Hannah Arendt. Un umanesimo difficile

 In SegnaLibro, N. 4 - dicembre 2021, Anno 12
Laura Boella - Hannah Arendt. Feltrinelli 2020

Laura Boella – Hannah Arendt. Feltrinelli 2020

Eredi, collana edita da Feltrinelli e diretta da Massimo Recalcati, raccoglie monografie d’autore brevi in cui i grandi intellettuali del nostro tempo sono chiamati a raccontare l’insegnamento dei loro maestri, svelando al lettore l’eredità che raccolgono come debito simbolico verso ciò che hanno appreso. Laura Boella (Cuneo, 1949) – filosofa, scrittrice, professore ordinario di Filosofia Morale e di Etica dell’ambiente presso il dipartimento di filosofia dell’Università statale di Milano – è chiamata a descrivere l’immensità dell’insegnamento di Hannah Arendt, l’eredità aperta che ha lasciato. «Arendt ha accompagnato la mia generazione nell’attraversare l’esperienza di questo tempo con l’esempio di un esercizio libero del pensiero […] per preservare l’intelligenza spassionata e lo humor, la straordinaria capacità di sperimentare andando oltre l’ovvio, di vedere il mondo come esercizio di domande, e non come palcoscenico di risposte» (p. 34).

Laura Boella risponde alla difficile domanda su chi sia Hannah Arendt attraverso una scoperta critica della donna e della filosofa, intessendo una trama che mostra come il pensiero e il lessico arendtiano siano essenziali per comprendere non solo il passato, bensì il nostro tempo. Eredità, Realtà, Verità e Umanità sono i quattro capitoli del testo, le quattro macroaree che conducono il lettore ad assaporare il pensiero della pensatrice indipendente. L’amore per il mondo, la volontà di comprensione, la realtà, l’esperienza, la condizione plurale dell’essere umano, la libertà, la giustizia, la responsabilità, la critica ai diritti umani sono solo alcuni dei tanti temi affrontati nella monografia. «Arendt ci consegna il problema della realtà come problema decisivo ieri e oggi, in stretta connessione con la difficoltà emotiva, cognitiva, pratica di reggerne il peso, di affrontare la sfida che essa pone agli strumenti di comprensione disponibili, al senso morale e alla convivenza in un mondo comune» (p. 44). La comprensione principia dall’esperienza vissuta che è sempre incisa nella storia e nella politica del proprio tempo. L’insegnamento e la speranza, la difficoltà cui siamo chiamati è quella di decostruire, comprendere gli eventi senza, però, perdere il senso del Sé. Arendt dimostra nel processo ad Eichmann come esercitare il pensiero critico, come andare a fondo nella coscienza dell’altro senza perdere il proprio pensiero: «riconoscere il mondo nella sua pluralità, creato dalle differenti prospettive di altri, mette di fronte a esperienze umanamente distruttive e insieme alla possibilità della risposta, della replica» (p. 45).

Compassione, empatia e pietà sono ancorati alla storia e alla politica, bisogna porre la questione politica della giustizia e della libertà. Arendt, pensatrice del presente, rilancia una responsabilità verso tutti gli esseri umani possibile da esercitare tramite l’esercizio del pensiero critico e la scelta. «L’essere del mondo e non solo nel mondo di ogni individuo viene messo in atto concretamente (o impedito, mortificato) e incide su ciò che essenzialmente lo definisce: il potere di iniziativa e la vulnerabilità, la fragilità dell’esposizione alle azioni degli altri e gli sforzi per controllarla e dominarla» (p. 58).

L’incapacità ad esercitare l’attività di pensiero porta alla banalità del male, frutto di una massa senza radici, un Io non pensante, un totale annichilimento della coscienza. Se dimettiamo la capacità di pensare e di giudicare perdiamo la capacità di discernere il bene dal male e con essa la possibilità di restare umani. L’attività di pensiero si svolge lontano dalla scena pubblica è esame dentro di Sé, non è solo decostruzione del vissuto, ma la riproduzione grazie all’immaginazione dell’esperienza vissuta. Come dimostrano le persone comuni che si opposero in silenzio al pensiero nazista, essi non poterono fare nulla di pratico ma non persero la loro capacità di pensare. Ecco come anche l’idea di coscienza morale è un’attività del pensiero che porta e parte da una profonda conoscenza di se stessi. L’autrice ricorda come per Arendt non esista un’Etica fondata sulla compassione e sull’altruismo, bensì sulla capacità di giudicare e pensare. «Il passato rischia di scomparire se non irrompe nel presente, ritornando attuale attraverso la voce di chi ricorda e giudica» (p. 106)

Il debito simbolico che l’eredità di Hannah Arendt lascia è il compito di imparare a diventare umani:

«il difficile umanesimo arendtiano presagisce lo squilibrio tra un’organizzazione planetaria della vita sociale e l’assenza di strutture istituzionali e di forme di vita adeguate a governare le questioni comuni. Esso guarda al futuro e ci consegna la questione oggi più urgente: ripensare la condizione umana in un’epoca di radicale trasformazione» (p. 121).

 

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