamenti a livello neuronale, che non lascia indifferenti gli organismi.

L’avvento della tecnologia ha cambiato il nostro modo di leggere e pensare, interpretare e interagire, tuttavia il cervello non può ottimizzare una mole infinita di dati, deve scegliere tra i processi: così processando tante informazioni, lo fa in modo superficiale, tramite indizi o euristiche. Questo aspetto emerge in modo preponderante nelle comunicazioni mediate da computer (CMC), dove si perde il para-verbale e il non verbale, dove rimangono solamente gli indizi definiti minimal cues (Arnaboldi, Guazzini, & Passarella, 2013).

Secondo Van Doorn (2011) le nuove tecnologie forniscono una sorta di “quotidianità” per le attività giovanili, fornendo la possibilità di trascendere le relazioni nella sfera digitale, attraverso i social network; ne consegue una impossibilità di scindere elementi concreti ed elementi virtuali, così che quest’ultimo diviene estensione della vita quotidiana dei giovani (Cooper, Quayle, Jonsson, & Svedin, 2016). Le statistiche riportate dallo studio di Madden e colleghi (2013) mostrano che la maggior parte degli adolescenti ha accesso a internet, possiede un dispositivo mobile personale, ha almeno un profilo su un social network.

I social media e i dispositivi mobili consentono un modo non tradizionale di comunicare nelle relazioni, creando nei giovani una “connessione” con la ricezione di notifiche e messaggi di testo (Cupples & Thompson, 2010), permettono a individui on tratti di introversione nelle relazioni sociali di sviluppare abilità di comunicazione in situazioni non stressanti (Sheldon, 2008), possono facilitare le relazioni romantiche (Anderson & Emmers-Sommer, 2006), hanno ampliato le possibilità di costruzione di relazioni.

Nell’era di internet e dei dispositivi mobili le interazioni sono quindi mediate dalla tecnologia e la sessualità non è esclusa: parte integrante della costruzione e del mantenimento di relazioni, è influenzata da norme sociali e culturali (Gagnon & Smith, 1974), orientata da script che «definiscono chi e che cosa siamo. Determinano cosa è accettabile e cosa no, cosa le persone possono fare e cosa non possono» (Miller, 2000, p. 112). Numerosi studi hanno esaminato le comunicazioni di tipo sessuale online, a tal proposito, secondo gli autori del Media Practice Model (Steele & Brown, 1995), le abitudini sessuali degli adolescenti derivano da messaggi sessualmente espliciti che osservano nelle comunicazioni, quali video, giornali e programmi TV; queste comunicazioni avrebbero il ruolo di mediare tra l’idea di sé (self concept) e l’intensità delle auto-presentazioni (self presentation) in senso sessuale (Shafer, Bobkowski, & Brown, 2013).

Quindi, se gli adolescenti sentono o vedono messaggi sessualmente espliciti questi possono influenzare il loro sviluppo, le interazioni con la propria famiglia, i pari e gli altri gruppi di cui fanno parte (Shafer et al., 2013), possono costituire un elemento (dis-)educativo per coloro che ricercano informazioni sulla pornografia online (Rothman, Kaczmarsky, Jansen, & Baughman, 2014), possono modellare opinioni di sé e conseguentemente il modo di presentarsi degli adolescenti. Secondo il Media Practice Model (Steele & Brown, 1995), gli adolescenti attingono dai media elementi da applicare alle proprie identità (Shafer et al., 2013): così come nel XX secolo gli adolescenti appendevano poster di celebrità, manifestando a se stessi e a coloro che gli stavano attorno, la propria identità, in parte veicolata da elementi dei media, attraverso le possibilità della tecnologia attuale gli adolescenti mostrano elementi della propria identità tramite i social network. In queste auto-presentazioni i giovani rispecchiano simboli, linguaggi, script e caratteristiche dei media che osservano: per esempio, chi fa uso di pornografia è più portato a ritrarsi nudo o seminudo e inviarlo per messaggio o a registrarsi mentre compie atti sessuali, chi è esposto a videoclip musicali sessualmente espliciti si presenta utilizzando le medesime pose e terminologie. (Stokes, 2007).

