Ayahuasca: il vino dell’anima

 In Sotto il Segno del Culto, N. 2 - giugno 2015, Anno 6

Negli ultimi anni, il consumo di sostanze a scopo ricreativo è diventato sempre più frequente e diversificato. Risulta, infatti, aumentata la disponibilità di sostanze legali e non legali che riescono a dribblare la legislazione vigente (Babu et al., 2005; Fattore and Fratta, 2011; Schifano et al., 2006; Brierley and Davidson, 2012). Tutto ciò è favorito dal crescente utilizzo del web come strumento di compravendita, diffusione e condivisione di informazioni ed esperienze in merito alle sostanze psicoattive (Erowid, Bluelight).

Una tra le più note di queste sostanze è l’Ayahuasca, una bevanda enteogena[1] consumata tradizionalmente dagli indigeni dell’Amazonia fin dalla preistoria (Grob et al., 1996) e utilizzata anche attualmente dagli sciamani di numerose comunità indigene brasiliane nel corso di sessioni terapeutiche individuali o di gruppo. Tale bevanda origina principalmente dal decotto della liana (corteccia e stelo – Figura 1) di Banisteriopsis caapi (Spruce ex Griseb.), identificata e classificata botanicamente nel 1852 grazie all’esploratore inglese Richard Spruce (Alì, 2014), con una mescolanza di foglie di altre piante autoctone. Quelle più comunemente impiegate sono le foglie di Psychotria viridis (shrub.) della famiglia delle Rubiaceae.

Figura 1. Preparazione del decotto di Ayahuasca.

Figura 1. Preparazione del decotto di Ayahuasca.

L’Ayahuasca sta diventando negli ultimi decenni sempre più celebre grazie alla globalizzazione del suo consumo, attraverso lo sviluppo e la diffusione di alcune religioni sincretiche brasiliane quali l’Uniao do Vegetal (UDV) ed il Santo Daime che ne prevedono l’utilizzo durante i loro riti. Inoltre, un particolare eco mediatico è innescato dalla pseudo-legalità di questi culti, dal momento che provocano, nei vari stati dove sono svolti, il continuo dibattito tra “libertà religiosa” e l’utilizzo legale di sostanze stupefacenti e psicotrope proibite per legge (Tupper, 2008). Un altro fattore che ne favorisce la diffusione è la crescente moda del cosiddetto “narco-turismo”, fenomeno caratterizzato dalla ricerca da parte di turisti europei e americani di illuminazioni mistiche ed “avventure psicotrope” nei villaggi indigeni dell’America latina. In ultima analisi, ma non per ordine di importanza, la diffusione dell’utilizzo dell’Ayahuasca è promosso dalla possibilità di impiegare altri prodotti naturali (Anahuasca) e di sintesi (Pharmahuasca) più facilmente reperibili e disponibili, che riproducono la sintomatologia del decotto originale di Banisteriopsis caapi e Psychotria viridis.

Nonostante numerosi studi in letteratura non attribuiscano al consumo di Ayahuasca una chiara tossicità, né dopo assunzione acuta e cronica (Callaway et al., 1999; McKenna, 2004), diverse intossicazioni e casi di decesso sia in Europa che in Italia sono tuttavia state registrate dopo il consumo di suoi analoghi (Sklerov et al., 2005; Frison et al., 2008).

L’Ayahuasca

Ayahuasca in lingua Quechua (la lingua delle popolazioni abitanti nella zona delle Ande centrali che occupa diversi stati sudamericani come Perù, Bolivia, ed Equador) viene tradotto come Aya, ovvero, anima, spirito, antenato o persona defunta e huasca, liana, corda. Significa perciò “liana dei morti”. Nota come yagé, caapi, natem, è il più importante allucinogeno della foresta amazzonica.

Figura 2. Banisteriopsis caapi Spruce ex Griseb.

Figura 2. Banisteriopsis caapi Spruce ex Griseb.

Con il termine Ayahuasca si riferisce sia alla liana (Banisteriopsis caapi Spruce ex Griseb. – Figura 2) appartenente alla famiglia delle Malpighiaceae caratteristica della parte occidentale dell’Amazzonia, sia al decotto di quest’ultima unito ad altre piante autoctone. Tra queste, la più comunemente impiegata, per preparare questa bevanda, è la Psychotria viridis Shrub. (Figura 3) in foglie (Tupper, 2008). Il notevole effetto psicotropo scaturisce proprio dalla copresenza nel decotto acquoso degli alcaloidi β-carbolinici presenti in B. caapi e le triptamine presenti in P. viridis (Freedland and Mansbach, 1999; McKenna, et al., 1984; McKenna, 2004).

