Pedofilia: da virtuale a reale

 In @buse, Anno 1, N. 2 - giugno 2010

Il mondo virtuale è strettamente legato al mondo reale e quello che vi accade ha ripercussioni dirette nella sfera sociale. La pedopornografia in primis. Ma cosa si intende per pedopornografia? Che cos’è un’immagine pedopornografica? O cos’è un’immagine pedopornografica per il legislatore? Per poter dare una risposta compiuta a tale quesito occorre innanzitutto andare a verificare le norme del codice penale poiché esse disciplinano rispettivamente la realizzazione e la produzione di esibizioni pornografiche effettuate utilizzando minori degli anni 18 ed il loro commercio. Altresì si punisce l’induzione dei minori alla partecipazione alle esibizioni pornografiche. Quindi la distribuzione, la divulgazione la diffusione o la pubblicizzazione delle predette immagini con qualsiasi mezzo anche per via telematica, nonché la cessione, anche a titolo gratuito. In ultimo si punisce la detenzione di immagini realizzate utilizzando minori degli anni 18 in esibizioni pornografiche, anche nella forma aggravata dalla ingente quantità. Il concetto di pornografia a tutela della libertà sessuale del minore è stato introdotto dalla legge 269 del 1998 che ha omesso di fornire una definizione, la quale non è specificata nemmeno dalla successiva legge nr. 38 del 6.2.2006, per l’estrema difficoltà di pervenire ad un concetto univoco disancorato dai contesti e dalle varie ipotesi concrete in cui i comportamenti siano tenuti.

Secondo la dottrina la natura pornografica di un’immagine deve essere individuata: “in base all’accertamento della destinazione della rappresentazione ad eccitare la sessualità altrui e della sua idoneità a detto scopo”.

Pornografia è la descrizione o illustrazione di soggetti erotici, mediante scritti, disegni, discorsi, fotografie, video o altro che siano idonei a far venir meno il senso della continenza sessuale e offendono il pudore per la loro manifesta licenziosità.

L’art. 9 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla “Criminalità Informatica” (Budapest, 23.11.2001), ratificata con Legge 18 Marzo 2008 nr. 48 stabilisce che l’espressione “pornografia infantile” include il materiale che raffigura:

  • un minore coinvolto in un comportamento sessuale esplicito;
  • un soggetto che sembra essere un minore coinvolto in un comportamento sessuale esplicito;
  • immagini realistiche raffiguranti un minore coinvolto in un comportamento sessuale esplicito.

Già il Consiglio dell’Unione Europea, però, con l’approvazione della Decisione Quadro 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003, ribadiva agli Stati Membri che per “pornografia infantile si intende il materiale pornografico che ritrae o rappresenta visivamente un bambino reale, una persona reale che sembra essere un bambino o immagini realistiche di un bambino inesistente, implicati o coinvolti in una condotta sessualmente esplicita, fra cui l’esibizione lasciva dei genitali o dell’area pubica”.

Precisato il concetto di immagine pedopornografica occorre quindi chiarire che cosa il legislatore vuol perseguire penalmente. La normativa ha per oggetto la tutela dei fanciulli contro ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale a salvaguardia del loro sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale. Pertanto è ben ribadire che ogni condotta criminale contro il fanciullo viola il suo sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale. La forma più grave prevista dal legislatore è la realizzazione, la produzione e l’induzione del minore a partecipare ad esibizioni pornografiche, nonché il commercio, in tutte le sue forme proponibili, di tali immagini. Il terzo comma dell’art. 600 ter del codice penale disciplina la distribuzione, divulgazione, diffusione e pubblicizzazione, anche per via telematica di tale materiale. Ai fini dell’integrazione delle citate previsioni legislative rilevano le condotte rivolte al pubblico, per cui è necessario che il materiale esca dalla sfera di disponibilità del detentore e divenga accessibile ad un numero indeterminato di persone. Oltre a tali ipotesi è prevista la cessione occasionale, effettuata singolarmente, in favore di utenti ben determinati. Quindi per la configurabilità del reato non è sufficiente il semplice utilizzo delle rete ma è richiesta la cessione o la propagazione del materiale ad un numero indeterminato di persone. Per esempio l’utilizzo di protocolli peer to peer e/o l’inserimento di immagini in un sito integrano gli estremi della divulgazione, così come la comunicazione che si instaura tra un numero ristretto di partecipanti ad una chat, ove vi si affiancano software di trasferimento file integrano l’ipotesi dell’offerta e della cessione di materiale pedopornografico. La formulazione normativa non sempre rende agevole stabilire se colui che cede il materiale a singoli utenti, con atti individuali ma reiterati e ravvicinati nel tempo, compie una condotta di divulgazione o se piuttosto commette il reato di cessione continuata, ma questo è valutabile caso per caso.