Riassumendo, l’utilizzo di media sessualmente espliciti sembra essere un antecedente necessario alla produzione e condivisione di materiale sessualmente esplicito da parte degli adolescenti (Bobkowski, Shafer, & Ortiz, 2016). Il framework socio-psicologico fornito dalla letteratura sui media sessualmente espliciti fornisce una spiegazione per il fenomeno dell’auto-rivelazione sessuale nel contesto delle norme che gli adolescenti si formano dalle famiglie e dai coetanei (Browing, Leventhal, & Brooks-Gunn, 2004). Tali norme modellano l’utilizzo di media sessualmente espliciti probabilmente influendo a favore della creazione di contenuti sessualmente espliciti auto-prodotti, risultante dell’assimilazione di una cultura sessuale, all’interno della quale il mettere in atto comportamenti che si osservano in TV, in foto e video potrebbe stimolare un senso di auto-efficacia (agency) nel mettere in atto gli script acquisiti (Eyal & Kunkel, 2008).

Secondo Shafer e collaboratori (2013), la produzione e la distribuzione di contenuti digitali di sé costituisce una componente di un più ampio processo di auto-rinforzo, infatti dalla prospettiva del Media Practice Model (Steele & Brown, 1995) le identità degli adolescenti sono influenzate dai media con cui interagiscono e da come li utilizzano e reinterpretano nelle proprie vite, selezionandoli e, in un movimento circolare, i media influenzano di nuovo identità ed esperienza dei giovani. L’utilizzo, la produzione e la condivisione di materiali, compresi quelli sessualmente espliciti, concorrono a delineare le identità dei giovani e i loro self-concept, ossia come si percepiscono.

Appare quindi evidente una interazione cruciale con l’ambiente, ossia la società, le comunità, le istituzioni, le amicizie, i gruppi di appartenenza, la famiglia e l’esperienza di vita personale nella creazione, nel modellamento e nella modifica di atteggiamenti e comportamenti riguardo ai fenomeni di comunicazione mediata dalla tecnologia. Risulta opportuno contestualizzare i comportamenti online, tra cui nello specifico il sexting, all’interno dello scenario
di vita dei giovani (Ringrose, Gill, Livingstone, & Harvey, 2012): in quanto creatori e consumatori di media, guidati da curiosità, ricerca di identità, pressione sociale gli adolescenti sono spinti a sperimentare, a confrontarsi, ad allontanarsi dai ruoli infantili e dal controllo parentale (Angelides, 2013; Simpson, 2013), a esplorare la propria sessualità e identità sociale (Walrave, Ponnet, Van Ouytsel, Van Gool, Heirman, & Veerbeck, 2015); inoltre bisogna sottolineare la cultura dei media sempre più sessualizzata (Chalfen, 2009, 2010; Ringrose et al., 2013), che può influenzare i comportamenti, specie sessuali, dei giovani e determinare copioni di interazione e comunicazione sessuali veicolati digitalmente: il sexting può essere visto come una comunicazione sessuale di tipo diretto, verbale, come inviare un messaggio di testo o indiretto, non verbale, come una foto o un video sessualmente espliciti.

 

Il sexting

Il termine sexting, crasi dei termini “sex” e “texting”, indica un comportamento che consiste nell’«invio, nella ricezione, o nell’atto di inoltrare messaggi di testo, fotografie o video sessualmente espliciti ad altri, generalmente tramite smartphone» (Klettke, Hallford, & Mellor, 2014). Tale definizione risulta, al giorno d’oggi, la più completa per definire un fenomeno complesso e multi-sfaccettato quale il sexting, comprende infatti sia tutti i tipi di messa in atto del comportamento (invio, ricezione o inoltro), la tipologia di materiale scambiato (messaggi di testo, fotografie, video), la persona con cui viene scambiato il sext o il gruppo e gli strumenti utilizzati (partner, ex-partner, amici, conoscenti, sconosciuti).