Figura 3. Psychotria viridis Shrub

Figura 3. Psychotria viridis Shrub

L’Ayahuasca svolge un ruolo fondamentale sia nella vita spirituale che nelle pratiche “etno-mediche” delle popolazioni che la impiegano ed è considerata perciò sia un sacramento che una medicina.

Utilizzo rituale dell’Ayahuasca

L’uso dell’Ayahuasca è legato tradizionalmente alle pratiche sciamaniche; lo yagé infatti viene bevuto ancora oggi allo scopo di raggiungere il mondo sovrannaturale ed entrare in contatto con gli spiriti della foresta per curare le vittime di malefici. Presso molte popolazioni amazzoniche le esperienze visionarie ottenute sotto l’effetto dello yagé hanno una primaria importanza nell’interpretazione della realtà e degli accadimenti della vita (Samorini, 1995).

Il suo impiego per scopi religiosi è comprovato da documentazione archeologica che ne attesterebbe l’uso fino 5000 anni fa. Infatti, il cospicuo numero di preparazioni a base di Ayahuasca riscontrate nelle diverse farmacopee delle popolazioni indigene delle regioni amazzoniche e la molteplicità di nomi attribuiti a B. caapi, come: yag´e, caapi, natem, oni, nishi, indicano con chiarezza il diffuso uso storico di tale bevanda anche ben prima dell’arrivo dei coloni (Luna, 1984).

Recentemente a seguito delle rapide trasformazioni sociali ed economiche che hanno messo in contatto le popolazioni amazzoniche con il mondo esterno, la pratica sciamanica è stata trasferita nei centri urbani ed è sorta una nuova figura, quella del curandero meticcio (vegetalista). Le sue conoscenze sono attribuite allo spirito di certe piante della foresta, definite proprio per questo compito “maestre”, e tra le quali, quella più nota ed utilizzata è proprio l’Ayahuasca (Prascina, 1997), che permette di ottenere la trance, indispensabile per l’esercizio pratico del curandero e/o guaritori indigeni o non indigeni per diagnosticare e guarire i malati (Dobkin de Rios, 1996; Luna, 1984). Questi guaritori esperti, conosciuti come ayahuascero, per poter diventare tali e poter quindi amministrare tale bevanda, trascorrono numerosi anni di rigorosa preparazione e allenamento caratterizzato da prolungati periodi di isolamento nella foresta, astinenza sessuale e una rigorosa dieta alimentare (Tupper, 2009).

Tuttavia, l’eredità del colonialismo in sud America ha irrimediabilmente impattato con la cultura indigena nella quale l’Ayahuasca gioca un ruolo fondamentale, condannandone l’uso definito diabolico. Nonostante ciò ad oggi continua l’uso ritualistico di tale sostanza soprattutto tra le popolazioni indigene dell’amazzonia sia pure con diversi gradi di sincretismo cristiano, attraverso l’influenza, passata e presente, dei missionari che sono arrivati in questa regione (Luna, 1984).

In seguito al continuo utilizzo di Ayahuasca tra gli indigeni del Sud America e all’inevitabile mix culturale tra quest’ultimi ed i coloni, circa a metà del secolo scorso, si sono sviluppate nuove pratiche di utilizzo dell’Ayahuasca che continuano tuttora ad evolversi.

Infatti, il Brasile è una delle regioni del sud America dove si è assistita la creazione di vari movimenti sincretici religiosi che impiegano l’Ayahuasca all’interno di rituali che combinano elementi della tradizione indigena con elementi di spiritualismo africano e liturgia cristiana.