Detto questo e non soffermandomi oltre sugli aspetti strettamente legislativi vorrei dare qualche indicazione numerica legata non tanto ai dati nazionali o europei ma più specificamente a dati della Toscana dove, negli ultimi cinque anni, sono state sottoposte a perquisizione personale per la ricerca di materiale pedopornografico circa 140/150 persone. Queste sono state identificate al termine e per effetto di operazioni sottocopertura, di cui si hanno elementi ragionevolmente certi per poter affermare la loro responsabilità in ordine alla detenzione del materiale stesso. A queste ovviamente vanno aggiunte singole investigazioni effettuate a seguito di segnalazioni o di altre attività proprie dell’ufficio, che comunque hanno portato alla denuncia in stato di libertà e/o ad ulteriori provvedimenti di perquisizione. Il dato regionale va quindi ampliato in proporzione dell’ambito nazionale e di più va rapportato al numero degli effettivi utilizzatori. Cioè quel dato rappresenta il numero di coloro per i quali si è accertata l’effettiva responsabilità penale, ma quanti sono gli sconosciuti che consapevolmente e volontariamente si procurano materiale pedopornografico e di più lo scaricano e lo custodiscono detenendolo nel loro personal computer? Certo è che, fra tutti coloro che usufruiscono di tali immagini vi sono molte persone disinteressate ai comportamenti pedofili e che risultano essere cultori della pornografia o semplici curiosi. Probabilmente ciò che tutti costoro ignorano è la maniera in cui tale materiale viene prodotto. Non si tratta di immagini costruite al computer ma di foto e filmati che riprendono adulti e bambini o anche solo bambini fra loro che compiono effettivamente quanto ripreso e spesso con violenza assurda: bambini sottoposti ad azioni tanto degradanti quanto abusanti e umilianti, costretti a sorridere. Nessuna immagine di abuso sui bambini viene prodotta senza sofferenza o sfruttamento. Il fruitore di questo materiale è il “consumatore finale” di questa produzione. Si tratta com’è ovvio, di un mercato che, secondo la comune definizione di mercato, esso è l’insieme degli acquirenti effettivi e potenziali di un prodotto, ma anche dei venditori. Se qualcuno vuol visionare una foto, qualcun altro deve scattarla. L’acquisizione, a titolo gratuito o oneroso, di materiale a contenuto pedopornografico contribuisce ad incrementare quel mercato, e conseguentemente produce un effetto di consolidamento e allargamento del medesimo.

Fino al 2006/2007 in rete venivano rintracciate soprattutto fotografie e raramente video di non più della durata di 4/5 minuti, per la maggior parte registrati in ambienti casalinghi. Tra il 2008 ed il 2009 le fotografie sono state sostituite soprattutto da video, anche di buona fattura e non sempre registrati in ambienti casalinghi, della durata anche di 25/30 minuti, con la partecipazione di bambini dall’anno e mezzo in su. Il materiale ricercato si divide per categoria, talvolta per alcune tipologie di immagini con costi che variano dai 100 euro ai 30.000 euro. Quindi abbiamo “snipe” immagini catturate all’insaputa delle piccole vittime in luoghi pubblici, “poose” foto e video in cui i bambini assumono pose oscene di nudo integrale o parziale, “cp” immagini e video provenienti da collezioni private scattate o girate all’interno delle abitazioni, comprendono ogni forma di immagine, “snuff movies” video con torture, stupri e violenze di ogni genere; “necro-pedo” video in cui la povera vittima viene uccisa durante l’atto sessuale. Ovviamente il file così acquisito può venire immesso nei circuiti peer to peer e/o scambiato alla pari.

