Violenza sessuale: evoluzione giuridica vittima e carnefice

 In Sul Filo del Diritto, Anno 1, N. 2 - giugno 2010

Il reato di violenza sessuale è attualmente compreso nell’ambito dei delitti sessuali previsti e disciplinati nel nostro Codice penale negli articoli da 609 bis a 609 decies, collocati nel titolo XII del secondo libro, dedicato ai “delitti contro la persona”. Come già si evince dalla nuova definizione il reato viene disciplinato in maniera diversa dal Codice Rocco, nel quale era collocato nel titolo IX dedicato ai “reati contro la moralità pubblica e il buon costume”. La trasposizione è avvenuta con la legge del 15 Febbraio 1996 n. 66 che non si è limitata solo a inquadrare in un altro titolo i delitti sessuali, ma ha modificato profondamente i tipi di illecito e la relativa disciplina. Questa legge ha disegnato il nuovo volto delle norme contro la violenza sessuale e ha inciso profondamente sul Codice Penale. I delitti sessuali sono stati riformulati secondo varie innovazioni di cui la più importante a senza dubbio l’unificazione dei reati di “violenza carnale” e di “atti di libidine violenti” sotto la più generica fattispecie di reato di “violenza sessuale”. Con questa introduzione si ritiene utile, per meglio comprendere il significato della recente innovazione legislativa, sviluppare una indagine storica sulla legislazione, sulla dottrina e la giurisprudenza che si è succeduta nel corso degli anni in ordine alle riforme in tema di reati sessuale, quali:

  • il tormentato iter legislativo;
  • le motivazioni politico-ideali ovvero della emancipazione della donna;
  • le norme e l’ideologia del codice Rocco;
  • un nuovo modello di uguaglianza con l’avvento della Costituzione;
  • lo stupro nella società moderna;
  • la violenza sessuale come reato contro la persona e l’abolizione della distinzione fra congiunzione carnale ed atti di libidine;
  • la procedibilità dei reati di violenza sessuale;
  • la tutela della riservatezza della persona offesa;
  • la sessualità fra i minori;
  • lo stupro di gruppo e le altre modifiche;
  • la normativa in materia di sfruttamento sessuale dei minori;
  • le innovazioni introdotte dal D.L 23 febbraio 2009, nr. 11: “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in materia di atti persecutori”.

L’iter legislativo che in qualche maniera ha segnato il solco di un cambiamento in riferimento soprattutto ai reati di molestie sessuali è stato certamente, come già accennato, segnata dalla legge 15 febbraio 1996 n. 66 che, dopo ben 5 legislature, recependo in tal senso una serie di interventi iniziati nel 1979, poi una proposta popolare nel 1980, nella quale furono raccolte le firme di 300.0000 cittadini e presentando alla popolazione un documento dai movimenti delle donne. Nel 1987 un nuovo progetto di legge fu avviato ma anche questo caso si arenò tra Camera e Senato. Nel 1995 ci furono 67 deputati di tutti i gruppi parlamentari che presentarono una proposta di legge venendo approvata successivamente a larghissima maggioranza.

La più significativa innovazione introdotta dalla legge 66/1996 è stata l’abrogazione dell’intero capo I (delitti contro la libertà sessuale), nonché degli artt. 530, 539, 541, 542 e 543 c.p., e la riscrittura delle condotte punibili concernenti la libertà sessuale della Sezione II (dei delitti contro la libertà individuale) del Capo II (dei delitti contro la libertà personale) del Titolo XII (dei delitti contro la persona). Ne consegue che la violenza sessuale e gli altri delitti che ledono la sfera sessuale da reati contro la moralità pubblica e il buon costume diventano “reati contro la persona”. Tale modifica, voluta da tutte le componenti politiche, non è meramente formale ma rappresenta lo sbocco naturale di un processo innovativo da tempo intrapreso dal legislatore che, con questa nuova collocazione, ha definitivamente consacrato la sfera della sessualità come diritto della persona umana, la cui disponibilità spetta esclusivamente al soggetto che ne è titolare; viene quindi meno l’appartenenza di tale bene al generico patrimonio collettivo della moralità o del buon costume, e di conseguenza non è più legata ad una valutazione “moralistica” della società.

