La compassione

 In Editoriale, N. 1 - marzo 2021, Anno 12

«Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desiderio di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena»

Lev N. Tolstoj

 

La parola compassione deriva dal latino compăti e significa «soffrire con», ossia essere sensibili alla sofferenza dell’altro e provare un profondo desiderio di alleviarla (Zucchi, 2015).

Recentemente, Lambiase e Cantelmi (2020) hanno passato in rassegna una serie di definizioni di compassione, evidenziandone la complessità. Secondo quanto riportato dagli autori, una delle prime descrizioni del costrutto di compassione risalirebbe al 330 a.C. ad opera di Aristotele, il quale sosteneva che fosse possibile provarla solo in presenza delle seguenti condizioni: pensare che la sofferenza di un altro non sia banale, ritenere che l’altro meriti la nostra compassione e sentire di avere le stesse possibilità di vivere quella medesima situazione.

Oggi esistono numerose definizioni che spiegano la compassione come stato emotivo, motivazione, valore o virtù (Lambiase & Cantelmi, 2020). In particolare, Strauss e collaboratori (2016) hanno proposto un modello di compassione costituito da cinque fattori: l’individuo deve saper riconoscere la sofferenza, comprenderne l’universalità nell’esperienza umana, provare empatia per l’altro, tollerare i sentimenti spiacevoli suscitati dalla persona sofferente ed essere motivato ad agire per ridurre la sofferenza. Altri autori hanno invece sottolineato come la compassione venga considerata in modo discordante dai ricercatori esperti in materia, venendo riconosciuta come emozione solo dal 20% di questi (Ekman, 2016), e che si possa considerare come una conseguenza dell’attivarsi del sistema motivazionale dell’accudimento che porterebbe a prendersi cura del sofferente (Gilbert, 2017). Esiste poi un terzo filone di ricercatori che considera la compassione come valore o virtù. Questi due costrutti hanno significati diversi; infatti, mentre i valori possono essere considerati come ciò che è importante e significativo per noi e per cui vogliamo impegnarci in questa vita (Harris, 2007), le virtù rappresentano attitudini ferme, stabili e abituali che guidano la condotta secondo la ragione del bene comune (Santovecchi, 2020). D’altra parte, valori e virtù sono accumunati dal fatto di rappresentare per le persone una direzione, una guida, un supporto nel prendere decisioni nel quotidiano o riguardo progetti a lungo termine. A tal riguardo, la citazione di Tolstoj riportata all’inizio dell’editoriale fa riflettere su quanto il costrutto di compassione, anche quando non rappresenta un valore personale, possa comunque guidare una persona a cercare di alleviare le sofferenze di un’altra spinta dal bisogno di appartenenza ad una comunità in cui la compassione è considerata una virtù.

Quando la compassione è rivolta verso se stessi viene definita compassione di sé o auto-compassione. Questo costrutto è stato studiato principalmente dal gruppo di ricerca di Kristin Neff (2003) che ha delineato un modello costituito da tre principali elementi: 1) la bonarietà, intesa come la capacità di confortarsi ed essere accoglienti e affettuosi verso di sé e di non essere giudicanti e autocritici; 2) il senso di umanità, concettualizzato come la capacità di considerare i propri problemi come una condizione condivisa piuttosto che un fallimento del singolo; 3) la mindfulness, ossia la capacità di focalizzarsi sul momento presente promuovendo la consapevolezza e l’accettazione di pensieri ed emozioni dolorosi e contrastando la tendenza ad evitarli.

Dalla letteratura scientifica è emerso che essere compassionevoli verso gli altri o se stessi richiede una serie di abilità (e.g., Gilbert, 2017). Ad esempio, riuscire a focalizzare l’attenzione sulla sofferenza, senza provare ad evitarla (sensibilità) e, di conseguenza, sentirmi connesso a quella sofferenza attraverso le mie emozioni (simpatia) o rispecchiare e rivivere in me le emozioni dell’altro (empatia). Altre abilità riguardano il permettere alle nostre emozioni di manifestarsi dentro di noi senza cercare di inibirle (tolleranza all’angoscia), di criticarle o giudicarle (non giudizio).