Tra i vari gruppi il principale e più conosciuto è quello del Santo Daime, fondato nel 1939 da Raimundo Irineu Serra, che costituisce il movimento più vecchio e più diffuso tra i sincretismi religiosi che utilizzano Ayahuasca. Le sue origini risalgono al 1920, quando il fondatore, un raccoglitore di gomma brasiliano, Raimundo Irineu Serra o Mestre Irineu, conobbe questa bevanda attraverso gli indigeni della remota foresta brasiliana di Acre. Il culto del Santo Daime rimase quindi nascosto e geograficamente isolato fino alla morte di Mestre Irineu nel 1971 quando tale movimento si divise in numerose fazioni. Una di queste, nota con il nome di The Eclectic Center of the Universal Flowing Light (CEFLURIS), è stata determinante nel processo di espansione culturale e geografico del Santo Daime. Dal 1970, infatti, il CEFLURIS attrae il ceto medio brasiliano e numerosi turisti attraverso i suoi rituali, facilitando in questo modo la conoscenza ed il culto del Santo Daime anche al di fuori dello stato brasiliano.

Altri due importanti movimenti sincretici sono l’Unĩao do Vegetal (UDV), fondata nel 1961 da Josè Gabriel da Costa e il Barquinha, un gruppo scisso dal Santo Daime nel 1945. Questi movimenti moderni hanno inserito l’uso dell’Ayahuasca in un forte contesto rituale, alla stregua delle pratiche tradizionali indigene. In particolare la Barquinha, fondata nel 1945 a Rio Branco in Brasile, combina elementi della religione afro-brasiliana Umbanda e del Santo Daime. La Barquinha ha più rituali rispetto al Santo Daime e UDV, e sembra che utilizzino un decotto di Ayahusca più concentrato rispetto a quello impiegato nel Santo Daime. In alcune sessioni che si basano sui rituali Umbanda, membri Barquinha, spesso vestiti in uniformi da marinai, entrano in trance e sono posseduti dagli spiriti.

Verso la fine del ventesimo secolo, il Santo Daime e l’Unĩao do Vegetal oltrepassarono i confini brasiliani e iniziarono ad essere istituite le prime chiese di tali movimenti, anche in Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Olanda, Spagna e U.S.A..

In Brasile, dopo un periodo di vicissitudini legali, che misero in discussione lo status dell’Ayahuasca, nel 1971 il governo stabilì che i benefici dati dal consumo “ritualistico” superavano gli eventuali rischi per la salute e riconobbe così il diritto all’uso sacramentale di questa bevanda nel culto del Santo Daime e del UDV. Secondo gli abitanti di queste regioni infatti, sarebbe riduttivo definire l’Ayahuasca come una mera sostanza stupefacente e psicotropa poiché costituisce parte integrante della loro cultura, rappresentando non solo una “pianta maestra” ma anche una medicina ed un sacramento.

L’espansione in altri paesi, impreparati ad affrontare la problematica data dall’uso “rituale” di questa sostanza enteogena, ha acceso una diatriba tra i gruppi che sostengono la legittimazione all’uso sacramentale dell’Ayahuasca ed i governi degli stati democratici che cercano di tutelare la libertà religiosa e contemporaneamente la salute pubblica, attuando una corretta legislazione ed un adeguato monitoraggio sugli effetti delle sostanze enteogene potenzialmente d’abuso.

Un importante impulso all’espansione dell’impiego dell’Ayahuasca a scopo rituale e spirituale è stato fornito dalla rete internet e dalla possibilità di ottenere facilmente dei preparati Ayahuasca-like in grado di causare degli effetti enteogeni simili a quelli del decotto originale. Infatti, una rapida ricerca in internet permette di incontrare vari siti dove si possono acquistare non solo estratti secchi di B. caapi e P. viridis ma altri numerosi preparati ed estratti di piante come ad esempio Mimosa hostilis e Peganum harmala (fonti naturali di dimetiltriptamine e alcaloidi dell’Harmala).

Oltre ai principi attivi si possono facilmente trovare informazioni sulla modalità di preparazione della bevanda e sugli effetti acuti da essa provocati.

Attualmente sono stati identificati cinque principali tipologie di contesti rituali/cultuali nei quali viene consumata l’Ayahuasca o suoi analoghi (Anahuasca o Pharmahuasca), al di fuori del suo originale impiego tradizionale (Marti, 2015). La prima tipologia prevede l’utilizzo dei preparati allucinogeni come sacramento in alcuni recenti rituali derivati dal Santo Daime o da altri movimenti sincretici religiosi tradizionali.