Va segnalato che l’abbandono delle due figure “violenza carnale” e “atti di libidine violenta” con l’assimilazione in un’unica figura di “violenza sessuale”, da un lato sono la naturale conseguenza dell’affermazione che essa è un reato contro la persona, dall’altro che in tale modo si può evitare che in sede giudiziaria gli operatori debbano necessariamente approfondire – nei minimi particolari – le modalità materiali del fatto; infatti, con la nuova formulazione, non si deve più accertare se una condotta materiale integri la fattispecie della “violenza carnale” ovvero quella di ”atti di libidine”.

In altri ordinamenti (non solo Francia, ma anche Inghilterra, Spagna, Svizzera) il legislatore distingue tra le offese che rientrano nella definizione di violenza ed altri illeciti comportamenti di tipo sessuale. Il fondamento della scelta “di adottare una nozione omnicomprensiva starebbe nel mutato oggetto giuridico dei reati sessuali e nell’esigenza di evitare alla vittima invasive indagini processuali”. Questa nuova nozione unitaria di atti sessuali svolgerebbe, quindi, una funzione di tutela in sede procedimentale e processuale della vittima.

Punti salienti della Legge del 1996, come già in parte accennato, sono lo spostamento di delitti in materia di violenza sessuale nei titoli contro la persona dai delitti contro la moralità pubblica; l’elevazione delle pene, l’accorpamento in unica fattispecie degli atti di libidine violenti con la congiunzione carnale, la procedibilità a querela irrevocabile, con eccezioni in cui si procede d’ufficio, tutela della riservatezza delle vittime, l’introduzione del reato di stupro di gruppo.

La nuova figura epocale della donna è quella che vede l’uguaglianza giuridica uomo-donna sull’onda dei fenomeni quale la rottura della famiglia tradizionale, l’immissione della donna nel lavoro. Di fronte a ciò vi è la necessità di garantire una legislazione che tende a tutelare il ruolo della donna nei luoghi di lavoro, nella famiglia fino a giungere al complesso movimento in materia di pari opportunità. La riforma del 1996 ha cercato, quindi, di rispondere adeguatamente a questi cambiamenti sociali e culturali, dando definitivamente per acquisito che il bene a fondamento dei reati sessuali è un bene della persona, la libertà sessuale.

Di seguito si riportano le più significative innovazioni che la Legge 66/1996 ha introdotto:

  • il bene da proteggere non è più la moralità pubblica ma la persona – la vittima della violenza sessuale non deve nascondere il suo disonore perché la violenza lede il suo onore e quello della sua famiglia, ma perché offende la persona la quale ha diritto a gestire la propria sessualità;
  • l’unificazione dei delitti di “atti di libidine violenta” con quelli di “congiunzione carnale” poiché condizione quest’ultima più grave rispetto al primo, evidenziando che non ci può essere violenza sessuale misurabile per porzioni di corpo o modalità d’intervento ma rimane fermo l’offesa alla persona che viene violentata;
  • la procedibilità a querela, irrevocabile, da presentare entro sei mesi (rispetto ai tre mesi della vecchia disciplina).
  • Sono previste eccezioni alla perseguibilità a querela nell’ipotesi in cui il fatto venga commesso nei confronti di persona minore di anni quattordici, il fatto è commesso da pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio o da genitore o da altra persona a lui affidato per ragioni di cure, educazione, istruzione vigilanza;
  • per quanto concerne la riservatezza della persona si è stabilito che nei procedimenti per tali reati non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla propria sessualità a meno che non sono necessarie alla ricostruzione del fatto. La ratio di questa norma è dettata dalla necessità che la vittima del reato non diventi a sua volta anche vittima nel processo.
  • la sessualità tra i minori è un punto molto innovativo della nuova legge che prevede la causa di non punibilità per chi commette atti sessuali con minore di anni tredici, sempre che la differenza di età fra loro non sia superiore a tre anni.
  • La violenza sessuale di gruppo” prevede una pena molto alta, da 6 a 12 anni.

Si ritiene, pertanto, che la legge sulla violenza sessuale ha una valenza positiva poiché è l’occasione per un rilancio dei temi della donna e di tutta la normativa vigente in materia di uguaglianze e pari opportunità fra i sessi. Essa ha certamente un effetto di tipo preventivo, ma non si può prevenire solo con la repressione penale, ma anche e soprattutto nella formazione scolastica, di informazione in generale.