Il profilo del fruitore delle immagini pedopornografiche è lo specchio di figure eterogenee di individui tra loro difficilmente inquadrabili in specifiche categorie sociali, culturali o altro. Non vi è, quindi, fra loro un apparente fattore comune, tutt’al più si può parzialmente distinguere tra il pedofilo che, in modo anonimo, utilizza la rete per contattarne altri, per adescare nuove vittime e per reperire materiale pedopornografico; e gli introversi, più impacciati che, pur conoscendo le medesime pulsioni, si limitano all’acquisizione e visione di materiale pedopornografico.

Grazie ad analisi criminologiche possiamo tracciare alcune peculiarità del pedofilo on line per cui i 96 % sono uomini, di età indifferenziata, per il 37 % single e per il 31 % coniugati. La maggior parte possiede una cultura medio alta, nel 52 % dei casi sono laureati o quantomeno diplomati non hanno precedenti penali e non vi è differenziazione in ragione della provenienza geografica. È probabile che molti pedofili si sentano incompresi, rifiutati dalla società che non accetta la loro “legittima espressione di libertà sessuale”. È un criminale lucido, organizzato a forti tendenze recidive e con una ridotta angoscia legata ai comportamenti devianti. Quando il pedofilo utilizza i servizi a disposizione in rete inizialmente si finge tardo adolescente e parla di varie tematiche, in un secondo momento dichiara la sua vera identità e le sue intenzioni sessuali.

Premesso che non esiste, come già detto, una figura univoca si va infatti dal criminale lucido con ottime abilità relazionali al soggetto più diretto, aggressivo ed impaziente, l’adescamento tipico prevede il contatto in chat, forum o siti di giochi di ruolo. Inizia un dialogo su tematiche varie, tipiche della vita di un bambino per poi introdurre gradualmente tematiche sessuali, diventando piano piano una sorta di confidente, una persona che ha interesse per le sue lamentele e i suoi dubbi, disponibile a rispondere a tutte le domande. Ad un certo punto il pedofilo chiede di tenere le conversazioni segrete, lo fa quando sente di poterlo fare, divenendo nel contempo sempre più interessato ai dettagli di natura sessuale. Qualcuno avanza richieste specifiche come attività di masturbazione, fotografie di parti intime o l’utilizzo della webcam. Queste richieste sono, a volte, accompagnate dalla promessa di ricariche telefoniche. Nel momento in cui il criminale cerca di abbassare le resistenze della vittima per spingerla ad esaudire le sue richieste vi può essere l’invio di immagini pedopornografiche al fine di convincere sulla “normalità” di queste attività, sia da parte degli adulti che dei bambini.

 

Quando il rapporto da virtuale diventa reale

Il momento dipende da vari fattori: l’intuito del pedofilo nel capire che il rapporto con la vittima è ormai solido, dalla disponibilità del minore o dalla volontà stessa del minore che a volte è il primo a esprimere il desiderio di un incontro.