La seconda tipologia invece è quella nella quale l’Ayahuasca è consumata dagli “psiconauti” in contesti puramente ricreativi, dopo aver acquistato via internet l’estratto secco della preparazione. La terza tipologia è quella che prevede il consumo durante cerimonie di guarigione per una tipologia di “clienti” non indigeni che vengono eseguite sia nella foresta amazzonica che all’estero e che sono conosciute come “vegetalismo interculturale”.

La quarta è intrapresa da ricercatori di esperienze spirituali associate a nuovi movimenti religiosi che possono ricorrere a forme “rituali ibride”, associando il consumo di Ayahuasca a pratiche spirituali o a forme terapeutiche alternative provenienti da altre culture e tradizioni, tra cui il reiki, il qi gong energy work o il maverick psychotherapists (Tupper, 2009).

La quinta tipologia prevede l’utilizzo di Ayahuasca o di altre preparazioni quali l’Anahuasca e la Pharmahuasca in culti magico/esoterici ed anche distruttivi (gruppi di matrice satanica) che possono sfociare in azioni criminali (Marti, 2013, 2014, 2015).

Farmacologia, effetti e possibile impiego terapeutico

La caratteristica di questa bevanda è rappresentata dal fatto che risulta essere l’unico allucinogeno “naturale” ottenuto dalla combinazione di due piante diverse. Infatti, l’effetto indotto dall’assunzione del decotto di Ayahuasca è il risultato di una sinergia tra i rispettivi principi attivi presenti in B. caapi e P. viridis, risultante da una interazione di tipo farmacocinetica.

La liana di B. caapi contiene gli alcaloidi beta-carbonilici armina, armalina, tetraidroarmina (Figura 4) ed in misura minore armolo, armalolo, shihunina e dihydroshihunina (McKenna et al., 1984).

Figura 4. Struttura chimica della Serotonina e dei principali alcaloidi presenti in Psychotria viridis (Dimetiltriptamina -DMT-) e in Banisteriopsis caapi (Armina, Armalina, Tetraidroarmina –THH-). Immagine tratta da Callaway et al., 1999.

Figura 4. Struttura chimica della Serotonina e dei principali alcaloidi presenti in Psychotria viridis (Dimetiltriptamina -DMT-) e in Banisteriopsis caapi (Armina, Armalina, Tetraidroarmina –THH-). Immagine tratta da Callaway et al., 1999.

Queste sostanze, oltre ad inibire reversibilmente l’uptake delle catecolammine e della serotonina a livello sinaptico e ad avere una moderata affinità per i recettori serotoninergici 5-HT2AC ed imidazolinici I2, agiscono prevalentemente come inibitori selettivi e competitivi (reversibili) delle monoamminossidasi, con un’alta affinità per l’isoforma A (MAO A) ed una bassa affinità per l’isoforma B (MAO B). Entrambe queste isoforme sono in grado di degradare la serotonina ed altre triptamine tra cui anche la N,N-dimetiltriptamina (DMT – Figura 4; principio attivo presente in P. viridis; McKenna et al., 1984; McKenna, 2004).

Per quanto riguarda invece le foglie di P. viridis, come già riportato, queste contengono la DMT, l’alcaloide primario responsabile dell’effetto psicoattivo-allucinogeno dell’Ayahuasca. La DMT che è un derivato della triptamina, è presente non solo in numerose specie di piante, ma anche a livello endogeno nel cervello umano (Fantegrossi et al., 2008; Frecska et al., 2013). Da un punto di vista farmacodinamico la DMT risulta particolarmente affine al recettore serotoninergico 5-HT1A e moderatamente affine per i sottotipi 5HT 2A e 2C (Fantegrossi et al., 2008) ed inoltre è stato recentemente dimostrato essere un ligando endogeno del recettore sigma-1 (Brierley and Davidson, 2012). La DMT risulta essere inattiva se assunta per via orale, poiché subisce un importante “effetto di primo passaggio” attraverso la metabolizzazione soprattutto da parte delle monoamminossidasi di tipo A (MAO-A) presenti nel tratto gastrointestinale (Brierley and Davidson, 2012). Tuttavia, se assunta in co-somministrazione ad un inibitore delle MAO, soprattutto affine all’isoforma A (come ad esempio, gli alcaloidi β-carbonilici presenti in B. caapi), il passaggio nel torrente sanguigno diviene facilitato, esplicando così i tipici effetti allucinogeni associati appunto alla stimolazione dei recettori della serotonina 5-HT (Rolland et al., 2014).