Completano il quadro normativo la riscrittura del reato di “corruzione di minorenne” che consiste nel compimento di atti sessuali non su minorenni, ma in presenza di questi al solo scopo di farlo assistere e la eliminazione delle varie ipotesi di ratto a fine di libidine o di matrimonio che non hanno più ragione di esistere una volta riportati i reati sessuali nell’alveo dei delitti contro la persona.

Ma questo grosso mutamento sociale e legislativo non è bastato. Nel corso degli anni è subentrata la necessità di introdurre nuove norme volte al contrasto dei reati di violenza sessuale. Da più parti era avvertita la necessità di adeguare il nostro ordinamento alla realtà dei rapporti sociali ed interpersonali conseguenti all’evoluzione della società italiana. In particolare sia da parte del mondo dei giuristi (dottrina e giurisprudenza) sia da parte di associazioni varie di cittadini è stato rilevato che alcuni comportamenti particolarmente odiosi e invasivi dell’altrui sfera privata non erano adeguatamente sanzionati. Ci si riferisce a vari atteggiamenti tenuti da soggetti i quali per i più svariati motivi turbano la tranquillità privata delle persone attraverso atti di molestia compiuti anche con mezzi telematici o informatici.

Il rafforzamento della tutela, allo stato insufficiente, va inquadrato in un più ampio discorso che presuppone la rimeditazione dei principi e degli strumenti di tutela della vita privata e della riservatezza della persona in un contesto caratterizzato, come quello attuale, da molteplici possibilità di aggressione. Di qui la necessità di affermare, con forza, il diritto di ogni persona a non subire, nel contatto con gli altri, interferenze tali che alterino in modo rilevante la sua tranquillità personale e la sfera di vita privata senza essere sorrette da esigenze di ordine sociale.

Il concetto di tranquillità personale, che costituisce l’oggetto giuridico che tutela la nuova fattispecie delittuosa, va qui precisamente delineato: esso riflette la personalità del singolo nel momento statico di chiusura agli altri a fronte di quelle interferenze e intrusioni che legittimano la chiusura del soggetto e il rispetto del suo diritto a non essere aggredito nella propria solitudine.

Sulla scorta di questi principi teorici il D. L. 23 febbraio 2009, n. 11 ha introdotto all’art. 612 bis del codice penale una nuova fattispecie di reato che, sul piano più strettamente concreto, tutela il singolo cittadino da comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita procurando spesso ansie, preoccupazioni, paure, che le attuali norme non sono idonee a prevenire.

Quanto riportato nella parte introduttiva del decreto legge, scaturisce dal fatto che negli ultimi tempi si erano verificati una serie di stupri in diverse città italiane, da Bologna a Roma, da Milano a Guidonia e Napoli creando un grande allarme sociale e pertanto la necessità di fermare quei fenomeni di violenza compiuti da una pregressa attività di Stalking (atti persecutori).

Il Governo, ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti reati ha emanato il decreto legge 23.02.2009, nr. 11 (“Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”), pubblicato in G.U. n. 45 del 24.02.2009, convertito con modifiche in Legge n. 38 del 23.04.2009, pubblicato in G.U. n. 95 del 24.04.2009.

Se si tiene presente che in Italia 1/3 degli omicidi è perpetrato tra le mura domestiche il dato che emerge per questo tipo di reati e eventi è che siamo spesso portati a pensare ad una serie di attività attribuite ad un Serial Killer piuttosto che ad una situazione episodica di persone a noi molto vicine.

Il provvedimento apporta modifiche ed integrazioni al codice penale (artt. 576 e 612 bis) al codice di procedura penale (artt. 275 – 282 ter – 282 quater – 380, 392, 398 e 498), al codice civile (art. 342 ter). Di seguito il dettaglio di alcune delle modifiche introdotte: è contemplata la pena dell’ergastolo ( art. 576) a colui che commette un omicidio in occasione dei delitti di “violenza sessuale” (art. 609 bis) o di “atti sessuali con minorenne “(art. 609 quater), “violenza sessuale di gruppo” (art. 609 octies) e “atti persecutori” (art. 612 bis). È previsto l’arresto obbligatorio in flagranza per i casi di stupro, con conseguente possibilità di procedere con rito direttissimo e celebrare il processo anche nell’arco di 48 ore.