La frequenza di tale comportamento risulta molto variabile secondo gli studi rilevati, per esempio nel 2008 (The National Campaign to Prevent Teen and Unplanned Pregnancy) è stata rilevata una frequenza di invio del 19%, mentre di ricezione del 31%; nel 2011, nel rapporto di EU Kids Online (Livingstone, Haddon, Görzig, & Olafsson) la percentuale di invio riscontrata è stata del 3%, mentre quella di ricezione del 15%; nel 2012 Finkellor, Jones e Wolak hanno riscontrato una frequenza del 20%, mentre Drouin e Landgraff, sempre nello stesso anno, tra il 30 e 67%; nel 2013 Gordon-Messer Bauermeister Grodzinski e Zimmerman 30 e 60%; nel 2014 Klettke e collaboratori rilevano una frequenza tra il 3 e 34% riguardo l’invio e tra 7 e 42% per la ricezione ricezione, nei giovani, mentre negli adulti circa il 53%; nel 2015 Walrave e colleghi riportano circa il 18%, nello stesso anno Patrick e colleghi circa il 26%; nel 2016 Currin e colleghi riportano circa il 50% dei partecipanti In Italia, secondo Eurispes e Telefono Azzurro (2012), il 12% degli adolescenti ha inviato un sext, il 9% l’ha fatto sotto minaccia, il 6% è stato minacciato con il ricatto di diffusione di materiale non consenziente, il 2% ha fatto sexing con intenzioni malevole con atti di bullismo a seguito.

La variabilità riscontrata nei diversi studi è dovuta a molteplici fattori: in primo luogo l’età, si è visto infatti che la frequenza aumenta con il crescere dell’età, per cui uno studio che considera per esempio adolescenti dagli 11 ai 16 anni riporterà frequenze inferiori rispetto ad uno che consideri campioni di giovani dai 17 ai 23 anni; un secondo aspetto importante riguarda il costrutto utilizzato, ossia la definizione di sexting, per cui se viene considerato sia come messaggio di testo, fotografia o video o se solo alcuni di questi; in terzo luogo se viene fatta una differenza tra invio e ricezione; in quarto ed ultimo luogo le modalità di rilevamento, se cartacee, con sperimentatore presente o meno, oppure online.

Lo smartphone risulta il dispositivo frequentemente più utilizzato per fare sexting, rispetto a personal computer, notebook o tablet: in particolare sembra che le applicazioni di messaggistica siano percepite come più funzionali, sicure, informali e meno rischiose per mettere in atto il comportamento, rispetto a e-mail o altri tipi di servizi; le più utilizzate risultano essere WhatsApp e Snapchat. Le caratteristiche delle applicazioni si sommano ai vantaggi degli smartphone: accessibilità pressoche ubiquitaria, minor controllo parentale rispetto a device condivisi o in luoghi frequentati da altri membri della famiglia, facilità e velocità di utilizzo.

Il sexting viene definito primario nella condizione in cui una persona invii del materiale sessualmente esplicito di se stesso, mentre risulta secondario nel momento in cui del materiale sessualmente esplicito che ritrae una persona viene inoltrato a uno o più individui (Calvert, 2009). Si suppone che il sexting primario possa essere consensuale, altresì quello secondario avviene frequentemente senza il consenso della persona ritratta. Si evidenzia inoltre una tipologia definita “sexting non voluto ma consensuale” (Dake, Price, Maziarz, & Ward, 2012; Tobin & Drouin, 2013) definito come mancanza di volontà a compiere comportamenti di sexting, ma accondiscendenza nel farlo su richiesta (per esempio del partner). Drouin e Tobin (2014) hanno rilevato che il 55% delle donne e il 48% degli uomini sono coinvolti in sexting non voluto perché pressati dal proprio partner, essi riportano che le motivazioni per tale comportamento sono flirtare, incrementare l’intimità e/o compiacere il partner.

 

