Il disturbo dello spettro autistico

 In Psico&Patologie, N. 3 - settembre 2013, Anno 4

Valutazione di comorbilità psichiatrica. Sebbene la ricerca riguardante il DSA e comorbilità psichiatrica sia ancora all’inizio, esiste una letteratura sufficiente per supportare l’importanza di valutarla nella persona adulta, per un corretto approccio terapeutico. Infatti il 25% di adulti con autismo ad alto funzionamento soddisfano i criteri internazionali (ICD10) per la diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo. Ugualmente vi sono evidenze che il DSA possa presentare una co-occorrenza con la depressione, i disturbi ansiosi, i tics ed i disturbi dell’alimentazione.

Le scale comunemente utilizzate a livello internazionale per la valutazione delle comorbilità psichiatriche nel DSA, come la Psychiatric Assessment Schedule for Adults with Developmental Disabilities Checklist (PAS-ADD Checklist), la Reiss Screen for Maladaptive Behavior (RSMB), la Diagnostic Assessment for the Severely Handicapped, Second Edition (DASH-II), e la Psychopathology Inventory for Mentally Retarded Adults (PIMRA), sono comunque tutte nate per valutare adulti con DI. Solo recentemente è stata sviluppata da Matson e coll. la Spectrum Disorders-Comorbidity for Adults (ASD-CA), composta da cinque subscale, ottenute con uno studio di analisi fattoriale: Ansia/comportamenti ripetitivi, Problemi della condotta, Irritabilità/eccesso di comportamento, Attenzione/Iperattività/impulsività, Sintomi depressivi. Tale scala è in fase di traduzione e validazione da parte del nostro gruppo di ricerca.

Profilo funzionale. Il profilo funzionale identifica i punti di forza, di debolezza e quelli emergenti, cioè le potenzialità di un individuo, detti anche le “zone prossimali di sviluppo” secondo la definizione di Vygotsky, che vengono utilizzati per la elaborazione di progetti educativi/abilitativi individualizzati. Essenzialmente gli strumenti di valutazione maggiormente utilizzati sono due. La Vineland Adaptive Behavior Scale (VABS), è un’intervista semistrutturata, suddivisa in quattro sottoscale: comunicazione (espressione, ricezione, scrittura), abilità quotidiane (personale, domestico, comunità), socializzazione (relazioni interpersonali, gioco e tempo libero, regole sociali), abilità motorie (grossolane, fini). Con tale strumento si può ottenere una “età di capacità adattative”, indipendentemente dal Quoziente Intellettivo. La VABS non è specifica per l’ASD; tuttavia esiste un “profilo” delle sottoscale abbastanza tipico, per alcuni addirittura patognomonico, con le sottoscale comunicazione, abilità quotidiane e abilità motorie nettamente migliori della socializzazione. Al contrario nella DI il “profilo” appare più omogeneo. La versione italiana è stata curata da Balboni e Pedrabissi.(35). L’altro strumento è l’Adolescent Adult Psycho Educational Profile (AAPEP), che deriva dall’Educational Profile-Revised. L’AAPEP consente di valutare le abilità in sei differenti aree evolutive: abilità professionali, funzionamento autonomo, abilità di tempo libero, comportamento professionale, comunicazione funzionale, comportamento interpersonale. Questa strumento valutativo è costituito da tre sottoscale: la scala di osservazione diretta, la scala familiare, la scala scolastica/lavorativa. La codifica delle risposte è data da tre livelli di risposte: superato (per le abilità raggiunte), non superato (abilità non ancora acquisite), emergente (abilità da potenziare).

Sviluppo emotivo. L’importanza dello sviluppo emotivo viene riconosciuta sia nel bambino che nell’adolescente Anche nell’adulto è molto importante, specialmente per la definizione dei percorsi educativi e terapeutici. Nonostante ciò, sia nel campo dell’ASD, che in quello della DI, non sono stati elaborati specifici strumenti di valutazione (se si eccettua l’osservazione del soggetto). Recentemente Dosen ha elaborato una strumento denominato Scheme of Appraisal of Emotional Development (SAED), che può essere applicato sia a bambini che ad adulti. Tale strumento permette di evidenziare cinque differenti fasi di sviluppo emozionale, esplorando differenti aree:

  • rapporto della persona con il proprio corpo;
  • interazione con il caregiver;
  • interazione con i pari;
  • manipolazione di oggetti materiali;
  • differenziazione affettiva;
  • comunicazione verbale;
  • ansia;
  • permanenza dell’oggetto;
  • esperienza del Sé;
  • regolazione dell’aggressività.