Per assicurare una più adeguata assistenza legale alle vittime di violenza sessuale, il decreto estende il patrocinio gratuito a spese dello Stato per tutti coloro che subiscono questo tipo di reato anche in deroga ai limiti di reddito. Introduce il nuovo delitto c.d. Stalking previsto dall’art. 612-bis (atti persecutori) allo scopo di sanzionare le minacce e le molestie reiterate che potrebbero degenerare in violenza sessuale o omicidio. Si prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque molesta o minaccia taluno con atti reiterati ed idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura  ovvero a ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita. È previsto inoltre che la vittima si possa rivolgere al Questore che avrà la possibilità di ammonire il colpevole. Si introduce anche il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa vittima o da persona a questa legata da relazioni affettive. La norma, oltre a obbligare a una maggiore informazione sui centri antiviolenza, istituisce infine un numero verde a favore delle vittime.

Si è avvertita dunque sempre più la necessità di adeguare il nostro ordinamento alla realtà dei rapporti sociali conseguenti all’evoluzione della società italiana. In particolare sia da parte dei giuristi che da parte di associazioni varie di cittadini è stato rilevato che alcuni comportamenti odiosi ed invasivi non erano adeguatamente sanzionati. L’inadeguatezza della normativa si evince dal fatto che le uniche fattispecie fino ad ora esistenti e che intervenivano per la tutela contro comportamenti persecutori erano dettati dall’art. 660 (molestia o disturbo alle persone). Ma sia il fatto che essa è inserita tra le contravvenzioni sia la sua previsione punitiva, rendono questa norma ormai desueta che tutela maggiormente l’ordine pubblico. Da qui la necessità di affermare il diritto di ogni persona a non subire interferenze che possono alterare in modo rilevante la propria tranquillità personale e la sfera privata in genere. E non a caso il fenomeno ha avuto la sua prima attenzione sistematica in società più avanzate, sia nella definizione sociologica che nelle prime norme ad hoc: è del mondo anglosassone la definizione Stalking, è nata nel 1991 nello stato della California la prima norma repressiva, poi imitata dagli altri Stati USA nella prima metà degli anni novanta. A seguire numerosi altri Stati sia nel mondo Anglosassone che in Europa: Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito, Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda e Germania. In definitiva l’art. 612-bis, emanato dal D.L. 23.02.2009 n. 11, ha introdotto una nuova fattispecie di reato che tutela il singolo cittadino da comportamenti che ne condizionano pesantemente la vita procurando spesso ansie, paure, preoccupazioni che le attuali norme non erano in grado di prevenire e tutelare.

La norma prevista dall’Art. 612 bis ha un carattere residuale nel senso che la stessa non trova applicazioni qualora si configuri un reato più grave. È inserito tra quelli contro la libertà morale la cui condotta deve presentare una reiterazione quindi la singola condotta o molestia non può generare questi tipo di reato. La condotta consiste nella minaccia o molestia che può estrinsecarsi in diversi modi, anche telematici, attraverso sms o e-mail o attraverso la rete Internet violando la propria privacy.

Nell’ambito specifico di questo reato i protagonisti principali sono 3:

  • lo stalker o molestatore assillante (attore);
  • la vittima;
  • la relazione forzata che induce nella vittima un continuo stato di ansia e di paura.

I suoi comportamenti sono definiti come un’insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minacce, molestie, atti lesivi continuati che induce la persona che le subisce un disagio psichico e fisico ed un ragionevole senso di timore.

Lo stalker è colui che mette in atto quell’insieme di condotte che si traducono e sintetizzano nel seguire le vittime per controllarle.

A seguito dell’analisi dei profili psicologici di numerosi stalker, si è giunti ad individuarne cinque tipologie, distinte in base ai bisogni e desideri che spingono a stabilire una relazione, a connotazione ossessiva, che spesso esiste solo nella mente dell’attore.

È allo studio, a cura della Sezione Atti persecutori del Reparto Analisi Criminologiche del Ra.C.I.S. (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma), una “matrice” statistico-comportamentale sull’autore di atti persecutori, vessativi o sessualmente finalizzati e sulle dinamiche intime della vittima, anche al fine di giungere alla redazione di un “protocollo di intervento”, puntuale e contestualizzato nella realtà italiana, ad uso di operatori del sociale e delle Forze di Polizia.