Aspetti legati al sesso

Gli aspetti inerenti le differenze di frequenza del comportamento di sexting riguardo al sesso sono al centro di un dibattito, in letteratura psicologica, dovuto alla presenza di dati contrastanti al riguardo: non risulta semplice definire la frequenza maggiore dei comportamenti di sexting ascrivendola al sesso maschile o femminile in toto, non senza approfondire, contestualizzando, i comportamenti stessi e le situazioni in cui si verificano (Cooper et al., 2016; Klettke et al., 2014). Secondo alcuni autori l’invio e la ricezione di sext è più frequente per il genere maschile (Drouin & Landgraff, 2012; Drouin & Tobin, 2014; Morelli, Bianchi, Baiocco, Pezzuti, & Chirumbolo, 2016), forse dovuto al fatto che essi inviano per primi sperando in una riposta dalla/e ragazza/e (Döring, 2012; Lippman & Campbell, 2014); mentre per il genere femminile la frequenza è minore perché percepiscono maggiormente le conseguenze rischiose, hanno avuto più probabilmente esperienze negative, tengono conto della cultura rispetto ai ruoli di genere e subiscono maggiore pressione sociale (Cooper et al., 2016; Englander, 2012; Livingstone & Haddon, 2009; Ringrose, Gill, Livingstone, & Harvey, 2012; Temple, Le, Berg, Ling, Paul, & Temple, 2014). Alcuni studi non riportano differenze rispetto al sesso (Hinduja & Patchin, 2010; Lenhart, 2009); invece altre ricerche hanno scoperto che le femmine possono essere più portate a inviare immagini autoprodotte caratterizzate sessualmente rispetto ai maschi (Martinez-Prather & Vandiver, 2014; Mitchell, Finkelhor, Jones, & Wolak, 2012; Reyns, Henson, & Fisher, 2014), mentre i maschi sono più portati a ricevere i sext (Gordon-Messer et al., 2013; Strassberg, McKinnon, Sustaíta, & Rullo, 2013).

Alcune ricerche rilevano che gli omosessuali, soprattutto maschi, scambiano un quantitativo maggiore di sext (Houck, Barker, Rizzo, Hancock, Norton, & Brown, 2014; Morelli et al., 2016), questo può essere dovuto, come sottolineato da Chong, Zhang, Mak, e Pang (2015), dal fatto che i social media facilitano comunicazione, relazioni e migliorano il benessere psicologico e socio-emotivo tra lesbiche, gay e persone bisessuali. Quindi, i social media potrebbero essere
un fattore protettivo contro gli stressor dovuti a stigma sociale, pregiudizio e discriminazione, così come era stato teorizzato nel Minority Stress Model (Meyer, 2003).

Dalla letteratura psicologica emergono tuttavia due aspetti importanti: il primo è relativo al fatto che le ragazze sono viste in modo diverso nel processo di creazione e distribuzione di immagini, ossia il doppio standard sessuale. Nonostante la cultura moderna promuova una figura di donna disancorata dall’aspetto sessuale, la ricerca suggerisce che le ragazze non dovrebbero mai confrontarsi con la possibilità di essere punite e offese per la propria normale espressione sessuale (Angelides, 2013; Ringrose, Harvey, Gill, & Livingstone, 2013). Questo particolare aspetto assume importanza nel contesto delle immagini sessualizzate autoprodotte, laddove i giovani che mettono in atto comportamenti di sexting sono inestricabilmente legati sia al contesto culturale sia a fenomeni di pressione da parte del gruppo dei pari: gli uomini acquisiscono status rispetto ai pari se producono e condividono immagini di ragazze, mentre per esse non ne deriva approvazione alcuna da parte pari se producono e condividono immagini sessuali (Ringrose et al., 2012). Inoltre, le ragazze vengono più probabilmente additate per il fatto di essersi messe a rischio per i propri comportamenti irresponsabili finalizzati a voler attirare l’attenzione maschile (Hasinoff, 2013; Karian, 2012; Lenhart, 2009; Ringrose et al., 2012, 2013), possono andare incontro a potenziali critiche, dove il doppio standard sessuale attribuisce responsabilità alle ragazze per aver inviato le immagini (Ringrose et al., 2012).

Questi elementi emergono con maggiore gravosità in episodi di distribuzione incontrollata, laddove viene attribuita responsabilità morale per le conseguenze alle ragazze nell’aver prodotto e distribuito immagini di sé sessualizzate, piuttosto che considerare i responsabili della diffusione non autorizzata (Hasinoff, 2013; Ringrose et al., 2013). Ringrose e colleghi (2012) hanno scoperto che i maschi, invece, ricevono popolarità se mostrano foto di sé mascoline, mentre le femmine vengono repentinamente giudicate ed etichettate dai pari come “sgualdrine” e “prostitute”. Da questa prospettiva, il sexting è lontano dall’essere neutrale rispetto al genere e quindi è possibile comprenderlo alla luce delle percezioni sociali delle norme di genere, con le ragazze sotto pressione e sessualizzate da schemi culturali giovanili che appartengono ad una più ampia e sessualizzata società. Rispetto a ciò, Ringrose e collaboratori (2012) hanno affermato che il sexting potrebbe essere compreso come estensione online di maltrattamenti sessuali che le ragazze delle scuole possono già aver subito nelle proprie vite quotidiane.