Per ogni fase di sviluppo è possibile sia stabilire i bisogni emotivi del soggetto che si trova in quella fase, sia i possibili comportamenti “disadattativi” che possono comparire se tali bisogni non sono correttamente soddisfatti. La SAED è stata tradotta e validata in italiano (39) ed è interessante sottolineare come, in soggetti con DI e/o ASD, senza problematiche psichiatriche/comportamentali, essa sia fortemente correlata a livello statistico con la sopracitata VABS.

Valutazione sindromi genetiche. La valutazione del DSA nel paziente adulto con sindrome genetica, rappresenta un campo piuttosto recente e di non facile approccio. Tra le varie sindromi genetiche, meritano particolare attenzione:

ü  Sindrome X Fragile (FXS). È riportata una prevalenza molto varia di comorbilità con DSA, da 0 a 60%. Sembra che la gravità della DI incrementi il rischio di DSA. Analisi più raffinate hanno però identificato specifiche aree del comportamento, che sebbene appaiano inizialmente DSA-correlate, sembrano essere qualitativamente differenti da quelle dell’autismo idiopatico. Individui con FXS mostrano maggiormente ansia sociale, estrema timidezza ed esitamento dello sguardo, con una eccessiva sensibilità all’emozione e all’interazione, rispetto ai pazienti con DSA idiopatico. Recenti ricerche suggeriscono che nella FXS vi sia un deficit prevalentemente nell’interazione sociale. Inoltre la traiettoria dello sviluppo del DSA nella FXS è differente da quella dell’autismo idiopatico: i comportamenti di esitamento sociale si incrementano nel tempo, specialmente nei maschi. Gli studi sulle caratteristiche DSA in FXS forniscono un buon esempio del perché sia necessaria una dettagliata valutazione ed identificazione delle caratteristiche DSA-correlate per evitare conclusioni erronee riguardo l’associazione tra autismo sindromi genetiche.

  • Sindrome di Rett (RS). In tale sindrome tutte le bambine hanno un comportamento di “ritiro sociale” durante la fase di regressione. Successivamente gran parte di loro perde questi aspetti del comportamento, ma non sviluppa un linguaggio, restando alaliche con l’eccezione della variante a linguaggio conservato, nella quale, peraltro, spesso si osserva un comportamento autistico.
  • Sclerosi Tuberosa (ST). Viene riportata una associazione con DSA tra il 24% e il 60%. Sebbene ricerche suggeriscano una stretta associazione tra ASD e ST a livello diagnostico, vi sono pochi studi che considerano la precisa natura della fenomenologia DSA in questa condizione. Non è chiaro quanto il grado di DI contribuisca all’associazione tra DSAD e ST, ma recenti studi indicano che in questa sindrome la prevalenza di ASD aumenta con l’aumentare della gravità della DI.
  • Sindrome di Down(DS). Recenti ricerche indicano che la comorbilità con ASD può essere più comune di quanto precedentemente si credeva, variando tra il 5% e il 39%. Difficoltà nella cognizione sociale, specialmente nelle aree correlate con la Teoria della mente (ToM) e la percezione emozionale, sembrano caratteristiche dei pazienti con DS. Una ridotta capacità di interazione sociale è riportata nei familiari di soggetti con DS e ASD in confronto a quelli di soggetti con DS senza ASD. Tuttavia rimane non chiaro quanto l’incremento della DI possa spiegare l’incremento della sintomatologia ASD in questo sottogruppo. Saranno necessarie ulteriori ricerche per investigare la fenomenologia del DSA nella SD, per chiarire se questi aspetti autistici sono solo superficialmente simili all’autismo idiopatico o se sono associati a differenti eziologie sottostanti.
  • Fenilchetonuria (PKU). La prevalenza dell’ASD nella PKU può essere più alta del 20%. Viene riportata una sostanziale sovrapposizione nel profilo cognitivo tra individui con autismo e soggetti con grave sintomatologia della sindrome PKU, comparati per età e Quoziente Intellettivo. Questo suggerirebbe che la presenza di caratteristiche DSA, possano rappresentare uno stato finale di differenti vie patogenetiche.
  • Sindrome di Angelman (AS). Viene riportata una prevalenza di ASD nella AS tra il 50% e l’81%. Esistono significative differenze tra individui con AS con e senza DSA; il primo gruppo presenterebbe una significativa maggiore gravità di DI. Ciò rende probabile che la presenza di ASD nella AS sia associata con la gravità della DI.

