L’incendiario e il piromane

 In Psico&Patologie, N. 2 - giugno 2016, Anno 7

La personalità del piromane

La personalità può essere definita come “il complesso delle caratteristiche di ciascun individuo quali si manifestano nelle modalità del suo vivere sociale[14]”. Come abbiamo visto la caratteristica primaria manifestata dal piromane è costituita dalla sua “spinta mentale” all’azione incendiaria.

Ma qual è la natura di questo fascino? Quali sono le spiegazioni fornite per spiegare questa attrazione?
Quali i legami tra piromania e aggressività e tra piromania e sessualità, da sempre condizioni richiamate per dare una spiegazione al questo comportamento?

Molti sono gli autori che hanno cercato di rilevare come nell’atto incendiario ci possa essere una volontà aggressiva, riconoscendo nella personalità del piromane profonde tendenze distruttive. In base alle differenti concezioni la genesi di questa aggressività deviata andrebbe ricercata di volta in volta nella ipersensibilità del piromane alle frustrazioni affettive piuttosto che in un divario della personalità. Per quel che riguarda quest’ultimo aspetto, con il piromane ci si troverebbe di fronte ad un immaginario dominato da idee di grandezza ed onnipotenza e un’immagine di sé dominata dalla fragilità. Tale frattura comporterebbe la necessità di compensare all’esterno la fragilità interiore attraverso il passaggio all’atto incendiario che, per sua natura “spaventa” chi ne viene coinvolto, permettendo al piromane di dimostrare la sua forza e la sua virilità attraverso il senso di potere che gli deriva dall’impotenza di chi è “vittima” dell’incendio[15].

Proprio da questo senso di autoesaltazione attraverso l’incendio, secondo alcuni autori, si evidenzierebbe il riflesso di un’affermazione, allo stesso tempo sia narcisistica che sadica, della persona. Questa sottolineatura pare confermata dalle osservazioni di Oulès[16], secondo cui esisterebbe una differenza tra il primo incendio ed i successivi: il “fantasma” del fuoco diverrebbe sempre più coercitivo mano a mano che il soggetto appicca incendi per i quali non viene scoperto, aumentando narcisisticamente quel senso di potenza insito nel suo agire. Gli incendi successivi al primo avrebbero una carica molto marcata di affettività poiché l’atto piromanico deriverebbe dal cosiddetto pirotropismo, e cioè un naturale ed arcaico istinto di attrazione verso il fuoco. L’“aggressività incendiaria”, nella lettura offertaci, avrebbe quindi natura istintiva, che crescerebbe, incendio dopo incendio, obbedendo ad una scelta “deliberata”, ancorché condizionata da una pulsione sempre più forte per il soggetto.

Il piromane utilizza quindi l’incendio in un duplice senso; da un lato il fuoco è come specchio che gli permette di lusingarsi, narcisisticamente affascinato dalla sua onnipotenza grazie all’immagine terrorizzata di coloro che assistono al divampare ed allo svilupparsi delle fiamme. Dall’altro segnando la memoria di coloro che assistono all’incendio egli si gratifica attraverso un profondo piacere interiore e si afferma attraverso l’aggressione all’altro. Il fuoco, quindi, gli permette di affermare un potere fino a quel momento mancante; l’incendio è considerabile come la sublimazione di un blocco in un soggetto “passivo” e disadattato che non riesce ad affrontare direttamente i suoi conflitti emotivi.

Per quanto riguarda il rapporto tra piromania e sessualità, la prima esposizione in questa direzione per tentare di spiegare il comportamento del piromane è di Osiander[17], nel 1813, il quale tentò di interpretare il desiderio d’incendiare come il risultato di un fenomeno circolatorio e ormonale legato alla pubertà. L’immagine del fuoco sarebbe, in questa ottica, inscindibilmente legata, sia sul piano reale che simbolico, a quella del sesso. Parecchi sono gli Autori che ancora oggi sottolineano come nell’atto di appiccare gli incendi il piromane trasferirebbe all’esterno una forte carica affettiva e passionale che non sarebbe altrimenti in grado di veicolare attraverso i canali usuali.