Il secondo aspetto asserisce al fatto che le ragazze hanno esperienze negative in misura maggiore riguardo al sexting (Cooper et al., 2016). Nonostante in alcuni casi le ragazze acconsentano senza dubbio alla creazione e condivisione di immagini sessuali autoprodotte, questo non significa che tale evento avvenga sempre in un contesto libero da coercizione (Hasinoff, 2013). La ricerca suggerisce che molte ragazze sono portate non solo a vedere maggiori conseguenze negative del sexting (Samini & Alderson, 2014), ma che sono anche più vulnerabili a maltrattamenti on- e off-line, rispetto ai maschi, che invece sono più portati a mettere pressione o a fare coercizione sulle ragazze affinché producano e condividano immagini proprie sessualmente connotate (Englander, 2012; Henderson & Morgan, 2011; Lenhart, 2009; Ringrose et al., 2012; Walker et al., 2013). Hasinoff (2013) mostra che la scelta dei teenager su come esprimere il proprio genere e la propria identità sessuale dipende dal contesto sociale, dove “il maltrattamento sessuale da parte dei pari è ovunque”. In uno studio su 618 giovani, Englander (2012) ha riscontrato che la coercizione ha una probabilità di verificarsi che è doppia nelle femmine rispetto ai maschi. In aggiunta alla pressione a creare e condividere immagini, la ricerca di Temple e colleghi (2014) ha rilevato che, tra coloro a cui era stato chiesto di fare sexting, le ragazze erano più probabilmente portate dei maschi ad essere sottoposte a pressioni per ulteriori foto. Infine, la ricerca di Henderson e Morgan (2011) suggerisce che le ragazze sono più portate a vedere il sexting come causa di conseguenze negative e pericolose, riportando di essere preoccupate e traumatizzate da una distribuzione non autorizzata delle loro fotografie (Powell, 2010; Ringrose et al., 2012).

Per alcuni autori, questa distribuzione rappresenta un ulteriore mezzo di controllo ed espressione di potere sulle donne e riguardo a ciò, le ragazze possono quindi essere colpite in modo non proporzionale dai comportamenti di sexting (Peterson-Iyer, 2013). Se una donna non vuole prendere parte a comportamenti di sexting e sceglie di non inviare neppure se il partner ha iniziato uno scambio, non dovrebbe essere sottomessa ai desideri del proprio partner o essere pressata a conformarsi alle sue aspettative. Tuttavia, la scelta di non farlo implica una sorta di violazione di uno script relazionale creato dalla società, generando ansia sul proprio ruolo nella relazione corrente e mettendo in dubbio il suo essere valutata per i propri desideri e aspettative (Relational/Cultural Theory, RCT; Miller, 1976).

Uno studio del 2016 (Van Ouytsel, Van Gool, Walrave, Ponnet, & Peeters, 2016) mostra l’aspetto del doppio standard sessuale in un campione di adolescenti. Secondo i risultati, le ragazze sembrerebbero non compiere atti di ri-distribuzione non autorizzata e sembrerebbero essere meno inclini a inoltrare fotografie sessualmente esplicite, rispetto ai ragazzi (Van Ouytsel et al., 2016). Il campione di adolescenti, considerati nel medesimo studio, ritiene che l’esposizione a fotografie sessualmente esplicite di un ragazzo non comporti alcuna conseguenza dannosa, come se i loro corpi fossero meno sessualmente carichi rispetto a quelli femminili (soprattutto nell’area dei seni). Quanto emerso è in linea con i risultati di uno studio di Ringrose e Harvey (2015), in cui è stato riscontrato che le foto sessualmente esplicite dei ragazzi, nello specifico quelle che sottolineano l’ideale mascolino, venivano rinforzate dal punto di vista sociale con commenti positivi, mentre le fotografie sessualmente esplicite delle ragazze venivano spesso criticate e giudicate.