Proprio questa interazione con i recettori serotoninergici e sigma-1 potrebbe essere alla base del potente effetto psicoattivo/allucinogeno dell’Ayahuasca e di tutti i suoi analoghi di origine naturale e sintetica.

Infatti, a partire dagli anni ’90 in America e in Europa si sono diffuse pratiche di preparazione e di uso dei cosiddetti “analoghi dell’Ayahuasca” (Anahuasca e Pharmahuasca), bevande psicoattive ottenute mediante l’impiego di coppie di piante o molecole di sintesi (farmaci) contenenti gli stessi principi attivi presenti nella coppia di piante dell’Amazzonia (DMT ed alcaloidi β-carbonilici che inibiscono le MAO A e B) usata per preparare l’Ayahuasca tradizionale.

Nella preparazione dell’Ayahuasca si possono trovare come fonti naturali di alcaloidi β-carbonilici la Peganum harmala L. (Ruta siriana), il Tribulus terrestris L. e l’Hypericum perforatum L., mentre come fonti principali di DMT la Mimosa hostilis, o Mimosa tenuiflora, ed altre piante della specie Acacia e Virola (Tabella 1, Brierley and Davidson, 2012; DeKorne, 1996; Becker, 1994; erowid.com).

Occasionalmente, in aggiunta al decotto di Ayahuasca (B. caapi e P. viridis), vengono aggiunte anche Solanaceae (Nicotiana sp., Brugmansia sp. e Brunfelsia sp.) ricche di nicotina, scopolamina ed atropina, principi attivi noti per il loro effetti farmacologici sia sul sistema nervoso centrale che periferico (McKenna, 2004). In particolare, la presenza delle solanacee con il loro contenuto in alcaloidi anticolinergici (scopolamina, atropina) facilita la comparsa di stati dispercettivi e di allucinazioni.

Diversamente dall’Anahuasca, nell’ultimo decennio, soprattutto grazie alla notevole mole di informazioni facilmente reperibili on-line tra forum e letteratura scientifica, si è riscontrata la presenza di preparati contenenti sia inibitori sintetici delle MAO (IMAO) che triptamine sintetiche, denominati pharmahuasca e dotati di un’azione potenzialmente molto più marcata di quella evocata dalla preparazione tradizionale.

Come si può notare dalla tabella 1, i composti sintetici maggiormente riscontrati e non a caso responsabili di intossicazioni (Frison et al., 2008) ed addirittura di un caso di decesso (Sklerov et al., 2005), sono armina, armalina e tetraidroarmina cloridrate (sintetizzate in laboratorio), moclobemide (commercializzato in Italia come antidepressivo con il nome di Aurorix®), N,N-DMT (dimetitriptamina), 5-MeO-DMT (5-metossi-dimetiltriptamina, nota anche come “5-MEO”) e 5-MeO-DiPT (5-metossi-diisopropiltriptamina). In particolare, il Sistema Nazionale di Allerta Precoce[2] ha registrato nel 2013, alcune segnalazioni di sequestro di triptamine sintetiche sul territorio italiano, quali la 5-MeO-DALT, la 5-MeOMiPT, la 4-AcO-DMT, la DET.

Da un punto di vista clinico i tipici effetti evocati dall’Ayahuasca (Anahuasca e Pharmahuasca) sono qualitativamente simili a quelli evocati da altre sostanze della stessa classe farmacologica come LSD e Psilocibina. Tali effetti generalmente iniziano 30-40 minuti dopo l’ingestione, con un picco massimo dopo circa due ore e una durata massima di sei. Sono riportati: incremento della frequenza cardiaca, aumento della pressione sanguigna e midriasi, probabilmente causati da una stimolazione del sistema adrenergico da parte della DMT.

Gli “Users[3]” riportano alterazioni visive ed acustiche riconducibili ad una sinestesia[4], una forte introspezione psicologica e profonde e rapide alterazioni di stati emozionali (depressione, esaltazione, serenità, panico, apatia, alterazioni della memoria e dei pensieri, depersonalizzazione e suggestionabilità). La bevanda non risulta piacevole al gusto a causa del suo sapore amaro, inoltre tra gli assuntori, emergono con frequenza sintomi gastrointestinali come nausea e vomito (Tupper, 2008).