Un tratto del piromane, segnalato da molti autori, che conforterebbe questa teoria, è che, di norma, il piromane presenta problemi sessuali o quantomeno una vita sessuale anormale. In questa visione il piromane appiccando il fuoco, trasferisce all’ambiente esterno una condizione di forte passionalità interiore. Il piacere di assistere al divampare delle fiamme è assimilabile al piacere di un atto sessuale; l’atto piromanico rappresenterebbe il sostituto dell’atto sessuale per il quale il piromane sente un senso di inadeguatezza.

Altro aspetto del rapporto tra piromania e sessualità è quello che deriva dall’osservazione del soggetto: la vista del fuoco provoca nel piromane un orgasmo. Inoltre, frequenti sono i racconti di sogni erotici riguardanti il fuoco con la conseguente eccitazione fisica, che questi soggetti riportano una volta fermati. Il fuoco, in questo caso, sarebbe fattore fondamentale e irrinunciabile di piacere sessuale caratterizzato da un accentuato sadismo. Non solo, il fuoco, sembra placare lo stato di eccitazione, al pari dell’orgasmo. Per cui la soddisfazione che l’incendio produce (conseguente all’eccitazione) sarebbe la proiezione dei tre tempi classici di eccitazione-tensione-rilassamento, tipici dell’atto sessuale naturalmente inteso[18].

Sempre sul piano sessuale, altri autori sostengono che l’atto incendiario sarebbe il sintomo di una masturbazione repressa [19].
 Tema, quello della masturbazione, ripreso anche da Stekel[20], secondo il quale il piacere sessuale derivante dall’incendio è spesso collegato ad un’attività masturbatoria; alcuni si masturbano durante l’incendio, (accompagnando di norma fantasie sadiche), mentre altri appiccherebbero le fiamme per difendersi dal desiderio di masturbarsi; in questi casi il fuoco rappresenterebbe un sostituto dell’attività masturbatoria.


Il rapporto tra piromania e sessualità ci restituisce l’immagine di un individuo perturbato nella propria sessualità, un soggetto che per qualche “oscuro” motivo ha visto “bloccarsi” lo sviluppo della propria sessualità, e che trova nell’incendio un sostituto capace di donargli la stessa gratificazione ed il medesimo piacere: blocco dello sviluppo che inducono a considerare i piromani “esseri primitivi”, per cui alcuni autori[21], partendo da questa visione, deducono che non ci sarebbe soltanto un fattore sessuale a determinarne le azioni, ma anche uno stadio arcaico di sviluppo.

Nel tentativo di fornire un ritratto completo del piromane non può tralasciarsi un aspetto sul quale pare esserci un buon consenso; il piromane è un uomo solo. Questa solitudine si estrinseca su tre piani: famigliare, personale e sociale.
Dal punto di vista famigliare il piromane proviene molto spesso da un contesto carente, con una comunicazione all’interno del nucleo famigliare molto povera.
Spesso le figure genitoriali sono assenti e comunque hanno sovente disturbi psichiatrici. Il soggetto ha vissuto in situazione di privazione affettiva sperimentando la lotta per essere riconosciuto. Il background di molti piromani è anche caratterizzato da un non coinvolgimento nelle questioni di famiglia dalle quali si sente, e probabilmente è, escluso. Forse per tutte queste cose, la scolarità è scarsa o mediocre. Sul piano personale questa solitudine si estrinseca in un comportamento instabile ed inibito. Risultano presenti comportamenti “devianti” quali alcoolismo e tentativi di suicidio. Si osservano anche tratti di immaturità e instabilità affettiva.
Il piano sociale non si differenzia molto dal quadro delineato fino a questo momento.
Il piromane è un soggetto spesso celibe e privo di legami affettivi: è impacciato con le donne, timido e bloccato; in linea generale i suoi legami sociali vanno nel senso dell’introversione che lo priva di quasi tutti i momenti ludici e di divertimento.

L’aspetto comunicativo è carente anche nei confronti dei famigliari che gli stanno accanto. Questa carenza comunicativa porta il piromane a tentare di colmarla attraverso l’incendio che egli usa per affermare, o meglio per imporre, la sua identità. L’incendio è quindi lo strumento per superare questo “blocco identitario”; l’incendio sembrerebbe l’unico strumento a disposizione del piromane per affermare la sua esistenza che trova nel fuoco la sua ragion d’essere[22].