A partire dagli anni Novanta, la compassione ha attirato l’attenzione dei professionisti della salute. Numerosi studi hanno messo in evidenza come le relazioni sociali e di accudimento siano strettamente connesse allo stato di salute mentale, influenzando lo sviluppo del cervello, la capacità di regolare lo stress, la gioia e la felicità la depressione e l’ansia e il giudizio che abbiamo di noi (Zucchi, 2015). In particolare, la nostra capacità di regolare le emozioni dipenderebbe anche dalla percezione che abbiamo di noi e degli altri come affettuosi, accudenti, capaci di dare sostegno oppure come condannati, critici e rifiutanti (Gilbert, 2005; Porges, 2001; Wang, 2005).

Queste scoperte hanno trovato terreno fertile in ambito clinico, portando all’inserimento di esercizi pratici di compassione in molti approcci psicoterapeutici, tra cui: l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT; Hayes et al., 2011), la Dialectical Behavior Therapy (DBT; Linehan, 2015), la Religiously Integrated Cognitive Behavioral Therapy (RCBT; Pearce et al., 2015) e, con maggior rilevanza, la Compassion Focused Therapy (CFT; Gilbert, 2009).

 

Bibliografia

Aristotele. (2014). Retorica. Testo greco a fronte. Cannavò, F. (a cura di). Bompiani.

Ekman, P. (2016). What scientists who study emotion agree about. Perspectives on psychological science, 11(1), 31-34.

Gilbert, P. (Ed.). (2005). Compassion: Conceptualisations, research and use in psychotherapy. Routledge.

Gilbert, P. (2009). Introducing compassion-focused therapy. Advances in psychiatric treatment, 15(3), 199-208.

Gilbert, P. (Ed.). (2017). Compassion: Concepts, research and applications. Taylor & Francis.

Harris, R. (2016). La trappola della felicità. Come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere. Edizioni Centro Studi Erickson.

Hayes, S. C., Strosahl, K. D., & Wilson, K. G. (2011). Acceptance and commitment therapy: The process and practice of mindful change. Guilford Press.

Lambiase, E., & Cantelmi, T. (2020). Psicologia della compassione. Accogliere e affrontare le difficoltà della vita. San Paolo.

Linehan, M.M. (2015). DBT® Skills Training: manuale. Raffaello Cortina Editore.

Neff, K. (2003). Self-compassion: An alternative conceptualization of a healthy attitude toward oneself. Self and identity, 2(2), 85-101.

Strauss, C., Taylor, B.L., Gu, J., Kuyken, W., Baer, R., Jones, F., & Cavanagh, K. (2016). What is compassion and how can we measure it? A review of definitions and measures. Clinical psychology review, 47, 15-27.

Pearce, M. J., Koenig, H. G., Robins, C. J., Nelson, B., Shaw, S. F., Cohen, H. J., & King, M. B. (2015). Religiously integrated cognitive behavioral therapy: a new method of treatment for major depression in patients with chronic medical illness. Psychotherapy, 52(1), 56.

Porges, S. W. (2001). The polyvagal theory: phylogenetic substrates of a social nervous system. International journal of psychophysiology, 42(2), 123-146.

Tolstoj, L.N. (2017). Che fare, dunque?. Sigona, F. (trad.). Fazi Editore.

Wang, S. (2005). A conceptual framework for integrating research related to the physiology of compassion and the wisdom of Buddhist teachings. Compassion: Conceptualisations, research and use in psychotherapy, 75-120.

Zucchi, S. (2015). Compassion focused therapy. In: Melli, G. & Sica, C. Fondamenti di psicologia e psicoterapia cognitivo comportamentale. Modelli clinici e tecniche di intervento. Eclipsi.

Sitografia

Santovecchi, P. (2020). Le virtù. Profiling – I profili dell’abuso, 11(4). https://www.onap-profiling.org/le-virtu/

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