Entomologia forense: origini ed evoluzione

 In ScienzeForensi, Anno 1, N. 1 - marzo 2010

Le ricerche sperimentali sono proseguite anche in anni più recenti, spesso utilizzando animali morti come cavie, con l’obiettivo rivolto allo studio di specie particolari o di specifici aspetti del problema forense (ambienti terrestri, acquatici o chiusi; corpi bruciati, inumati, impiccati, ecc.).

Poiché, dal punto di vista dell’entomologo forense, l’aspetto più significativo del fenomeno è l’insieme di specie che caratterizzano ogni fase, si attribuisce particolare importanza alle ondate di insetti, nei diversi stadi, che si susseguono sul corpo del cadavere. La suddivisione in ondate non è di interpretazione univoca; in letteratura, infatti, si ritrova un numero di ondate variabile a seconda dell’autore: per esempio Fuller ne individua soltanto 2, De Stefani ne determina ben 6.

Greenberg esprime qualche riserva sulla validità del concetto di successione di ondate di artropodi colonizzatori. Egli afferma che lo schema della successione di Mégnin ha costituito in passato un aiuto ma anche un ostacolo al corretto svolgimento delle indagini, perché la stretta osservanza della tabella degli arrivi e delle partenze dei diversi insetti può facilmente portare fuori strada. Infatti il numero e la durata degli stadi del decadimento possono variare a seconda del punto di vista dell’investigatore, del tipo e della dimensione del cadavere o della carogna, della stagione meteorologica, del microclima, della presenza o dell’assenza di irraggiamento solare diretto, del tipo di substrato, della complessità e dell’abbondanza della fauna locale (Greenberg, 1991).

L’entomologia forense era orientata da principio all’analisi dei tempi di sviluppo caratteristici delle ondate e vedeva il fenomeno della decomposizione in senso piuttosto complessivo, con una particolare attenzione all’aspetto ecologico. Più tardi si è cercato di approfondire la conoscenza delle componenti biologiche del processo, senza peraltro abbandonare completamente il punto di vista ecologico.

Le conoscenze utilizzate dagli entomologi forensi sono state per un lungo periodo quelle prese in prestito dagli studi degli entomologi generalisti, i quali non si occupavano in modo particolare delle specie necrofore. È emersa in seguito, quindi, la necessità di concentrare l’attenzione su tali specie, raccogliendo ed analizzando dati utili alle applicazioni forensi.

Negli ultimi decenni l’evoluzione della materia ha dunque comportato:

  • l’approfondimento dello studio della biologia delle specie di maggiore interesse (morfologia, chiavi dicotomiche, sviluppo, cicli di vita), con la messa a punto di nuove e più analitiche conoscenze che consentissero di trovare soluzioni affidabili ai singoli casi;
  • il tentativo di fornire alla disciplina una sistemazione organica e le basi scientifiche su cui impostare il lavoro in termini razionali e maggiormente quantitativi.

I nuovi studi sono inseriti in un quadro che comprende:

  1. l’individuazione delle specie coinvolte nel decadimento del cadavere o della carogna;
  2. il perfezionamento delle chiavi dicotomiche per l’identificazione delle specie, o la definizione di nuove chiavi;
  3. lo studio delle abitudini di vita delle specie interessate, con l’attenzione rivolta anche alla regione geografica, all’habitat, al clima, ecc.;
  4. l’estensione sistematica dello studio ai diversi ambienti in cui possono essere rinvenuti i cadaveri colonizzati;
  5. la ricerca di nuovi criteri, o il perfezionamento dei criteri noti, per stabilire con precisione sempre maggiore la durata degli stadi vitali (specialmente delle larve) in funzione delle condizioni di sviluppo degli insetti;
  6. la definizione di criteri per la gestione dei casi che si presentano nella pratica investigativa, con la messa a punto di protocolli per la raccolta e il trattamento dei campioni, per il calcolo dei tempi di sviluppo, ecc.

Relativamente al punto 5, sono stati cercati e messi a punto metodi analitici e sperimentali per la determinazione dell’età degli stadi immaturi, aventi lo scopo di fornire strumenti quantitativi per il calcolo della velocità di sviluppo, tenendo conto in modo particolare della temperatura ambientale. Citiamo fra gli altri gli studi di Reiter (1984), tendenti a determinare la lunghezza delle larve, nonché di Davies e Ratcliffe (1994) e di Wells e LaMotte (1995), orientati all’analisi del peso delle larve. L’introduzione del concetto di gradi-ora accumulati da uno stadio immaturo quale misura della quantità di sviluppo avvenuto, benché non sia risolutiva, denota la crescente attenzione per gli aspetti quantitativi del problema.

L’utilizzo di criteri per stabilire con precisione il tempo trascorso dalla morte presuppone la disponibilità di dati relativi ai cicli di vita di tutte le specie coinvolte nella decomposizione dei cadaveri, compreso l’effetto della temperatura sulle velocità di sviluppo. Diversi autori hanno raccolto dati sistematici relativi ad alcune specie importanti (Calliphora vicina, Calliphora vomitoria, Protophormia terraenovae, Lucilia sericata, Cochliomyia macellaria ed altre), ma è ancora enorme la mole di lavoro che resta da fare, vista la quantità di dati necessari per poter disporre di una raccolta veramente esauriente, anche in considerazione della congruenza non sempre soddisfacente dei risultati fino ad ora disponibili.