Conclusioni

In qualsiasi scritto chi legge ha sempre delle aspettative nelle conclusioni. Attese comprensibili, motivate dal desiderio di trovare risposte sicure a quesiti aperti, ma in tema di piromania le certezze sono praticamente nulle, se non fosse per l’elemento che ha resistito al tempo e alle ideologie, e cioè dell’amore per il fuoco, motore principale e fondamentale dell’agire del piromane. Inoltre, la risposta deve tener conto del un fattore emotivo che, nella scarsità di casi esaminati, fa della piromania una diagnosi d’effetto. Altro elemento da tenere presente, riguarda il fatto che in molti casi si possano trovare nel piromane anche caratteri di altri disturbi mentali, magari con fondamenti scientifici [23] molto più forti. Questo farà si che, probabilmente in futuro, si andrà incontro ad un utilizzo della diagnosi di piromania quale diagnosi residuale per tutte quelle situazioni per cui, anche sforzandosi, lo “screening nosografico” verso patologie più “nobili” non abbia dato risultati positivi.

Per quanto concerne il piromane e il suo agire criminoso, rimando alle parole di Ponti: “Se lo studio della criminologia ha un’utilità, essa è quella, paradossalmente, di non fornire alcuna soluzione compiuta e definitiva sull’oggetto del delitto, sul perché dell’agire delittuoso[24]”.

Facendo un piccolo passo indietro andiamo a concludere, questo breve viaggio nel mondo della piromania, evidenziando l’immagine o la sembianza di un soggetto debole, per cui il fuoco è strumento di sublimazione di una forza onnipotente che gli permette di annientare gli ostacoli, sottomettere le opinioni e spezzare le reticenze ed i blocchi della sua non-identità.

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[1] Enciclopedia Treccani.it

[2] Marco Cannavicci, Il piromane e l’incendiario, Silvae, anno II, n. 5.

[3] American Psychiatric Association, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.

[4]http://regionali.wwf.it/UserFiles/File/News%20Dossier%20Appti/DOSSIER/Foreste%20e%20incendi/Piromania_di%20Carlo%20Riccardi%20criminologo%20clinico.pdf

[5] American Psychiatric Association, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, op. cit.

[6] Rosso R., La dottrina della piromania nella psichiatria dell’Ottocento, Rivista Sperimentale di Freniatria, CXIV, 7, 1990; Rosso R., Piromania e disturbo del controllo degli impulsi: tendenze evolutive del concetto nel XX secolo, Rivista italiana di medicina legale, XI, 899, 1989.

[7] Rosso R., Piromania e disturbo del controllo degli impulsi: tendenze evolutive del concetto nel XX secolo, op. cit.

[8] Laxenaire M. – Kuntzburger F., Gli incendiari, op. cit.; Stadolnik R. F., Drawn to the flame: Assessment and Treatment of Juvenile Firesetting Behaviour, Professional Resource Press, Sarasota, 2000.

[9] Idem.

[10] Ermentini A., Piromania, op. cit.

[11] Pyromania, eMedicine.com, March 5th, 2004.

[12]http://www.corpoforestale.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/e%252Fe%252F8%252FD.289d25914bd3de0939b2/P/BLOB%3AID%3D12255/E/pdf

[13] Marco Cannavicci, Il piromane e l’incendiario, op. cit.

[14] Ponti G., Compendio di criminologia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999.

[15] Laxenaire M. – Kuntzburger F., Gli incendiari, op. cit; Rosso R., Piromania e disturbo del controllo degli impulsi: tendenze evolutive del concetto nel XX secolo, op. cit.; Rosso R., La dottrina della piromania nella psichiatria dell’Ottocento, op. cit.

[16] Ermentini A., Piromania op. cit.

[17] Idem.

[18] Idem.

[19] Laxenaire M.– Kuntzburger F., Gli incendiari, op. cit.

[20] Stadolnik P.F., Drawn to the Flame: Assessment and Treatment of Juvenile Firesetting Behaviour, op.cit.

[21] Laxenaire M –Kuntzburger F., Gli incendiari, op. cit.

[22]http://www.corpoforestale.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/e%252Fe%252F8%252FD.289d25914bd3de0939b2/P/BLOB%3AID%3D12255/E/pdf

[23] Merzagora Betsos I., Lombroso è ancora tra noi, Dignitas, n. 3-4, 2004, pag. 10 e ss.

[24] Ponti G., Compendio di criminologia, op. cit.

     

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