Le differenze di genere su come le conseguenze dei comportamenti di sexting sono percepite, sono state riscontrate anche in ricerche sugli adulti. In uno studio sugli adulti è stato mostrato che gli uomini sono meno turbati se il ricevente dei loro messaggi sessualmente espliciti decide di condividerli con altri, a differenza delle donne (Garcia, Gesselman, Siliman, Perry, Coe, & Fisher, 2016). Le donne adulte sono inoltre più portate degli uomini a credere che il sexting possa danneggiare la loro reputazione, la carriera, l’autostima e la loro relazione intima, rispetto agli uomini. I risultati di Van Ouytsel e colleghi (2016) sono simili, emerge che riguardo al sexting, sia per adolescenti che adulti, la condizione femminile spesso porta a vittimizzazione (Rice & Watson, 2016). Questo aspetto è assente per i maschi, i comportamenti di sexting sono percepiti come meno rischiosi e, al contrario, spesso percepiti con riconoscimenti sociali positivi.

 

Motivazioni

Le caratteristiche disinibitorie, come l’invisibilità e la comunicazione asimmetrica, delle comunicazioni elettroniche (Suler, 2004) potrebbero portare alcuni adolescenti a ritenere che mettere in atto comportamenti di sexting sia un modo funzionale per esprimere i propri sentimenti ed i propri desider
i sessuali, rispetto alla comunicazione faccia a faccia (Lee et al., 2014). Secondo Cooper e collaboratori (2016) le motivazioni principalmente riportate sono:

  • il sexting rappresenterebbe una forma di flirt e/o per guadagnare attenzione in amore,
  • ii) un rafforzativo del legame in una relazione consensuale,
  • iii) una sorta di sperimentazione di una fase adolescenziale, iv) soddisfare la pressione esercitata dal partner o dagli amici.

Nello studio di Van Ouytsel e collaboratori (2016) sia femmine che maschi hanno riferito che le immagini sessualmente esplicite sono inviate sia nel contesto di una relazione affettiva, o in una serie di appuntamenti, o perché la si ritiene essere l’aspettativa del partner o perché rappresentano una modalità per flirtare con un futuro partner. Secondo quanto riportato dai giovani, le ragazze inviano fotografie sessualmente esplicite ai propri fidanzati come segno di amore o come sorpresa (Van Ouytsel et al., 2016). Quando è stato chiesto se le ragazze fossero state pressate ad inviare tali fotografie, la maggior parte (sia maschi che femmine) ha riferito di aver percepito una notevole pressione da parte del ragazzo, con la motivazione di “dimostrare il proprio amore”, anche se l’obiettivo è esclusivamente la fotografia, o addirittura accondiscendevano all’invio di sext per timore di perdere il partner. Il sexting potrebbe quindi essere visto come una forma di self-disclosure all’interno di una relazione affettiva.

La self-disclosure è un processo in cui ci si presenta agli altri (Jourard & Lasakow 1958, 1991). Aver fiducia nel proprio partner, confidando informazioni personali, gioca un ruolo importante all’interno della nascita di una relazione affettiva, ed è stato collegato con una maggiore confidenza con il partner ed una migliore qualità percepita della relazione (Sprecher & Hendrick 2004). La condivisione di informazioni personali e di segreti e la condivisione di fotografie personali sessualmente esplicite possono giocare un ruolo simile nella creazione di un sentimento di intimità nelle relazioni affettive di breve e lungo tempo.

Studi precedenti hanno rilevato una relazione positiva tra l’entità con la quale i giovani hanno indicato di aver fatto sexting e i loro atteggiamenti positivi verso il comportamento (Lee et al., 2013; Strassberg et al., 2013; Walrave et al., 2015). Strassberg e colleghi (2013) hanno identificato una relazione tra i comportamenti di sexting dei giovani e i loro atteggiamenti positivi verso tale comportamento (ad esempio “il sexting è ok”). Questo comporta che quanto più gli adolescenti giustificano il proprio comportamento di sexting e possiedono atteggiamenti positivi verso il sexting stesso, tanto più saranno portati a mettere in atto tali comportamenti. In modo simile, studenti che possiedono atteggiamenti negativi, sono più difficilmente impegnati in comportamenti di sexting (Strassberg et al., 2013; Walrave et al., 2015).