Episodi psichedelici intensi con alterazioni della percezione (sia della propria identità che della realtà circostante), allucinazioni (gli indios sostengono che l’Ayahuasca sia una porta che si apre per permettere al corpo di ricevere l’arrivo di spiriti che producono visioni, in particolare legate alla giungla e agli spiriti degli animali. – Figura 5) e dello stato di allerta e di vigilanza.

Figura 5. Immagine tratta da www.stephanieylin.com

Figura 5. Immagine tratta da www.stephanieylin.com

Tuttavia, così come per altri allucinogeni, le visioni provocate dall’Ayahuasca dipendono in parte dal proprio stato emotivo (Smart Drugs, 2008). Vengono infatti descritte e distinte da Gerardo Reichel-Dolmatoff (1912-1994), un antropologo famoso per il suoi lavori sulle culture dell’Amazzonia, in due diverse categorie: “La prima, con base neurofisiologica, consiste in sensazioni luminose che si manifestano come lampi nel campo visivo, anche se ci si trova nell’oscurità più assoluta. Generalmente si tratta di linee e punti, stelle e circoli, vale a dire motivi geometrici e non figurativi che tecnicamente si definiscono fosfeni. Dato che tutti noi, esseri umani, possediamo la stessa struttura cerebrale, di conseguenza proviamo tutti le stesse sensazioni luminose, indipendenti dall’illuminazione esterna. Tali fenomeni sono comuni sotto gli stimoli di una droga allucinogena. […] La seconda categoria di visioni allucinatorie ha una base culturale e non biologica, dato che consiste in immagini figurative che la persona proietta a partire dalle esperienze che ha accumulato, su di uno sfondo di colori e movimenti causati dalla droga” (Alì, 2014).

È interessante notare come gli effetti psicoattivi siano cronologicamente coincidenti ai livelli di alcaloidi riscontrati nel plasma; in particolare il picco massimo di DMT nel plasma è associato ad una visione ad occhi chiusi di immagini complesse e colorate, processi mentali complessi e uno stato generale di aumentata coscienza (Callaway et al., 1999).

Nel complesso, quindi, dalle attuali evidenze scientifiche, risultano rari effetti psicotici correlati all’uso cronico di Ayahuasca (dos Santos, 2013), mentre per quanto riguarda gli effetti acuti è doveroso fare una distinzione. Nonostante, infatti, non si siano riscontrate reazioni avverse gravi dopo l’utilizzo acuto di Ayahuasca, è da sottolineare che l’interazione con l’assunzione concomitante di farmaci antidepressivi e/o cibi ricchi di tiramina[5], potrebbe causare la comparsa della sindrome serotoninergica[6] ed un conseguente aumento della pressione arteriosa (dos Santos, 2013).

Tuttavia, per quanto riguarda gli effetti relativi all’assunzione di Ayahuasca in un contesto ritualistico tradizionale, non sono stati evidenziati effetti farmaco-tossicologici avversi degni di nota clinica. Diversamente, per quanto riguarda gli effetti derivanti dall’assunzione degli analoghi dell’Ayahuasca (Anahuasca) o di suoi derivati sintetici (Pharmahusca) all’interno di un contesto ricreativo estraneo ad un contesto ritualistico-religioso tradizionale, sono stati rilevati casi di intossicazione ed un decesso (Tupper, 2008; Frison et al., 2008; Sklerov et al., 2005).

Questa differente risposta tossicologica si ritiene possa essere dovuta alla diversa struttura chimica dei principi attivi presenti nelle preparazioni (Ayahuasca vs. Anahuasca/Pharmahuasca) ed alla loro differente metabolizzazione.

Infatti, sia la N,N-DMT (presente nell’Ayahuasca) che la 5-MeO-DMT (frequentemente presente invece nell’Anahuasca e nella Pharmahusca) sono metabolizzate dalle IMAO (come descritto precedentemente).

