L’arte di amare
«E l’amore un’arte? Allora richiede sforzo e saggezza. Oppure l’amore è una piacevole sensazione, un’esperienza dovuta al caso, qualcosa in cui ci si imbatte se si è fortunati? Questo volumetto contempla la prima ipotesi, mentre è fuor di dubbio che oggi si creda alla seconda.
Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo.
L’amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: ho bisogno di te perchè ti amo» (quarta di copertina).
Erich Fromm nacque nel 1990 a Francoforte sul Meno da genitori provenienti da famiglie rabbine di religione ebraica, molto osservanti. Tale origine influenzò profondamente i successivi studi di sociologia e psicoanalisi. Fu psicologo, psicoanalista, filosofo e accademico tedesco.
«Ogni essere umano avverte dentro di sé in modo istintivo e insopprimibile l’assoluta necessità dell’amore. Eppure, in molti casi, si ignora il vero significato di questo complesso e totalizzante aspetto della vita. Per lo più l’amore viene scambiato con il bisogno di essere amati. In questo modo un atto creativo, dinamico e stimolante si trasforma in un tentativo egoistico di piacere. Ma il vero amore è un sentimento molto più profondo, che richiede sforzo e saggezza, umiltà e coraggio. E, soprattutto, è qualcosa che si può imparare» (seconda di copertina).
Queste poche righe riassumono la tesi che Erich Fromm sostiene nel suo libro: amare è un’arte. E come tutte le arti può essere appresa e coltivata. Qualsiasi opera di Erich Fromm non può prescindere dal modo sinergico in cui l’autore ha elaborato il proprio pensiero, partendo dalle profonde basi religiose, passando per la sociologia e la psicoanalisi, approdando a un umanesimo radicale, che lo caratterizza profondamente.
Nelle prime pagine Fromm affronta il senso di solitudine che per l’autore è «l’origine di ogni ansia», in quanto essere soli «significa essere indifesi, incapaci di penetrare attivamente nel mondo che ci circonda» (pag 26). Da questo muove il bisogno dell’uomo, per superare l’isolamento, «evadere dalla prigione della propria solitudine» (pag 26), e l’uomo fin dalla preistoria si è posto «il problema di come superare la solitudine a raggiungere l’unione». Fromm passa poi in disamina le forme di unione e fusione che sono state utilizzate nel corso delle varie civiltà evidenziandone i vantaggi e gli svantaggi: quali forme attive e quali passive, quali sinergiche e quali devitalizzanti, quali sadiche e masochistiche.
L’autore propone la funzione dell’amore come unione che garantisce anche la propria individualità. E’ un amore che si basa sul dare («…dare è la più alta espressione di potenza» pag 38). La dissertazione sull’amore affronta l’amore tra genitori e figli, l’amore verso gli oggetti, l’amore erotico, l’amore per Dio… fino ad affrontare l’amore per la società contemporanea.
La grande capacità narrativa di Fromm ci accompagna al finale del libro in modo scorrevole, pur trattando temi complessi e analisi intricate (e intriganti). Riuscendo nel difficile compito di non scadere mai in un semplice e quanto mai banale manuale di auto-aiuto, un how to do it yourself, riesce a definire l’atto di amare con profonda caratterizzazione socio-psicologica e una profonda riflessione storico-sociale. Il lettore non troverà un come fare, una soluzione, una strategia nel libro; bensì sarà spinto all’analisi, alla riflessione e alla contemplazione, a ripensare a se stesso e alle proprie relazioni, a come si spende e gioca in esse.
«Paradossalmente, la capacità di stare soli è la condizione prima per la capacità d’amare» pag 117.