Vi sono classificati una serie di tipi di stalker:

Il risentito rappresenta una tipologia di stalker presente in letteratura. Si tratta di solito di un ex-partner che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivi ingiusti. Forte di questo risentimento, si sente spinto a ledere sia l’immagine della persona (per esempio, pubblicando sul web foto o immagini osé oppure stampando volantini con frasi oscene per farli girare nell’ambiente di lavoro della vittima); sia la persona stessa (aspettandola fuori casa per farle delle scenate), sia danneggiando cose di proprietà (rigando, per esempio, la macchina o forandone le gomme). Il problema più grave di questo tipo di stalking è legato alla scarsa analisi della realtà basata su sentimenti di rancore e odio che tendono a giustificare i propri atti in quanto reazione legittima al torto subito;

Motivato dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore è invece il bisognoso d’affetto. Questo tipo di stalker agisce soprattutto nell’ambito di rapporti professionali particolarmente stretti come quello tra il paziente e lo psicoterapeuta. In questi casi i molestatori fraintendono l’empatia e l’offerta di aiuto come segno di un interesse sentimentale. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di superare qualche difficoltà psicologica o concreta e che prima o poi riconoscerà l’inevitabilità del rapporto amoroso proposto;

Più impulsivo ma meno resistente nel tempo è il corteggiatore incompetente” che manifesta una condotta basata su una scarsa abilità relazionale e si traduce in comportamenti opprimenti ed esplicitamente invadenti. Gli stalker di questo gruppo presentano una condotta persecutoria di solito di breve durata, desiderano corteggiare ma non lo sanno fare e finiscono per adottare atteggiamenti che possono risultare fastidiosi;

Nella categoria degli ex-partner rientra anche il respinto” che manifesta comportamenti persecutori in reazione ad un rifiuto. Questo tipo di stalker è ambivalente perché oscilla tra due desideri contrapposti: da una parte desidera ristabilire la relazione mentre dall’altra vuole solo vendicarsi per l’abbandono subito;

Infine, il predatore” è uno stalker che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di molestatore che prova un senso di potere nel pianificare la caccia alla “preda”. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da persone con disturbi psicopatologici di tipo sessuale come pedofili o feticisti.

Alcuni studi hanno stabilito che lo stalking si manifesta essenzialmente attraverso due categorie di comportamenti:

  • le comunicazioni intrusive che includono tutti i tentativi di comunicazione attraverso telefonate, lettere, sms, e-mail o perfino graffiti o murales;
  • i contatti, che si concretizzano sia tramite comportamenti di controllo diretto, come ad esempio pedinare o sorvegliare, sia mediante condotte di confronto diretto come visite sotto casa o sul posto di lavoro, minacce o aggressioni.

Lo stalking vede come vittime, nella maggior parte delle volte, le donne anche se non mancano casi inversi – il rapporto è di circa 3 a 1; uomini e donne che in oltre l’ 80% dei casi si conoscevano o perché ex partner (il 50% di tutti i casi) o perché amici, o colleghi di lavoro. L’età delle vittime varia dai 14-16 anni fino all’età adulta, mentre il fenomeno sembra diminuire dopo i 50 anni. Questi risultati si riferiscono chiaramente ai casi denunciati e non danno contezza completa della realtà del fenomeno perché prendono in considerazione solo la punta dell’iceberg ed escludono il cosiddetto “numero oscuro”.

La vita di una persona perseguitata cambia radicalmente fino a impregnarsi di paura per l’imprevedibilità di quello che potrebbe accadere. La vittima si sente costantemente controllata e “guardata a vista” e subisce continue umiliazioni per le scritte oscene lasciatele sotto casa, sulla macchina, o per il danneggiamento delle proprie cose. Tutto questo può provocare ansia, insonnia fino a sfociare in un vero e proprio disturbo post traumatico da stress, compromettendone l’attività lavorativa e le relazioni sociali.

La categoria vittimologica più a rischio (oltre a quella degli ex partner) risulta essere quella denominata help profession che comprende quanti lavorano nell’assistenza socio-sanitaria come medici, psicologi, assistenti sociali e infermieri. Questo si verifica perché questi professionisti entrano in contatto con i bisogni profondi di aiuto e le emozioni delle persone e possono facilmente cadere vittima di proiezioni di affetti e di relazioni interiorizzate.