 

Conseguenze

Le persone con le quali interagiamo giocano un ruolo importante nella creazione del contesto sociale in cui avviene l’apprendimento sociale (Akers & Jennings, 2009). Attraverso il contatto con gli altri, come il gruppo di pari, gli individui sono esposti a comportamenti, a norme e valori che approvano o disapprovano un determinato comportamento. Molteplici studi qualitativi hanno indicato che il comportamento di sexting è influenzato dalla pressione dei pari e dagli atteggiamenti percepiti dal gruppo dei pari stesso (Lippman & Campbell, 2014; Ringrose et al., 2013; Walker et al., 2013). Ulteriormente, Walrave e colleghi (2015) hanno posto in evidenza che le norme soggettive e gli atteggiamenti percepiti del partner e degli amici, sono associati con l’intenzione di compiere comportamenti di sexting.

La letteratura relativa al fenomeno del sexting è estesa ed in continua crescita, sono presenti numerosi studi ed alcune review che indagano questo comportamento, in particolare il sexting in relazione con i media, con la salute mentale, con l’ansia sociale, con sintomi depressivi in giovani ed adulti, con comportamenti sessuali a rischio e con utilizzo di sostanze, con la perpetrazione della violenza, con i tratti di personalità, con il costrutto dell’attaccamento, con il contesto culturale e con atteggiamenti e conseguenze percepite (si veda bibliografia per i singoli risultati). Se ne presentano alcuni:

  • Pressione e coercizione, specialmente le ragazze (Ringrose et al., 2013; Walker et al., 2013);
  • Diffusione incontrollata e abuso fotografie (Englander, 2015; Kopecky ́, 2015; Van Ouytsel et al., 2016) in caso di vendetta per la rottura di una relazione o ultima ratio per mantenerla sotto ricatto, tentativi di guadagnare status in gruppi maschili, divertimento, richiesta altrui, per noia;
  • Ruolo normativo, (Silbereisen & Noack, 1989);
  • Sperimentazione relazioni ed espressione di sentimenti e identità sessuale, rafforzamento di legami intimi (Albury & Crawford, 2012; Walker et al., 2013);
  • Attività sessuale senza rischi di malattie infettive (Lippman & Campbell, 2014);
  • Espressione di affetto e soddisfazione della propria relazione (Parker et al., 2012).

Walrave e colleghi (2014) hanno scoperto che le seguenti tre credenze sono associate con maggiore intenzionalità all’attuazione di comportamenti di sexting:

  • “comportamenti di sexting generino attenzione verso chi ha inviato”;
  • “il sexting aumenterà le opportunità di trovare un partner”;
  • “fare sexting diminuirà la probabilità di prendere una malattia sessualmente trasmessa”.

 

Lo studio

La ricerca indaga i comportamenti di sexting e la relazione che hanno con tre variabili: le capacità di regolazione emotiva, i comportamenti sessuali a rischio e il rimorso anticipato. Il campione formato da 239 persone, di cui il 51% di sesso femminile, comprende individui dai 18 ai 39 anni, con una media di 26. Sono state rilevate aspetti demografici del campione, quali età, sesso, residenza, stato civile, titolo di studio e condizione occupazionale attraverso un questionario cartaceo anonimo, nel quale erano inoltre presenti quattro reattivi psicologici, nello specifico: Sexting Behaviour Questionarie (Dir, 2012; Morelli et al., 2016), Difficulties in Emotion Regulation Scale (Gratz & Roemer, 
2004), Sexual Risk Survey (Turchik & Garske, 2009), Regret and Disappointment Scale (Marcatto & Ferrante, 2008); che misurano rispettivamente la frequenza e la tipologia dei comportamenti di sexting, le capacità di regolazione emozionale, i comportamenti sessuali a rischio, infine rimorso e delusione esperiti. La somministrazione è avvenuta singolarmente per ogni partecipante, previa accettazione del consenso informato, non sono stati indicati limiti di tempo; privacy, anonimato e riservatezza sono stati garantiti sia in fase di raccolta che di elaborazione dati.

I risultati sono interessanti nell’approfondire il fenomeno del sexting, rilevando una maggiore frequenza del comportamento nel sesso maschile e facendo emergere dei pattern notevoli: mentre nel sesso femminile il maggiore scambio si ha con una persona (il partner), in quello maschile avviene si in misura frequente con una persona (la partner) ma anche con più persone, ovvero gli amici.

