Le ragazze rubate

 In SegnaLibro, N. 2 - giugno 2015, Anno 6

“Una donna scomparsa non è che una foglia fra le tante finite in un canale di scolo durante un nubifragio, gli disse. A nessuno importa di Ruth, aggiunse mia madre. L’hanno portata via come si ruba una macchina”. (J. Clement)

J.Clement - Le ragazze rubate - Ugo Guanda Edizioni - 2014

J.Clement – Le ragazze rubate – Ugo Guanda Edizioni – 2014

Esiste un luogo dove «essere brutta è la cosa migliore che possa capitare a una bambina», dove nascere femmina ed essere graziosa condanna inesorabilmente ad un destino predatorio, quello segnato da spietati narcotrafficanti che sacrificano giovani vittime sull’altare dello sfruttamento sessuale e delle altre forme emergenti di schiavitù: dall’impiego come corrieri nel traffico di stupefacenti fino al lavoro forzato e all’asservimento per debiti, retaggio di un’epoca arcaica dominata dal principio della reificazione della persona. È il territorio del Messico, dove le cifre relative al traffico di donne sono inquietanti: in assenza di statistiche ufficiali, secondo le stime del Dipartimento di Stato americano sarebbero quasi 800.000 all’anno ad attraversare illegalmente i confini nazionali, assoggettate ad una tratta organizzata di esseri umani che le avvia, per lo più, al mercato della droga e della prostituzione.

Le ragazze rubate – opera frutto dell’invenzione narrativa dell’Autrice sebbene ispirata al fenomeno reale della scomparsa di donne nei Paesi dell’America Latina – matura nell’odierno contesto di una comunità rurale messicana, decimata dai narcos, dalla politica agricola del governo e dall’emigrazione clandestina. È qui che si snodano le drammatiche vicende di Ladydi Garcia Martínez, testimone indifesa e, suo malgrado, protagonista delle sanguinose faide tra bande per il controllo del territorio e del narcotraffico. Costretta sin dall’infanzia a nascondersi nelle buche scavate dai contadini nei campi di granoturco per proteggere le donne dalle incursioni dei «mercanti di morte», conoscerà la realtà cupa e disperata del carcere, fino ad un epilogo capace di regalare una nota di speranza alle donne che, come lei, sono state segnate dalla violenza o che in essa hanno giocato un ruolo attivo, vittime e carnefici dalle «vite tenere e tormentate».

Narrata in prima persona dalla voce ingenua e disincantata di un’adolescente, con uno stile a tratti scarno e ruvido, come le pareti di cemento delle carceri messicane, a tratti ironico, tanto da strappare al lettore più di un sorriso, l’opera nasce dalla decennale esperienza di ascolto di vittime di violenza – ma anche di compagne, mogli e figlie di narcos – intervistate dall’Autrice, originariamente interessata a delineare le figure femminili gravitanti nell’universo della criminalità organizzata locale. Solo successivamente l’interesse iniziale della Clement – concretizzatosi nel precedente Una storia vera fatta di bugie, che racconta dei maltrattamenti perpetrati in danno delle domestiche messicane – subisce un provvidenziale viraggio verso il fenomeno della scomparsa di donne dentro e fuori i confini nazionali. Ultimo tassello di un ideale percorso narrativo, Le ragazze rubate trae spunto da ordinarie storie di donne, accomunate dall’essere giovani, povere e di bell’aspetto, sistematicamente rapite per strada o trascinate via dalle loro abitazioni per non farvi più ritorno. Ecco allora che il territorio messicano appare come «un labirinto pieno di donne nascoste», confinate all’interno di rifugi di fortuna o di strutture private locate dal Governo «in una variante surreale e terzomondista dei programmi per la protezione dei testimoni».

L’embricarsi del dato reale e della fantasia narrativa offre al lettore uno scorcio impietoso della condizione femminile nelle comunità rurali dell’America Latina, evocando lo spettro della violenza in un contesto socio-culturale arretrato, che continua a conferire agli uomini il diritto di proprietà su donne e bambine. Private dei più elementari diritti umani e condannate dalla storica disparità nei rapporti di forza tra i due sessi, scontano impotenti la difficoltà di sottrarsi a vessazioni che assumono qui le sfumature del ratto, a scopo di coercizione alla prostituzione, e dell’abbandono coniugale. È, infatti, un paese di sole donne quello abitato dalla giovane protagonista, dimenticato dagli uomini emigrati clandestinamente alla ricerca di lavoro, che raramente faranno ritorno alla famiglia d’origine. E l’audace commistione tra realtà e fantasia si spinge ben oltre, fino a delineare le nefaste ripercussioni di tali condotte: dall’elevata incidenza di malattie sessualmente trasmissibili, conseguenti all’impossibilità di pretendere la monogamia o l’adozione di adeguate protezioni nei rapporti sessuali, alle gravidanze indesiderate, correlate alla sessualizzazione precoce delle bambine; dall’impatto delle violenze fisiche e sessuali sulla salute mentale delle vittime alle frequenti condotte di abuso di sostanze; dall’autolesionismo ai disturbi del comportamento alimentare.

Ma Le ragazze rubate è, anche, la narrazione fedele della condizione detentiva femminile nei Paesi sudamericani, attestando come la violenza contro le donne possa assumere le sembianze di un vero e proprio «ciclo di vessazione», capace di manifestarsi, con variegate modalità, nel corso di tutta la loro vita. Un romanzo che traccia traiettorie forse meno note al grande pubblico ma non per questo meno insidiose, intercettando i temi dell’inefficacia delle risposte culturali e legislative di fronte alla violenza, della difficoltà di accesso ai servizi sanitari da parte delle vittime, della carenza dei sistemi educativi e della scolarizzazione.

Ragazze violate, dunque, quelle della Clement ma sempre raccontate con la grazia e la sensibilità di una donna che da voce ad altre donne – fiori leggiadri che nessuno deve continuare a calpestare – pur senza scadere nel facile sentimentalismo, nella consapevolezza che il processo di vittimizzazione affonda le sue radici in una percezione del Sé fragile e inadeguata e che di essa continua ad alimentarsi. Niente sconti dunque, neppure per le vittime, che attraverso la figura della giovane protagonista idealmente si riscattano, riappropriandosi di un destino crudele che altri hanno tracciato per loro. Una rara occasione per accostarsi alle tematiche della violenza da una differente prospettiva che, abbandonate le statistiche asettiche e le analisi criminologiche, prediliga la (apparente) leggerezza di un’opera di narrativa.

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