Un genitore quasi perfetto

 In SegnaLibro, N. 1 - marzo 2017, Anno 8

Un genitore quasi perfetto – Bruno Bettelheim – Feltrinelli Editore 2013

Intento di questo libro è incoraggiare i genitori a riflettere autonomamente su certi aspetti dell’educazione dei figli, nella speranza che gli esempi portati saranno loro di aiuto per trovare una soluzione soddisfacente ai problemi quali che siano, che potranno incontrare nell’allevare i propri figli […]. Il genitore passabile avrà sempre presente che concepire, portare in seno e dare alla luce un figlio rappresenta l’evento più meraviglioso della sua vita. E che essere messo al mondo è l’evento più meraviglioso nella vita del figlio. Quanto più genitori e figli sapranno godere insieme, ciascuno a suo modo: per i genitori crescere un figlio, per il figlio essere cresciuto dai propri genitori, tanto più felice sarà la vita di ognuno” (p. 449).

Con queste frasi si concludono le 449 pagine del significativo, innovativo e appassionante libro del noto psicologo infantile Bruno Bettelheim (Vienna 1903-Maryland 1990) Un genitore quasi perfetto. Da quest’opera pubblicata nel 1987, ma tutt’ora attuale, scaturisce un nuovo modello di genitorialità. L’acutezza con cui l’autore inserisce il difficile ruolo dei genitori all’interno della nostra complessa società è frutto di anni di lavoro, passati a contatto con i bambini, con i loro genitori e anche dell’amore e del rispetto di chi ha basato la propria vita sulla protezione dei minori. L’opera non è, come si evince dalla citazione, un libro di ricette preconfezionate a cui attingere in caso di problemi. Anzi, è proprio il contrario. Il testo forma una genitorialità volta alla riflessione, all’autocontrollo, situata nel presente ma con lo sguardo al futuro, che non cede ai richiami di una società consumistica, che non cede alle sirene dei mass media, che non si fida di manuali per genitori perfetti, ma ascolta il figlio, è attenta alle parole, agli sguardi, ai gesti, alle richieste “mute” di aiuto, è sicura di come agisce: l’intento dell’autore è di formare una genitorialità sicura di sé, che sappia educare con responsabilità i figli.

Allevare i propri figli è un’impresa creativa, che pone il genitore continuamente di fronte a nuove sfide, inaspettate, sconvolgenti, alle quali deve saper rispondere in modo adeguato. Infatti il testo non presenta soltanto l’ideale del nuovo genitore, ma lo inserisce nella pratica quotidiana, nei problemi e nelle crisi di tutti i giorni. Proprio per questo è fruibile non solo per gli esperti in educazione, ma anche per i genitori, perché mostra esempi di vita quotidiana in cui quest’ultimi si possono facilmente immedesimare.

Il libro è strutturato in tre parti che affrontano in prima battuta la relazione parentale, in seconda la crescita e lo sviluppo della personalità individuale del figlio, per concludere nella terza parte dedicata all’inserimento del nucleo famigliare nella società. In ogni pagina del libro l’autore ammonisce chi aspira al modello della perfezione, chi aspira ad essere un genitore perfetto, perché ciò non è possibile, al contrario ogni genitore dovrebbe impegnarsi per divenire “quasi perfetto”, poiché ammettendo tutta la propria umanità si farà vicino al figlio, lo guiderà nella crescita in modo attento e partecipe. Nel difficile, ma non impossibile ruolo genitoriale, l’autore dedica ampio spazio a quello che considera il fedele alleato nell’educazione dei figli: l’attività ludica. “Il gioco è indubbiamente la ‘strada maestra’ per arrivare al mondo interiore del bambino, al suo mondo conscio e inconscio. Se vogliamo comprendere il mondo interiore di nostro figlio e aiutarlo a gestirlo, dobbiamo imparare a percorrere questa strada” (p. 211). Bettelheim analizza i vari tipi di gioco, le funzioni che hanno sulla vita interiore del bambino e in rapporto al genitore, consigliando modi e tempi di intervento nell’attività ludica filiale.

L’aspetto innovativo di queste pagine si trova nelle risposte che l’autore offre ai maggiori interrogativi della pratica educativa, infatti non sono mai univoche, ma prendono in causa sia il sentire dei genitori sia dei bambini, dà voce al loro inconscio, ai “non-detti” e, infine, mostra come poter risolvere situazioni che sembrano sul momento catastrofiche. Soltanto un genitore che conosce bene se stesso, che ha analizzato il proprio passato, le proprie aspirazioni potrà farsi vicino al figlio, saprà rispondere adeguatamente ai suoi bisogni e farà prevalere l’autocontrollo rispetto all’istinto del momento. La base per essere un genitore “quasi perfetto” è appunto la conoscenza di se stessi. L’empatia, la cura, la conoscenza degli stati mentali del figlio, la sicurezza di sé sono le uniche ricette a cui il genitore dovrebbe affidarsi. I genitori sono il modello dei figli, soprattutto durante il periodo infantile, è tramite la loro esemplarità che possono veicolare i principi e i valori fondamentali a cui ancorare la loro educazione.

L’ottica in cui incentrare l’educazione parentale è quella generativa, in ogni ambito o contesto: nell’amore, nel rispetto, nella cura, nella comunicazione. Anche nei momenti più difficili della crescita il genitore deve avere fiducia in se stesso e in quello che ha insegnato, soprattutto durante le tipiche crisi adolescenziali e nei vari stadi di crescita. “Perché il bambino abbia un sano sviluppo, i suoi genitori devono, a qualunque età, ‘raccogliere i cocci’ il significato e il contenuto specifico di questo gesto varieranno a seconda dell’età e della relativa maturità del bambino, nonché dello stato delle sue relazioni con i genitori” (p. 199).

Ciò che Bettelheim ha scritto è un atto d’amore per i bambini, affinché i genitori possano creare un ambiente di crescita sano e caldo in cui il figlio possa imparare a Vivere. L’essenza del padre e della madre dovrebbe essere proprio questa: divenire la guida per il proprio figlio, una guida attenta e partecipe alla sua formazione irregolare, imperfetta, senza mai dimenticare che: “la famiglia felice non è quella in cui non succede mai nulla di brutto; è quella in cui, quando qualcosa di brutto succede, colui che ne è causa o che ne soffre non viene colpevolizzato, ma anzi sostenuto nella sua disgrazia” (p. 400).

 

 

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