Uno dei padri dell’applicazione degli insetti sarcosaprofagi alle procedure forensi è stato certamente Nuorteva (1977), secondo cui è necessario dedicare la propria attenzione ai cicli preimmaginali, principalmente dei ditteri, attraverso l’analisi cronologica degli stadi di sviluppo larvali e pupali (tempo minimo intercorso dalla colonizzazione del cadavere al suo rinvenimento). Diventa, secondo Nuorteva, possibile determinare in maniera abbastanza accurata l’epoca della morte se si conoscono i tempi di sviluppo delle specie ritrovate e i parametri ambientali, quali la temperatura e l’umidità relativa, che possono aver inciso sul decadimento del corpo.

Negli ultimi lavori presenti in letteratura si nota lo sforzo di produrre le stime dell’intervallo post-mortale e di altri aspetti della colonizzazione dei cadaveri attraverso modelli matematici da elaborare al computer (Introna et al., 1989; Schoenly et al., 1992; Schoenly et al., 1996; von Zuben et al., 1996), oppure di analizzare con metodi statistici i risultati derivanti dalle ricerche scientifiche o dalle indagini investigative (Schoenly, 1992).

Erzinçlioglu (1986) osserva che nell’entomologia forense (così come nelle altre discipline forensi) c’è una forma di conoscenza che esula dalla ricerca scientifica sperimentale, che deriva dalla paziente analisi dei casi reali già presentatisi nella pratica. Ciò giustifica la consuetudine di gran parte degli studiosi di riportare, oltre agli aspetti scientifici della materia, anche la descrizione dei casi criminali affrontati e risolti attraverso l’impiego dell’entomologia forense. Tali descrizioni forniscono interessanti esempi concreti dell’applicazione di questa disciplina e del genere di contributo che essa è in grado di dare alla pratica forense.

Nel corso degli ultimi anni si è verificato un sostanziale rinnovamento della strumentazione e delle tecniche utilizzate nelle indagini medico-legali. Si sta anche sviluppando un nuovo filone di ricerca denominato entomotossicologia, il quale dovrebbe aumentare la qualità delle stime in cadaveri in avanzato stato di decomposizione, quando cioè non sono utilizzabili le consuete indagini di laboratorio, che prevedono l’utilizzo di fluidi (sangue, urine, bile, ecc.) o di tessuti (encefalo, cuore, polmoni, fegato, milza, reni, muscolo, ecc.). In questi casi gli insetti saprofagi possono rappresentare una valida alternativa per l’espletamento delle indagini: generalmente gli esemplari ritrovati sul cadavere vengono omogeneizzati e successivamente analizzati secondo le metodiche tipiche della tossicologia (RIA, GC, HPLC), che consentono la determinazione qualitativa e quantitativa delle sostanze tossiche o stupefacenti eventualmente presenti (Introna e Campobasso, 1998).

L’entomotossicologia studia quindi le possibili applicazioni di tali procedure tossicologiche sugli insetti e le alterazioni che le diverse sostanze chimiche sono in grado di produrre sul loro ciclo di sviluppo (Nuorteva, 1977; Introna et al., 1990; Kintz et al., 1990a, 1990b; Goff e Lord, 1994, 1998; Kintz et al., 1994; Introna 1998). Introna e collaboratori (1996) hanno ottenuto risultati interessanti in particolare su pupari di larve di Calliphora vicina, le quali erano state fatte sviluppare su substrati contenenti concentrazioni note di una data sostanza (per esempio di morfina). Si possono trovare in letteratura diversi studi sugli effetti di sostanze tossiche sul ciclo riproduttivo e sul comportamento delle specie (Goff et al., 1989; Goff et al., 1991; Goff et al., 1992; Goff e Lord 1994, 1998; Goff et al., 1997; Sadler et al., 1997). Le larve metabolizzano ed eliminano le sostanze tossiche con diversa efficienza a seconda delle condizioni e della specie, determinando differenti gradi di accumulo. Molti autori, nelle indagini di carattere tossicologico, consigliano l’uso di larve in fase attiva di crescita e che si trovano a diretto contatto con il corpo. Negli Stati Uniti sta prendendo piede anche la tecnica che prevede l’estrazione, l’amplificazione e il sequenziamento del DNA mitocondriale proveniente dal sangue umano contenuto nel tratto digerente degli insetti (Lord et al., 1998). Questo tipo di indagine è insostituibile nel caso di cadaveri in avanzato stato di decomposizione, quando i normali campioni biologici non sono più utilizzabili.

Negli anni più recenti l’entomologia forense si è ulteriormente sviluppata, grazie a sofisticate e costose strumentazioni, quali ad esempio la microscopia a scansione. La grande quantità di nuove informazioni ha perfezionato la conoscenza delle specie forensi, da un punto di vista sia morfologico sia etologico (cioè riguardante il loro comportamento), con il risultato di rendere ancora più affidabile la stima dell’intervallo postmortale. Se fino a qualche decennio fa era possibile determinare la specie di un insetto solo negli ultimi stadi vitali (principalmente in quello di adulto), ora, attraverso la conoscenza del DNA e l’impiego della microscopia a scansione, si è in grado di classificare l’insetto in tutti i suoi stadi, compreso quello di semplice uovo. Tutte queste tecniche risultano fondamentali nei casi di morte sospetta, in particolare quando viene richiesta la determinazione a partire da campioni non più vitali, che si trovano in stadi estremamente precoci.

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