La procedibilità per questo tipo di reato è quella della querela nei termini di 6 mesi (il doppio rispetto al termine ordinario). Tuttavia si procede d’ufficio se il fatto è connesso nei confronti di un minore o una persona disabile (ex legge n.104) o commesso con un altro delitto per il quale si procede d’ufficio o quando il soggetto risulta “ammonito” ai sensi dell’art. 8 della legge 23 aprile 2009 n. 38. Con l’art. 8 di questa legge è stata infatti introdotta una speciale procedura di competenza dell’Autorità di P.S. che può adottare prima dell’instaurazione di un procedimento penale qualora la persona, prima di proporre la querela, espone i fatti all’Autorità di Pubblica Sicurezza avanzando richiesta al Questore di “ammonimento” nei confronti dell’autore della condotta. Il Questore acquisite le informazioni dagli organi investigativi, sentite le persone informate sui fatti, se ritiene pertanto fondata l’istanza, ammonisce formalmente il soggetto invitandolo ad assumere una condotta conforme alla legge e ne redige un verbale del quale una copia viene rilasciata al soggetto ammonito ed una copia alla persona offesa.

Questa norma in effetti si rifà all’art. 1 del T.U.L.P.S. (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) nel quale viene specificato che all’Autorità di P.S. è previsto il bonario componimento dei dissidi privati. Il soggetto ammonito può però presentare eventuali memorie difensive se ritiene assolutamente infondato il provvedimento.

Un ulteriore provvedimento che è inserito nell’ambito del reato di atti persecutori è stato introdotto l’art. 9 nel quale sono state apportate delle modifiche al Codice di procedura penale: alcune che sono in diretto riferimento a questo nuovo decreto legge e due nuove misure coercitive che invece hanno una portata più generale.

Risponde alla prima esigenza l’art. 392 c.p.p. ed il 398 c.p.p. in tema di incidente probatorio che è stato allargato sia alla minore fattispecie di reato di “atti persecutori” (art. 612 bis) che al reato di “maltrattamento di fanciulli” (art. 572). Infatti per il Pubblico Ministero la persona offesa e l’indagato sono i soggetti legittimati a proporre la richiesta di incidente probatorio, è stata riconosciuto il diritto alla persona offesa di richiedere al P.M. di avanzare la richiesta di incidente probatorio al G.I.P.. Infine la persona da sottoporre ad incidente probatorio non è più la persona minore degli anni 16 (come nel precedente articolo) ma il minorenne o la persona offesa maggiorenne.

Mentre nell’art. 398 c.p.p. le modifiche apportate sono in riferimento al provvedimento del giudice su richiesta di incidente probatorio sono analoghi all’art. 392. Sono stati introdotte modifiche all’art. 498 c.p.p. che riguarda l’esame protetto dei testimoni: ne è stata ampliata la portata estendendo questa possibilità agli atti persecutori e potrà usufruirne non solo il minore come previsto nella vecchia disposizione ma anche il maggiorenne che rivesta la duplice qualifica di insano di mente e vittima del reato. (È stata una correzione ad una precedente sentenza della Corte Costituzionale che riteneva illegittima questa parte). Sempre la legge del 23 aprile 2009 ha introdotto nel codice di procedura penale una nuova misura cautelare di tipo coercitivo all’art. 282 ter. che consiste nel “divieto di avvicinamento dei luoghi frequentati dalla persona offesa da parte dell’imputato su disposizione del giudice”, o mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa. Qualora sussistono ulteriori esigenze di tutela, e comunque vengono adeguatamente motivate, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi anche ai luoghi che sono abitualmente frequentati da congiunti della persona offesa o da persone di questa convivente e comunque legati da relazione affettuosa o di mantenere una determinata distanza da tali luoghi e da tali persone .

L’art. 10 della legge 23 aprile 2009 apporta una novella di carattere generale dell’art. 342 ter codice civile in materia di “ordine di protezione” contro gli abusi familiari, prolungandolo fino ad un anno (prima erano sei mesi) l’efficacia del giudice con cui si ordinano la cessazione della condotta criminosa, l’allontanamento dalla casa familiare ed il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima. Questo articolo deve far riferimento alla legge nr. 154 del 4 aprile 2001 (misure contro la violenza nelle relazioni familiari).