Struttura chimica della N,N-DMT (dimetitriptamina)

Struttura chimica della N,N-DMT (dimetitriptamina)

Tuttavia solo nel caso della 5-MeO-DMT, la riduzione della deaminazione data dalle IMAO, può aumentare, l’O-demetilazione del CYP2D6 che determina la formazione di un metabolita (la bufotenina) dieci volte più affine ai recettori 5-HT2A, rispetto al suo precursore e quindi dotato di maggiore potenza. Proprio questa sostanza potrebbe essere alla base della maggiore tossicità riscontrata negli analoghi o derivati sintetici dell’Ayahuasca (Jiang et al., 2013).

Struttura chimica della 5-MeO-DMT (5-metossi-dimetiltriptamina, nota anche come “5-MEO”)

Struttura chimica della 5-MeO-DMT (5-metossi-dimetiltriptamina, nota anche come “5-MEO”)

Aspetti legali

L’Ayahuasca come bevanda, impiegata come sacramento in diversi culti sincretici (União do Vegetal, il Santo Daime e la Barquinia) e le piante in essa contenute non sono internazionalmente proibite dalla convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971. Tuttavia, la presenza di principi attivi come la DMT all’interno delle piante che costituiscono l’Ayahuasca (ad esempio la P. Viridis) pone un problema legislativo dal momento che proprio la DMT è inserita non solo nella lista delle sostanze stupefacenti e psicotrope in Italia (DPR 309/90) ma anche nell’elenco delle sostanze poste sotto il controllo dell’International Narcotics Control Board (McKenna, 2004).

La presenza della DMT nei preparati di Ayahuasca rappresenta quindi il fulcro del dibattito religioso-legale riguardante la necessità di legalizzare in diversi culti religiosi la presenza di una sostanza tabellata e dunque illegale (McKenna, 2004). La legalità del consumo di Ayahuasca in relazione a cerimoniali religiosi è stata a lungo dibattuta in Brasile e, dalla seconda metà degli anni ottanta, è stata legalizzata entro contesti rituali e senza fini di lucro.

Tra il 2006 e il 2009 alcune corti degli Stati Uniti hanno deliberato a favore del solo uso religioso di Ayahuasca negli adepti delle chiese União do Vegetal (UDV) e Santo Daime.

Come risultato però dell’espansione in altri paesi, impreparati ad affrontare la problematica data dall’uso “non indigeno” di questa sostanza enteogena, il Santo Daime e i suoi aderenti, hanno intrapreso numerose azioni legali in diversi paesi inclusi Olanda, U.S.A., Spagna e Italia. In Europa sono stati emessi diversi provvedimenti giudiziari nei confronti degli adepti del Santo Daime. In Olanda così come in U.S.A., la legislazione ha tutelato la libertà religiosa, legalizzando l’uso sacramentale di Ayahuasca al contrario del Canada, dove la provincia del Quebec ha applicato una deroga alla legge vigente sulle sostanze d’abuso per cercare di evitare una costosa battaglia legale (Tupper, 2008).

Per quanto riguarda il territorio olandese, nell’ottobre 1999 sono stati arrestati due dirigenti della chiesa del Santo Daime che però sono stati assolti dal Tribunale di Amsterdam nel maggio 2000. Un evento analogo si è registrato in Francia, dove nel novembre 1999, sono stati arrestati dirigenti delle Chiese del Daime: anche in questo caso la Corte d’Appello di Parigi, con sentenza del 13 gennaio 2005, ha prosciolto gli imputati emettendo un giudizio che di fatto legalizza in Francia l’uso rituale dell’Ayahuasca. Tuttavia dal maggio 2005 la Francia ha aggiunto la Banisteriopsis caapi e la Psychotria viridis nella lista delle sostanze psicoattive sottoposte a controllo.

Tabella 1. Composti botanici e sintetici riscontrati in diversi analoghi dell’Ayahuasca (Anahuasca e Pharmahuasca). Tabella tratta da Brierley and Davidson, 2012.

Tabella 1. Composti botanici e sintetici riscontrati in diversi analoghi dell’Ayahuasca (Anahuasca e Pharmahuasca). Tabella tratta da Brierley and Davidson, 2012.

In Italia la DMT è inserita in Tabella I della lista di sostanze stupefacenti e psicotrope del DPR 309/90, ma né la Psychotria viridis come pianta in toto, né parti di essa, sono inserite in tale tabella. In Italia, inoltre, tra il 2004 ed il 2005 nella provincia di Perugia (Umbria) si è avuta notizia di una serie di sequestri di preparazioni di Ayahuasca (Smart Drugs, 2008).