Quanto riportato mostra che la diagnosi di ASD e la identificazione di sintomatologia DSA sia particolarmente problematica in individui affetti da sindromi genetiche, nei quali le difficoltà sociali, comunicative e comportamentali sono spesso presenti, particolarmente in quelle sindromi associati a gradi gravi e gravissimi di DI. È quindi importante che la valutazione sia meticolosa a livello classificativo/diagnostico e comportamentale.

 

Disturbo dello spettro autistico e abusi

Numerose sono le situazioni in cui la persona con Disturbo dello Spettro Autistico è oggetto di abusi fisici e psicologici. Per esempio la recente cronaca del 2013 riporta, nel vicentino, il caso di un ragazzo di quindici anni oggetto da parte di una insegnante di sostegno, di una assistente sociale e di una bidella, di ripetute ingiurie e comportamenti violenti. Al ragazzo, se non inghiottiva la saliva (era presente scialorrea, cioè perdita di saliva dalla bocca) e non colorava senza uscire dai bordi gli veniva detto: “Smettila animale, abbassa quella mano e mettiti a colorare. Altrimenti sai quante botte ti prendi”. Sono state poi evidenziati dai Carabinieri, ematomi e lesioni e questi stessi comportamenti sono poi stati videoregistrati.(colpito con vari oggetti, anche con delle forbici). Ciò che deve far riflettere su questa terribile vicenda, sono le giustificazioni, che le stesse imputate hanno addotto: “È proprio un toso che te istega”(«È un ragazzo che ti istiga»); Proprio per contrastare questo fenomeno, purtroppo largamente diffuso, già nel 1997 l’associazione internazionale Autisme Europe aveva approntato un progetto per la redazione di un “Manuale di buone pratiche” nei confronti delle persone con autismo.

Caratteristiche comportamentali delle persone con Disturbo dello Spettro Autistico, sia bambini, che adolescenti, quali i deficit del linguaggio, la tendenza all’isolamento, un’apparente indifferenza agli altri e alle cose, l’intolleranza al cambiamento, comportamenti fortemente oppositivi, possono rendere stressanti i rapporti relazionali del paziente con l’ambiente, creando dei veri e propri circoli viziosi che possono favorire (ma non giustificare) comportamenti abusanti. Gli ambienti in cui più facilmente vengono perpretati comportamenti abusanti, sono le istituzioni e la famiglia. Nelle istituzioni, possono essere presenti vari tipi di violenze, oltre a quelle fisiche e psichiche più grossolane, più “sottili” anche se non meno patogene. Prescrizioni farmacologiche inappropriate, al solo scopo della contenzione del comportamento, trascuratezza dei problemi di salute fisica (fra cui il mal di denti o le coliche addominali che spiegano molti problemi di comportamento); negligenza dell’igiene personale, ignoranza degli interessi della persona e delle specifiche preferenze (per esempio quelle alimentari); attività inesistenti o ripetitive o inadeguate alle difficoltà e alle competenze del paziente, sono tutte forme di comportamenti abusanti Anche nelle relazioni interpersonali, possiamo avere comportamenti abusanti (linguaggio offensivo, minacce di cessazione dell’aiuto fornito, controllo assoluto sull’intimità della persona). Particolare importanza è rivestita dalle problematiche del “bournout” (esaurimento) degli operatori o dei familiari.