Con questa iniziativa legislativa si evidenzia come il governo abbia potuto rafforzare tutti gli aspetti giuridici già introdotti nel nostro sistema a tutela e a protezione di soggetti vittime di violenza nelle relazioni familiari e domestiche. Pertanto alla vittima dell’abuso è prevista una doppia tutela, sia in sede penale che in quella civile. Il nuovo provvedimento legislativo prevede tra l’altro (art. 11) l’obbligo per le forze dell’ordine, presidi sanitari e istituzioni pubbliche di fornire alla vittima di reati persecutori tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza che sono presenti sul territorio. L’art. 12 prevede l’istituzione presso il Dipartimento delle pari opportunità di un numero verde nazionale attivo 24 ore su 24 a favore di vittime di reati persecutori con la finalità di favorire una prima assistenza psicologica – giuridica da parte di personale competente e segnalare alle forze dell’ordine, su richiesta delle persone offese, nei casi di urgenza, gli atti persecutori segnalati.

Un protocollo di intesa del 16 gennaio 2009 tra il Ministro delle pari opportunità, il Ministro della Difesa ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri è stato sottoscritto per un progetto per l’analisi e il monitoraggio del fenomeno delle violenze perpetrate sotto forma di atti persecutori. Il progetto ha come finalità di sviluppare studi e ricerche rivolte all’approfondimento del fenomeno ed alle strategie di prevenzione e contrasto agli atti persecutori, riconducibili alle forme di stalking, anche attraverso collaborazioni con unità scientifiche ed avvalendosi di uno specifico archivio per l’analisi dei dati forniti di conseguenza un valido e qualificato supporto ed interventi ai reparti dell’Arma.

Inoltre serve per contribuire ad incrementare l’efficacia delle iniziative promosse dal Dipartimento delle pari opportunità e da altri attori istituzionali e sociali, anche in campo internazionale, realizzando modalità di raccordo tra le rispettive componenti. Favorire la partecipazione di Comandi Territoriali alle iniziative di collaborazione istituzionale sviluppate a livello provinciale.

 

Per concludere

Dal momento che non tutte le situazioni di stalking sono uguali, non è possibile generalizzare facilmente sulle modalità di difesa che devono essere adattate alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori. Si possono tuttavia, sulla base delle esperienze condotte e casi esaminati, dare dei suggerimenti in linea generale:

  • tenete presente che prendere consapevolezza del problema è già un primo passo per risolverlo. A volte, invece si tende a sottovalutare il rischio e a non prendere le dovute precauzioni come per esempio, informarsi sull’argomento e adottare dei comportamenti tesi a scoraggiare, fin dall’inizio, comportamenti di molestia assillante;
  • ricordate che, in alcune circostanze, di fronte ad una relazione indesiderata, è necessario dire no in modo chiaro e fermo, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori dello stalker;
  • la maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore sembra essere l’indifferenza. Infatti, sebbene per la vittima risulti difficile gestire lo stress senza reagire, è indubbio che lo stalker rinforza i suoi atti sia dai comportamenti di paura della vittima, sia da quelli reattivi ai sentimenti di rabbia;
  • cercate di essere prudenti e quando uscite di casa evitate di seguire sempre gli stessi itinerari e di fermarvi in luoghi isolati e appartati;
  • in caso di molestie telefoniche, tentate di ottenere una seconda linea e utilizzate progressivamente solo quest’ultima. Registrate le chiamate (anche quelle mute). Ricordate che per far questo è necessario, al momento della telefonata, rispondere e mantenere la linea per qualche secondo (senza parlare), in modo da consentire l’attivazione del sistema di registrazione dei tabulati telefonici;
  • tenete un diario per riportare e poter ricordare gli eventi più importanti che potrebbero risultare utili in caso di denuncia;
  • raccogliete più dati possibili sui fastidi subiti, per esempio, conservate eventuali lettere o e-mail a contenuto offensivo o intimidatorio;
  • tenete sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza;
  • se vi sentite seguiti o in pericolo, chiedete aiuto, chiamate un numero di pronto intervento, come per esempio il 112 o rivolgetevi al più vicino Comando Carabinieri.

 

Bibliografia

Raffaele Marino, Violenza sessuale. Pedofilia Stalking. Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori. Commento organico al D. L. 23 febbraio 2009, n. 11.

Arianna Agnese, Valerio De Gioia, Paolo Emilio De Simone, Giovanni  Puliatti, Cristiana Rotunno, Violenza sessuale e Stalking. Commento al D.L. 23.02.2009, n. 11 convertito con modifiche in L. 23.04.2009, n. 38.