Disciplina

 In Editoriale, N. 2 - giugno 2015, Anno 6

«L’impegno è ciò che distingue chi fa da chi sogna»

M. Buonarroti

 

Disciplina, ovvero, Educazione, Insegnamento, Direzione, Guida. Il tutto traducibile, nel concreto, nella regolazione della convivenza sociale attraverso un complesso di norme che garantiscano l’ordine ed il rispetto dei diritti e dei doveri di ogni soggetto che fa parte della comunità. Principi che, in verità, sembrano attualmente desueti e dismessi dai più.

Sembra infatti che oggi la questione della disciplina, o se meglio si crede della sana convivenza, sia diventato un problema non indifferente, e viceversa scontata e ineluttabile sembra essere una incapacità o impossibilità di trovare soluzione ai gesti di scorrettezza relazionale, se non anche teppistici dei ragazzi. Consuetudini consolidate di lassismo, maleducazione e finanche violenza, sembrano adesso le sole vie di approssimarsi agli altri. Ed è così che gli adulti, piuttosto che ammettere la propria assenza, anzi diserzione, dal proprio ruolo educativo, individuano la colpa di tali comportamenti scorretti nella società: additando all’esistenza di un “Reo”, indefinibile e diffuso. Capro espiatorio sicuramente comodo sul quale far ricadere le responsabilità della decadenza dei costumi e la perdita dei valori.

Certamente “educare” non è un compito propriamente facile, poiché richiede tempo, impegno, passione, pazienza (tanta), e spirito di abnegazione. Qualità oggi tutt’altro che scontate. Dall’etimo e-ducĕre, ovvero “condurre, trarre fuori”, il compito dell’adulto educatore, verso le nuove generazioni, è impegnativo, in quanto egli dovrà «aiutare con opportuna disciplina a mettere in atto, a svolgere le buone inclinazioni dell’animo e le potenze della mente, e a combattere le inclinazioni non buone: quello che è “condor fuori” l’uomo dai difetti originali della rozza natura, instillando abiti di moralità e di buona creanza[1]».

È innegabile che ogni azione formatrice, tesa ad una soddisfacente vita aggregativa, necessita del riconoscimento di norme “disciplinali” che, come pietre d’angolo, costituiscano il fondamento della sana convivenza basata sul principio valoriale “del bene comune”. Atteggiamento possibile solo attraverso un contesto di regole concordate e osservate da tutti.

Importante la distinzione dei ruoli. La pattuizione tra adulto che insegna ed educa e giovane che impara ed è educato, in uno scambio che tenga conto del rispetto reciproco. Un’attenzione all’altro, inteso come unica condizione per non ridurre la relazione ad una sterile trasmissione delle conoscenze. In sostanza, si tratta di dotare le nuove generazioni delle abilità emotive e comportamentali necessarie ad affrontare la “palestra” più ardua: la vita. Questa, di solito, non fa sconti. A niente servono sogni e speranze se non si è attrezzati, forgiati per affrontarla e dirigerla verso mete realizzabili. Servono impegno, capacità, tenacia e dedizione, qualità di non facile “acquisizione”; necessario, quindi, un allenamento precoce e idoneo. In mancanza di “preparazione”, gli ostacoli si presentano insormontabili, le mete irraggiungibili, la vita perde di significato e di valore, e viene subita impotentemente. Paura e risentimento prenderanno il posto del fare soddisfacente, lasciando dietro di sé una scia di fallimenti non più narrabili.

Ecco perché gli adulti, chiamati per loro natura ad essere educatori, non possono, non devono abdicare al loro ruolo. Il risultato del rassegnato, oserei dire indolente “perdonismo”, espresso dalla ormai celeberrima frase “son ragazzi”, ha condotto verso risultati evidenti, non più trascurabili: ragazzi, anzi bambini senza alcun senso del limite o freno. All’insegna del “tutto è permesso”, lì dove le regole ed i divieti costituiscono un attentato alla “libertà di espressione”, i giovani sporcano, rompono, rubano, per non dire uccidono. Un’abitudine al ribasso che, come un “abito mentale”, viene ormai indossato tanto dai ragazzi quanto, e/o soprattutto, dagli adulti. Tutti dimentichi che dettare norme di comportamento non significa semplicemente valersi di un “codice” astratto ed impersonale, ma chiamarsi in causa – ciascuno nel suo ruolo – e rispondere reciprocamente e responsabilmente di quanto operato e dei risultati ottenuti.

Disciplina intesa, quindi, come riconoscimento di responsabilità verso se stessi e gli altri, espressa attraverso un comportamento di attenzione, interesse, partecipazione, costanza, solidarietà, spirito creativo e critico. Attitudini perseguibili e raggiungibili solo attraverso il dichiarato e applicato rispetto delle regole corrispondente ad un giudizio negativo e sanzionatorio, qualora queste non vengano rispettate. Una coerenza del mondo degli adulti che permette di limitare e risolvere le situazioni di conflitto tenendo conto della giustizia. Una giustizia empatica, non inquinata da falsi buonismi, ma ancorata alla realtà da principi condivisi e non rinunciabili.

 


 [1] Dizionario Etimonologico online: http://www.etimo.it/?term=educare

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