Esiste ormai un’ampia letteratura scientifica che dimostra come l’attività di caregivers (accudimento) di persone con autismo, senza un’adeguata preparazione e supporto, determini facilmente uno stato di stress-correlato al lavoro che può favorire la comparsa di comportamenti inadeguati. È già stato detto che la seconda possibilità di evenienza di comportamenti abusanti è nell’ambito familiare. Le famiglie, in generale, sono abbandonate e non ricevono supporti né sociali, né psicologici. Spesso i rapporti tra la famiglia e i servizi sono conflittuali e accrescono l’isolamento della famiglia stessa, che già può avere difficoltà di integrazione nella vita della comunità. Occorre anche tener presente il fattore della incertezza per il futuro, che la famiglia sperimenta costantemente: il problema del “dopo di noi” assume oggi una enorme importanza sociale, sanitario, politica ed economica. Esiste un’altra forma di “abuso” che viene spesso perpetrato ai danni della persona con DSA: quella frode tramite pubblicità di terapie, rimedi “miracolosi”, spesso ammantati di un linguaggio pseudoscientifico e salvifico. È facile immaginare come le famiglie in questo settore siano facilmente vulnerabili e, nell’ottica di rincorrere guarigioni insperate, possano aderire a “trattamenti” sicuramente costosi e talora dannosi. Inoltre questi “progetti terapeutici”, senza nessun riscontro scientifico, inducono le famiglie e i pazienti ad abbandonare le “tradizionali” terapie, considerate negative.

 

Strategie di contrasto

Quali possono essere le strategie di prevenzione dei maltrattamenti verso le persone con Disturbo dello Spettro Autistico? Molte sono le aree che devono essere prese in considerazione.

  • Informazione: la corretta conoscenza del disturbo, delle sue caratteristiche e dei bisogni del paziente è di fondamentale importanza sia per gli operatori, che per i familiari. Ancora oggi molti professionisti non hanno una conoscenza adeguata di questa problematica, o la hanno in modo molto parziale. È importante un’informazione corretta anche per i genitori, sia per evitare lo stigma connesso a questa diagnosi, da un lato, sia per evitare false credenze e aspettative dall’altro.
  • Formazione: direttamente connessa al precedente punto, deve riguardare sia i diversi tipi di operatori (medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali, educatori, ecc.) sia i familiari. Devono essere compresi aspetti terapeutici, educativi ed assistenziali connessi con la problematica del Disturbo dello spettro Autistico. Di particolare importanza è la diffusione del concetto di promozione della Qualità di Vita, fine ultimo di ogni intervento educativo/terapeutico.
  • Valutazione: come già detto, la valutazione della persona con Disturbo dello Spettro Autistico non deve limitarsi alla diagnosi e all’andamento clinico, ma interessare anche lo sviluppo e il benessere emotivo, le funzioni cognitive, adattative e, aspetto principale la qualità di vita.
  • Coinvolgimento nella presa in carico della famiglia: i percorsi terapeutici-educativi-assistenziali per la persona con Disturbo dello Spettro Autistico devono essere ecologici, cioè riguardare tutti gli aspetti della vita. Pertanto il coinvolgimento della famiglia, dove possibile, è della massima importanza. In tal modo si ottimizzano i risultati delle cure e si promuove la qualità di vita, della persona e del nucleo familiare.
  • Pianificazione e coordinamento dei servizi: i servizi, a vari livelli, terapeutico, educativo, di supporto sociale, devono essere pensati e organizzati in base ai bisogni della persona e devono operare in sinergia per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

In conclusione appare evidente che le strategie di prevenzione degli abusi sulle persone con Disturbo dello Spettro Autistico, coincidono con l’ottimizzazione dei servizi e dei percorsi terapeutici assistenziali a loro dedicati. Forse mai come in questo caso, negligenza, assenza di supporti e violenza appaiono il contraltare di una corretta promozione della qualità di vita, che ogni società civile deve assicurare ad ogni cittadino, in particolare a quelli più disagiati.

 

Bibliografia

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