Questi schemi infatti sono rispecchiati dai dati su invio e ricezione di sext, che mostrano chiaramente come, nelle femmine, invio e ricezione siano perlopiù con il partner, mentre nei maschi sia preponderante l’invio sia con partner che con gruppo di amici (già questi dati forniscono un chiarimento sulle dinamiche che spesso sono evidenziate nelle casistiche di sexting). Gli altri aspetti risultano in linea con la letteratura psicologica.

I comportamenti di sexting risultano correlati positivamente con limitate capacità di regolazione emotiva, ovvero frequenze maggiori di comportamenti di sexting si riscontrano in persone che hanno un limitato accesso al proprio vissuto emotivo, alla comprensione e accettazione di questo, limitate capacità di accesso a strategie di regolazione emotiva e che presentano un comportamento impulsivo. Inoltre i comportamenti di sexting correlano positivamente con i comportamenti sessuali a rischio, ossia maggior frequenza di comportamenti di sexting sono presenti in coloro che mettono più frequentemente in atto comportamenti sessuali a rischio; infine i comportamenti di sexting correlano negativamente con il rimorso anticipato, quindi minor frequenza dei comportamenti di sexting quando la persona esperisce elevato rimorso.

 

Conclusioni

La presente ricerca rappresenta un contributo empirico alla letteratura relativa ai comportamenti di sexting, in riferimento alle variabili studiate. Aver scoperto che le capacità di regolazione emotiva sono in relazione con i comportamenti di sexting può rivelarsi una prospettiva importante per gli interventi educativi, sia di stampo preventivo che di sostegno. Come suggerito da Houck e collaboratori (2014), gli aspetti della regolazione emozionale possono giocare un ruolo importante: nella presente ricerca si è riusciti a comprendere, seppur in parte, su quali elementi si possono focalizzare le campagne informative.


La ricerca ha inoltre messo in luce, a conferma di quanto già ipotizzato da altri autori (Choi et al., 2016; Van Ouytsel et al., 2015; Van Ouytsel et al., 2016; Wood et al., 2015) l’importanza dell’arco temporale che precede l’invio di un sext, si potrebbe educare a chiedersi le motivazioni per le quali stiamo per fare sexting, pensando a rischi e conseguenze. Una strategia potrebbe consistere nell’aumentare la consapevolezza dei giovani riguardo ai rischi del sexting (Van Ouytsel et al., 2014). Walrave et al. (2014) suggeriscono che aumentare la consapevolezza può influenzare le opinioni dei giovani sul sexting, controbilanciando i benefici percepiti, educando gli adolescenti sui rischi a breve termine, come la distribuzione non autorizzata e i rischi sulla propria reputazione.

Döring (2014) suggerisce che gli aspetti educativi dovrebbero concentrarsi sulla presa di consapevolezza dei giovani riguardo le conseguenze problematiche del sexting, insegnando ai giovani quando prendere parte a comportamenti di sexting, per esempio in comunicazioni anonime e reciproche. Inoltre, in relazione agli studi in letteratura riguardo ai comportamenti sessuali a rischio (Dake et al., 2012; Houck et al., 2014; Lee et al., 2013; Morelli et al., 2016; Temple & Choi, 2014; Temple et al., 2012) emerge la necessità di sviluppare strategie di negoziazione efficaci per far fronte a richieste di immagini sessuali, le quali potrebbero ispirarsi a quelle utilizzate per favorire l’uso del profilattico, agendo per esempio sulle norme percepite (Walker et al., 2013).

Nella costruzione di efficaci programmi di prevenzione, ci si può concentrare sulla costruzione di abilità: ai giovani vengono insegnate abilità sociali e relazionali come il cambio di prospettiva, la regolazione emozionale, abilità di comunicazione ed abilità di intervento per coloro che assistono. Interventi di prevenzione sul sexting e sui rischi dei comportamenti sessuali possono essere incorporate nell’educazione dei giovani (Houck et al., 2014); secondo l’Autore l’educazione dei giovani sulle possibili conseguenze del sexting, sulle strategie per intrattenere relazioni sane, ed i collegamenti tra il sexting e gli altri comportamenti a rischio possono ridurre i rischi a cui gli adolescenti vanno incontro. Infine, la capacità di regolazione emotiva, come suggerito (Houck et al., 2014), la percezione di rimorso e la consapevolezza dei rischi, possono rappresentare una strada per interventi di prevenzione e riduzione del rischio per giovani ed adulti.

 

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