A questo punto occorre fare cenno al mondo del file sharing e spiegare di cosa si tratta e di come venga utilizzato anche perché la stragrande maggioranza del materiale presente in rete viene veicolato proprio con questo mezzo, semplice da utilizzare, veloce, economico poiché a costo zero se non la spesa per la linea ADSL. Questa peraltro è la specifica competenza dei Compartimenti e Sezioni di Polizia Postale poiché è demandata alle Sezioni presso le Squadre Mobili la competenza relativamente ai reati di cui all’art. 609 bis del Codice Penale. Gli strumenti di comunicazione on line sono sempre in rapida evoluzione e modificazione, ivi compresi i loro protocolli. Quindi se “tizio”, poiché ne ha le possibilità, desidera acquistare materiale pedopornografico può accedere a siti appositamente predisposti, normalmente con server e referenti in stati esteri ove la legislazione in materia non è incisiva. Può altresì utilizzare software di file sharing, strumenti che permettono lo scambio di file in modo sufficientemente rapido anche e soprattutto grazie alla diffusione delle linee ADSL. Quindi una volta installato il proprio client sul personal computer casalingo occorre procedere alla ricerca dei file con parole chiave e decidere tra i risultati della ricerca quali file porre in scarico. Altresì contemporaneamente al download del file sul proprio computer si avvierà l’upload delle parti di file che già sono state acquisite e che a loro volta sono cedute ad altri. Una rete. I software di file sarin, prima kazaa, oggi emule, bearshare etc., rispondono esattamente ai criteri della rete Internet, condivisione di risorse da e per il vostro personal computer, è la loro ragione di essere. Ovviamente in questo caso tra chi condivide le risorse vi è anche il Compartimento di Polizia che attraverso procedure standardizzate identifica tutti gli utenti che in quel preciso momento stanno condividendo quel tipo di file.

Come si giunge a stabilire, ed a prospettare al pubblico ministero, che “tizio” presso la propria residenza detiene materiale pedopornografico e quindi al fine di ricercare ulteriori fonti di prova occorre procedere a perquisizione personale e locale? In parte sono segnalazioni che ci giungono da persone che nel corso di sessioni di chat o nell’utilizzo di altri sistemi di comunicazione on line ne sono venuti a conoscenza oppure hanno avuto offerte di scambio di materiale pedopornografico.

La legislazione ci pone a disposizione l’art. 14 della Legge 269/98 per cui “… l’organo del Ministero dell’Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione svolge su richiesta dell’autorità giudiziaria, motivata a pena di nullità le attività occorrenti per il contrasto dei delitti di cui agli art. 600 bis. 600 ter e 600 quinques del codice penale commessi mediante l’impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico. A tal fine il personale addetto può utilizzare indicazioni di copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici, ovvero per partecipare ad esse”.

Quindi, anche sulla base delle segnalazioni precedentemente ricordate, ed in presenza di decreto motivato dell’Autorità Giudiziaria vengono organizzate più sessioni di sottocopertura con nomi e nick di copertura, nel corso delle quali è possibile da parte del Compartimento procedere alla condivisione di materiale pedopornografico. Nello specifico l’attività in questione è essenzialmente legata agli aspetti tecnico-operativi. È opportuno che la richiesta all’Autorità Giudiziaria oltre alle indicazioni comuni alle altre attività sotto copertura, delinei con precisione:

  • il software adoperato;
  • le procedure da adottare per la raccolta del materiale probatorio;
  • l’opportunità di condividere materiale pedopornografico;
  • la possibilità di contattare gli utenti al di fuori del contesto di file-sharing utilizzando i servizi di chat e messaggistica messi a disposizione degli stessi applicativi per la condivisione dei file.

La fase operativa consisterà nell’effettuare verifiche sui singoli utenti, rilevati attraverso un processo di ricerca che avviene utilizzando le stesse funzioni degli applicativi di file-sharing come motori di ricerca. Le posizioni dei singoli utenti individuati nel corso dell’attività di contrasto dovranno essere poi valutate alla luce dei criteri utili e delineare l’elemento soggettivo ed oggettivo del reato di divulgazione di materiale pedopornografico quali:

  • la quantità ed il genere del materiale illecito condiviso (divulgato);
  • la frequenza con cui l’utente stesso viene rilevato in rete;
  • gli eventuali contatti con l’utente al di fuori del contesto del file-sharing;
  • il profilo di pericolosità sociale del soggetto eventualmente individuato.

