Il Coraggio

 In Editoriale, N. 2 - giugno 2020, Anno 11

Coraggio. Termine che rimanda sia al provenzale coratge che al latino volgare coratĭcum, derivato dal popolare di cor(cuore)[1]. Ma anche cor habeo (avere cuore), cor agere (agire col cuore). Il coraggio dunque trova le sue ‘radici’, la sua linfa vitale nel cuore. Infatti, quando si parla di coraggio, il cuore appare il principale protagonista, diviene sinonimo di slancio, impegno, perseveranza. Ma anche di ardore, sentimento, amore.

Inserito tra le quattro virtù da Platone[2], il coraggio è quella disposizione dell’anima volta al bene, ma anche quella ‘fortezza interiore’ (Fortitudo) capace di fronteggiare i pericoli e di sostenerne la fatica. La capacità di affrontare l’incerto, il sacrificio mantenendo nel contempo fermo lo sguardo sul valore morale della meta al fine di raggiungere, in sostanza, il “modo perfetto d’essere”.

Lungi dall’essere stupidità o incoscienza, il coraggio dialoga con la paura e prosegue la sua via riconoscendo che la meta preposta è più importante del rischio o del prezzo da pagare. Ecco perché il coraggio è accompagnato e sostenuto da altre virtù quali la saggezza, ovvero quella particolarità del sapere, utile per orientare la scelta. Senza dimenticare la prudenza quale significante di “chi ha la ragione salva”; disposizione mentale che induce alla virtù della temperanza intesa come moderazione dei desideri, affinché questi non sfocino nella sregolatezza e facciano deviare dalla meta. Virtù, queste, essenziali per far posto alla giustizia. Essa, infatti, realizza l’equilibrio, l’accordo armonico, di tutte le altre virtù orientando l’essere verso mete nobili, onorabili, vere.

Il coraggio è anche, e soprattutto, verità. È infatti, spesso, evocato il coraggio della verità. Attribuendo, a questa, una buona coscienza e onestà intellettuale, buona fede e sincerità. Con il termine verità viene indicato il senso di accordo o di coerenza con una realtà oggettiva, la proprietà di ciò che esiste in senso assoluto e non può essere falso. Nella filosofia greca, il termine verità (ἀλήθεια), era considerato un atto dinamico, mai concluso, attraverso cui avveniva la confutazione dell’errore e il riconoscimento del falso, un movimento continuo di rivelazione dell’essere, che implicava la capacità di giudizio[3].

La saggia interpretazione degli eventi e la giusta predisposizione ad affrontarli, assieme ad una buona coscienza o se si preferisce all’onestà intellettuale (morale/etica) procurano uno stato d’animo definibile con la dizione serenità. Questa però non si acquisisce così, senza sforzo, ma è una realtà interiore continuamente in divenire, da conquistare ed accrescere giorno per giorno con scelte consapevoli aderenti alla verità e che mantengono il focus sulle virtù sopra descritte. D’altra parte, nel gergo comune, si dice di persona di particolare solidità interiore che ha spessore. Requisito, questo, fortemente desiderabile, dal punto di vista sociale. Ma d’altronde lo spessore per potersi realizzare necessità di varie qualità, quali per esempio la coerenza, la fedeltà alla parola data, la solidità o radicamento su ciò che si considera importante, mantenendo fermo l’obiettivo anche in momenti difficili. È un costante lavoro interiore che investe consapevolezza e coscienza, flessibilità e stabilità.

Il coraggio, quindi, è strettamente legato anche con la forza d’animo, o resilienza che permette di affrontare, dominare, o subire situazioni difficili senza venir meno o rinunciare alla ‘capacità di giudizio’. In psicologia la resilienza è la capacità di far fronte agli eventi traumatici e di riorganizzare la propria vita, positivamente, dinanzi alle difficoltà (Cyrulnik, 2009[4]). È la capacità di ricostruirsi, restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Le persone resilienti sono coloro che in circostanze avverse riescono, talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare di nuovo slancio alla propria esistenza e a raggiungere le mete preposte. La persona che coltiva questo tratto di personalità si dà da fare, è attiva: non è spaventata dalla fatica; non abbandona facilmente il campo; non è ansiosa ma è attenta e vigile; valuta le difficoltà realisticamente. Perché ci sia impegno è necessario avere degli obiettivi, una meta importante da raggiungere, un’idea, una ragione per cui valga la pena lottare e in cui credere. Qualcosa che dia un senso profondo alla vita.

La resilienza non è presente o assente in una persona: essa presuppone pensieri e comportamenti che possono essere appresi da chiunque. Questo comporta una visione positiva di sé: la consapevolezza delle proprie abilità; la conoscenza dei propri punti di forza; la capacità di porsi traguardi realistici; la capacità di pianificare passi graduali per il loro raggiungimento; adeguate capacità comunicative; capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni. Questo, come in un giro di boa, ci riporta alle virtù sopra descritte, ovvero saggezza, temperanza, giustizia, coraggio.

Per ritornare alla sua radice etimologica, il coraggio, quindi, non è la ‘semplice’ se pur vitale pulsione fisiologica di un organo. Il coraggio necessità della volontà della scelta. Una scelta accompagnata da gesta significanti, propositive, gravide di senso. Sì, perché il coraggio si stima attraverso parole e azioni. Le une devono susseguirsi coerentemente e doverosamente con le altre. In altre parole il coraggio di essere Veri.

 


  1. http://www.treccani.it/vocabolario/coraggio/

  2. Platone, Repubblica o sulla giustizia. Testo greco a fronte, a cura di M. Vitali, Feltrinelli Editore, 2008

  3. Dizionario di Filosofia Treccani, alla voce omonima.

  4. Cyrulnik B. (2009). Resilience: How your inner strength can set you free from the past. Penguin, UK.

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