L’arte di essere fragili
«Possiamo dire ciò che siamo, ma non come e perché esistiamo, sappiamo solo che a ciò che siamo è dato di esistere e questa è una chiamata a cui non ci possiamo sottrarre. […] Il genio comincia con una disperazione che in realtà è speranza, è lasciare il porto sicuro per entrare in mare aperto e navigare verso un nuovo continente dell’anima tutto da scoprire e abitare». (p. 100)
L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita è un viaggio alla scoperta dell’umano, un cammino esistenziale alla ricerca dell’arte di vivere. Alessandro D’Avenia, insegnante, ricercatore, editorialista, scrittore, maestro dell’immaginazione e della bellezza racconta il proprio metodo per trovare la felicità, come serenità nell’arte di stare ed essere nel mondo. L’autore accompagna il lettore attraverso un itinerario formato da quattro tappe esistenziali, che racchiudono le età dei grandi cambiamenti nella vita dell’Uomo: adolescenza, maturità, senilità e morte.
Chiunque inizi un viaggio prova in sé la paura dell’ignoto, soprattutto se si tratta di un viaggio entro le radici profonde dell’animo. Ma in questo viaggio non siamo soli, come Virgilio per Dante, D’Avenia trova in Giacomo Leopardi la guida per perseguire il proprio cammino esistenziale. Leopardi, poeta e profeta, uomo fedele alla sua passione, archeologo dell’essenza delle cose, «fu un cacciatore di bellezza, intesa come pienezza che si mostra nelle cose di tutti i giorni a chi sa cogliere gli indizi, e cercò di darle spazio con le sue parole, per rendere feconda e felice una vita costellata di imperfezioni» (p. 13).
La parola di Leopardi diventa la bussola che orienta il lettore e lo aiuta non solo ad interpretare la realtà, ma a scoprire la bellezza che si cela nella natura delle cose. La parola scaturisce dall’abisso del proprio Io, è la pratica simbolica che mira a raggiungere l’intensità del reale, leggere le parole di chi ha solcato sapientemente questa Terra prima di noi aiuta a dare adito al mistero della vita, leggere le parole di un poeta fa scoprire il senso di essa. L’autore intesse un epistolario con Leopardi, che diventa la guida per interpretare la complessità del mondo in cui viviamo, un mondo consumistico, iper-edonistico, tecnico e tecnologico, in cui la fragilità viene messa in un angolo, in cui è difficile perseguire i propri sogni, in cui abbiamo perso l’orientamento ricercando follemente la perfezione: il vecchio soppiantato dal nuovo, la persona soffocata dall’individuo. «La connessione immediata con tutto il mondo, senza sentirne il peso, la consistenza, l’odore, il sapore, il rumore e la fatica, indebolisce le possibilità di meraviglia e quindi di rapimento, e soprattutto mette a rischio la capacità di sentirsi parte di una storia, con la sua profondità di passato e apertura al futuro» (p. 63).Vivere nel nostro tempo significa esporsi al dubbio, respirare il clima di incertezza, ma pone in essere la possibilità di scegliere non solo di esistere, ma come esistere. È possibile riconsegnare autenticità e dignità all’essere umano? Sì, ponendo attenzione alla condizione esistenziale dell’Uomo, pensando a percorsi e metodi formativi che spingano la persona a riscoprire la propria coscienza, nel momento in cui – oggi più che mai – l’identità si costruisce passo dopo passo, esperienza dopo esperienza. L’indicibilità del soggetto e del suo farsi persona richiede impegno, passione, progettualità, ripensamento e riflessività, ma è uno sforzo che dona autenticità e fa sentire il soggetto – oltre che essere – propriamente umano, vivo. L’originalità e l’unicità del percorso di crescita, come creazione, della persona è l’infinito a cui tendere: «ciò che conta è la fioritura di quella persona e del suo sguardo appassionato sulla realtà, dell’inedito che può realizzare, con l’aiuto dei maestri» (p. 75).
Attraverso la vita e la poesia di Leopardi, D’Avenia scopre la propria vocazione, la propria destinazione e, regala al lettore un sorprendente viaggio esistenziale. La prima tappa è l’adolescenza, come arte del rapimento, l’età della vita in cui abbiamo sete e voglia di infinito, in cui andare oltre la siepe, valicare il limite per scoprire sé stessi. È l’età del desiderio, della passione, della meraviglia, della bellezza, dell’ignoto. L’adolescente ha desiderio di lasciare una traccia di sé e, il compito dell’adulto è mostrare che sia possibile farlo diventando terreno fertile in cui quel seme possa sbocciare.
«Ma cosa accade quando l’invisibile resta tale, quando l’originalità di una persona rimane nascosta per assenza di sguardo?» (104). Si apre con questa domanda la seconda tappa, la maturità o arte del morire. L’età dello scontro con la realtà, del disincanto dopo l’incanto adolescenziale, l’età in cui siamo chiamati a rimanere fedeli alle nostre passioni, anche quando sembra impossibile farlo. Giacomo Leopardi è l’esempio eroico di fedeltà alla propria arte, trasforma il disincanto in canto lasciando ai posteri un esempio di speranza e forza. Solo dopo aver imparato ad abitare il disincanto possiamo valicare la terza tappa del nostro viaggio o arte di riparare. Rimanere fedeli a sé stessi, scoprire con meraviglia la bellezza intorno a noi e dentro di noi, accettare le debolezze e la propria imperfezione tipicamente umana. «Riconciliarsi, grazie alla bellezza, al nostro fare nel mondo. Fare un lavoro che diventi poesia: qualcosa che renda il mondo più bello e noi artisti della nostra ‘Sistina esistenziale’» (p. 185). Come la Ginestra emblema e simbolo della fragilità che non si arrende e colora di bellezza l’arida e dura roccia del deserto. Nell’ultima tappa, o arte di rinascere, leggiamo come l’amore sia il segreto per riparare le nostre esistenze, come attraverso lo sguardo dell’Altro possiamo riconoscere anche noi stessi. È soltanto nella relazione che creiamo noi stessi. Forse il segreto è proprio quello di accettare e comprendere le nostre fragilità, perché sono quelle che ci rendono propriamente umani.
Tutto è destinato a finire, questa è l’essenziale fragilità del mondo. Lasciare una traccia, scoprire un seme e aiutarlo a divenire compimento, questa è la traccia indelebile che va oltre la fragilità dell’umano e resta all’infinito. Destino e destinazione, ognuno trovi la sua, la cerchi, ne venga rapito trovi uno sguardo con cui condividerla e ne lasci traccia negli occhi che incontra. Dunque, caro lettore, «ove tende questo vagar mio breve?».