Conclusioni

Ad oggi l’impiego di Ayahuasca, in aggiunta al suo utilizzo in contesti religiosi riconosciuti, è studiato in campo scientifico al fine di individuare e/o dimostrare la sua potenziale efficacia terapeutica nel trattamento della sintomatologia dell’astinenza, della dipendenza da sostanze d’abuso e nel trattamento dell’ansia e della depressione (McKenna D.J., 2004; Brierley and Davidson, 2012). Tuttavia, il consumo e l’utilizzo improprio di Ayahuasca all’interno di un culto spiritualistico e/o magico/esoterico può diventare estremamente pericoloso (Marti 2012, 2013). Inoltre, l’assunzione di analoghi naturali (Anahuasca) o sintetici (Pharmahuasca) dell’Ayahuasca ha provocato diverse intossicazioni acute gravi fino ad un caso accertato di decesso (Frison G. et al., 2008; Sklerov J. et al., 2005) che ha imposto l’inclusione dell’Ayahuasca e dei suoi derivati tra le Nuove Sostanze Psicoattive (New Drugs, 2013).

 

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See more at: http://samorini.it/site/documentazione/bibliografia-italiana/allucinogeni-ayahuasca/#sthash.zZtVjOxH.dpuf.ADDIN EN.REFLISTXBabu

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[1] “Enteogena” è un neologismo derivato dal greco antico e formato da ἔνθεος (entheos) e γενέσθαι (genesthai), che letteralmente significa “che ha Dio al suo interno”, più liberamente tradotto “divinamente ispirato”. Il termine è stato coniato nel 1979 da un gruppo di etnobotanici e studiosi di mitologia e religioni (Carl AP Ruck , Jeremy Bigwood , Danny Staples , Richard Evans Schultes, Jonathan Ott e R. Gordon Wasson). Denota una categoria di principi attivi e sostanze psicoattive, caratterizzati da un marcato effetto psichedelico o allucinogeno, tradizionalmente usati a scopo spirituale per indurre visioni o esperienze mistiche.

[2] www.allertadroga.it/triptamine.html

[3] “Users” o consumatori, sono persone che in seguito all’utilizzo delle sostanze psicoattive, pubblicano in specifici siti internet o blogs le proprie esperienze, descrivendo in modo accurato modalità di assunzione, effetti e relative tempistiche.

[4] Con il termine “sinestesia” si fa riferimento a quelle situazioni in cui una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi. Esperienze di tipo sinestetico possono essere indotte in maniera artificiale, mediante l’uso di sostanze allucinogene, sostanze stupefacenti come l’LSD, esperienze di deprivazione sensoriale, meditazione, ed in alcuni tipi di malattie che colpiscono la corteccia cerebrale.

[5] La tiramina è una ammina derivata dall’amminoacido tirosina. Presente in numerosi cibi quali: formaggi stagionati, carni lavorate (salumi e insaccati), salsa di soia, vino rosso, pesce, cioccolato, banane e bevande alcoliche. La tiramina è un simpaticomimetico in grado di stimolare il rilascio di noradrenalina dalle vescicole neuronali causando vasocostrizione, con aumento dei battiti cardiaci e della pressione sanguigna. Come tutte le monoammine, è metabolizzata dalle monoamminossidasi e se il suo uso viene associato a farmaci antidepressivi contenenti inibitori delle monoamminossidasi (I-MAO) può dar luogo alla cosiddetta “cheese reaction” ossia una sindrome causata dall’eccessivo accumulo di monoammine caratterizzata da una pericolosa ipertensione acuta.

[6] La sindrome serotoninergica è una sindrome iatrogena, potenzialmente letale, che può verificarsi a seguito del normale uso terapeutico di alcuni farmaci, come conseguenza di interazioni e/o di overdose di alcuni particolari farmaci che aumentano in modo sinergico l’attività della serotonina a livello sinaptico. Tale sindrome, che si manifesta con disturbi comportamentali (stati confusionali, ipomania, agitazione), disfunzione del sistema nervoso autonomo (diarrea, brividi, febbre, sudorazione, alterazioni della pressione arteriosa, nausea, vomito) e alterazioni neuromuscolari (mioclono, iperriflessia, tremore e difficoltà nella coordinazione dei movimenti), può risultare potenzialmente fatale.

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