Il traffico degli invisibili

 In SegnaLibro, N. 1 - marzo 2013, Anno 4
Fargnoli Il traffico degli invisibili

PANGERC D., Il traffico degli invisibili. Migrazioni illegali lungo le rotte balcaniche, Bonanno Editore, 2012

Nella quarta di copertina si legge “L’antropologa Desirée Pangerc decide nel 2005 di ripercorrere all’incontrario una delle rotte principali di questo mercato illegale, quella che passa attraverso il cuore dei Balcani…” ma questo voyage à rebours non rappresenta un’esplorazione nella memoria di eventi passati, bensì un andare effettivamente contro corrente, esplorare ‘il cuore’ di una vicenda drammatica e violenta come la disgregazione di un’idea politica e il recupero di identità etniche e nazionali, recandosi nei luoghi dove essa si è sviluppata e tuttora si svolge.

Alla metodologia propria dell’antropologo l’Autrice aggiunge acuta osservazione sociologica, competenza giuridica, e sensibilità psicologica. Eventi così complessi, come quelli che spingono gli esseri umani ad andare verso luoghi diversi da quelli della loro origine, possono essere spiegati non solo come ‘fenomeni migratori’ bensì come fenomeni con ‘funzione specchio’, cioè “rivelatrici delle più profonde contraddizioni di una società, della sua organizzazione politica e delle sue relazioni con le altre società” (p.15) poiché sono inevitabilmente intrecciati, connessi ad altri fenomeni, religiosi, socio politici come le sottili relazioni tra mondo politico, militare, ed organizzazioni criminali.

In primis il traffico di esseri umani, al quale sono indissolubilmente collegati fenomeni come il riciclaggio del denaro ‘sporco’ (oggetto di proventi illeciti), la prostituzione (intesa come sfruttamento e condizione di schiavitù di esseri umani), l’accattonaggio, il traffico di organi e quello della tratta che favorisce le adozioni internazionali illegali. Con grande chiarezza e con dovizie di informazioni tratte da documenti e citazioni dalla stampa, l’Autrice mette l’accento sul fenomeno ‘migratorio’ ponendo in primo piano la sostanza di una questione fondamentale: l’alterità sociale’, la presenza dell’altro inteso non solo come persona fisica ma come gruppo, società, etnia, soggetto di portatore di valori religiosi. In una parola la questione, antichissima, dell’integrazione e/o il rifiuto della diversità. Fa suo il pensiero di Pierre Bourdieu citandolo in un passo illuminante “Né cittadino, né straniero, né dalla parte dello Stesso né dalla parte dell’Altro, l’immigrato esiste solo per difetto nella comunità d’origine e per eccesso nella società ricevente..” (p.15).

Ma lì dove avvengono significativi movimenti di uomini, ci sono anche, inevitabilmente incrociati/correlati, accanto ad organizzazioni e sistemi sociali fondati su leggi e norme condivise, grandi organizzazioni criminali che in nome del profitto ad ogni costo, considerano l’essere umano alla stregua di una merce, o un oggetto, fonte esclusiva di arricchimento. I bisogni, le necessità, l’indigenza dell’Altro vengono utilizzate contro l’Altro giocando sulla sua speranza di una condizione migliore.

L’Autrice coraggiosamente denuncia la terribile condizione di chi costretto ad emigrare si trova preda di un sistema che, poiché gli impedisce di fatto di percorrere le vie legali per entrare in modo regolare in un altro paese, lo consegna tout court nelle mani della criminalità organizzata che si costituisce come un “nuovo mercato criminale, consistente nel reclutamento, nell’illecito trasferimento e nella successiva introduzione, prevalentemente per fini di lucro, di una o più persone, dal territorio di uno Stato a un altro, oppure all’interno di uno stesso Stato” (p.33).

È nata così una nuova forma di vittima di reato, quella di “traffico di esseri umani” che subisce, oltre alla ‘violenza storica’ del doversi allontanare dal luogo di origine, le forme di violenza correlate al suo andare in un altro luogo, in primis il ricatto e l’inganno, e successivamente violenze agite anche sul suo corpo, la prostituzione e l’espianto di organi rilevando come il traffico di organi sia fenomeno in espansione e di difficile investigazione. Tocca, ancora, un aspetto aberrante di questo fenomeno, la tratta a scopo di adozioni internazionali illegali (p.65). Come contrastare il fenomeno? E qui viene in primo piano un’ulteriore coinvolgimento forzato della vittima poiché la vede al centro di un processo giudiziario nel quale “testimonianze e dichiarazioni sono considerate essenziali per smantellare le reti criminali” (p.115).

Una definizione illuminante di vittima accompagna queste ulteriori considerazioni, intesa come “oggetto di un dibattito antropologico ed epistemologico che vede in esso la cristallizzazione di un’identità e quindi l’instaurazione di un rapporto immodificabile con il carnefice” (p.115). Due punti centrali: la vittima si ‘cristallizza’ in un’identità che diventa ‘status’ e la vittima che contrae (suo malgrado) un ‘rapporto immodificabile’ con il carnefice. Dice la Pangerc “La protezione delle vittime risulta dunque come l’ovvia contropartita per le informazioni ricevute. Questa contropartita per alcuni si configura come cooperazione della vittima alla lotta al traffico, da altri è considerata una condizione estremamente pesante per ottenere lo status di vittima e la protezione che questo status prevede” (p.116).

È del tutto ovvio che l’applicazione di una simile prassi pone chi opera a favore delle vittime nella condizione disagevole “di dover applicare leggi che alla fine ci lasciano sempre lontani dalla persona, dalla sua sofferenza e dalla sua condizione di sfruttamento” (p.117). Il volume si conclude con tre interviste che completano quest’opera, pregevole negli intenti ed efficace nella scrittura, il cui merito maggiore va, senza dubbio alla serie di osservazioni ed interrogativi che pone.

 

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