Non tutto però in rete è file-sharing poiché fra i servizi che Internet offre all’utente altri permettono lo scambio di file.

  • BBS – Bulletin Board Service: bacheche elettroniche in cui vengono affissi annunci e messaggi, il cui accesso può essere subordinato al possesso di credenziali (user e password);
  • Siti web: il materiale illecito è in prevalenza distribuito da siti il cui accesso prevede un canone di abbonamento, ma esistono anche altri portali che offrono gratuitamente materiale pedopornografico, finanziati con l’inserimento di banner pubblicitari.
  • Chat rooms: canali di comunicazione sincrona che pongono in contatto in tempo reale gli utenti. Alcuni di questi ambienti virtuali sono aperti al pubblico, taluni richiedono una password; altri ancora permettono una comunicazione uno a uno. Recentemente le chat sono state affiancate e direi quasi soppiantate dalla rapidissima diffusione dei c.d.
  • FTP (File Trasfer Protocol): protocollo di comunicazione per scambiare file in rapporto uno a uno. Consente agli utenti di avere accesso diretto ad una parte di memoria di un altro computer e di caricare e scaricare file.
  • Peer to peer:  lo scambio alla pari di materiale pedopornografico.
  • Social network (Istant Messaging): che permettono in prima battuta di comunicare istantaneamente per poi concedere la possibilità di trasferire file.

I social network hanno avuto nel corso degli ultimi 2/3 anni uno straordinario sviluppo, ma accanto a questo dato vi è anche una straordinaria imprudenza nel loro utilizzo da parte dei giovani. Il 74 % di loro utilizza il proprio nome, il 48 % anche il cognome reale, il 61 % inserisce le proprie foto, il 18 % rivela anche il nome della scuola. Queste informazioni sono delle vere e proprie “impronte digitali” perché permettono di renderli facilmente identificabili. Non per niente il 63 % di loro ha risposto affermativamente alla domanda: “È possibile risalire a chi sei veramente?” Dal conoscere nuove persone sul web ad incontrarle realmente il passo è breve. Quasi un terzo dei frequentatori di social network ha incontrato di persona qualcuno conosciuto su Internet, la maggior parte si presenta all’appuntamento accompagnato da amici, 63% mentre il restante 37 % di questi adolescenti è andato da solo. Le statistiche sui pericoli che la rete nasconde per i minori sono preoccupanti. Senza demonizzare il mezzo che offre straordinarie possibilità, su un campione di 50.000 minorenni, in tutta Italia, emerge che il 77 % naviga in rete in completa solitudine. La rete offre al pedofilo la straordinaria possibilità, sfruttando l’anonimato, di abbattere le barriere fisiche che nella vita reale costituiscono un filtro “naturale” per bambini e genitori. Quindi da una lato massima attenzione dei genitori all’utilizzo consapevole e condiviso del mezzo e più forza alla Polizia per la repressione di queste condotte.

 

Bibliografia

Consiglio Superiore della Magistratura – Nona Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale. Incontro di studio sul tema “Innovazioni tecnologiche, criminalità informatica e prova tecnico-scientifica. Siti internet, pedopornografia e strumenti di contrasto”, Dr. Luigi Cuomo – Giudice Tribunale di Isernia

“Tecniche investigative di contrasto alla pedopornografia on line”, Ministero dell’Interno, Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Dr. Diego Buso 1^ Dirigente Polizia di Stato

Articolo “Social network, la passione dei teenager” su www.nannimagazine.it (a cura di) Sandro Foschi.

Articolo “Pedofilia e pedopornografia online: un rischio della rete”, su www.forminrete.it (a cura di) Francesca Cardini.

Articolo “Pedofilia: così il pedofilo adesca il minore on line” su www.nannimagazine.it (a cura di) Sandro Foschi.

Articolo “Pedofilia: il profilo dell’orco”, su www.nannimagazine.it (a cura di) Sandro Foschi.

Articolo “La pedofilia e internet”, su www.crimelist.it di Danilo Levote.

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