Videogames: indagine conoscitiva tra le abitudini ed i gusti dei giovani

 In @buse, N. 3 - settembre 2013, Anno 4

Continuando con le preferenze evidenziate dal nostro campione, al secondo posto troviamo a pari merito con l’11% di rilevanza i giochi afferenti alle categorie “Rhythm Games” ed “Giochi di Strategia”.

Per quanto riguarda i giochi della categoria “Rhythm Games”, caratteristica peculiare è l’elevato livello di isomorfismo tra le azioni compiute dal giocatore e quelle compiute dal suo personaggio. Nella maggior parte dei casi si tratta di giochi musicali, da svolgersi con l’ausilio di sistemi di controllo dedicati e non utilizzabili altrimenti (chitarre, batterie, microfoni, pedane), e senza particolari meriti tecnici: la meccanica di gioco è univoca, molto specifica, e la grafica è poco più che accessoria, appositamente studiata per rappresentare l’azione che il gioco richiede al giocatore. Si tratta però di giochi molto divertenti, che promuovono l’incontro tra amici: infatti, dal primo gioco del genere composto da una chitarra singola, si gioca oggi con kit composti da chitarra, batteria e microfono per il multiplayer.

Per quanto riguarda i “Giochi di Strategia”, caratteristica peculiare del genere consiste nel far leva sulla capacità di pianificazione e sull’abilità di gestire molte informazioni contemporaneamente (multitasking). Non sono dunque i riflessi del giocatore ad essere sollecitati dalla dinamica del gioco, quanto le sue capacità decisionali in condizioni difficili e col tempo che scorre in modo continuo (per i giochi “strategici in tempo reale” – Real Time Strategy), oppure la capacità di immagazzinare ed organizzare molte informazioni al fine di pianificare la propria mossa (nei giochi a turni). Una grossa fetta dei giochi in modalità multiplayer è costituita dai giochi di strategia, ma si tratta di multiplayer “a distanza”: i giocatori si incontrano on-line, ciascuno fisicamente isolato di fronte al proprio computer.

In terza posizione sulla classifica di gradimento operata dal nostro campione si collocano i “Giochi di Guida (auto e moto)”, con il 10% di preferenza. Il successo dei titoli appartenenti a questo genere si basa su tre feature fondamentali: la qualità grafica, la bontà della fisica di gioco e le licenze ufficiali. Si tratta di una categoria di giochi particolare, collocati in posizione centrale su un asse virtuale costituito da un lato dal realismo (giochi a carattere simulativo, che richiedono molta pratica e dedizione), ed al polo opposto dall’“arcade” (giochi in cui i controlli del mezzo sono più “facili”). Mentre i giochi arcade sono appetibili per il vasto pubblico, solitamente maschile, i simulatori si rivolgono agli appassionati (generalmente maschi adulti): in entrambi i casi, tuttavia, ciò che il pubblico apprezza in questi giochi è l’emozione di sfidarsi con mezzi del tutto simili a quelli reali, in circuiti o contesti di gara del vero agonismo sportivo, mettendo alla prova le proprie abilità manuali nonché mentali nella gestione del comando di guida.

Ancora, positiva preferenza detengono le categorie dei “Giochi Sportivi” e dei “Social Games”, entrambe al 9% di gradimento.

Nella prima categoria rientrano i giochi che simulano uno sport, ed il filone più ricco è certamente quello dei simulatori di calcio. Il miglioramento delle tecnologie e delle prestazioni hardware ha reso questi giochi sempre di più somiglianti alle competizioni reali: la grafica e le animazioni dei giocatori è molto realistica, così come lo è l’Intelligenza Artificiale. Questo genere è quello che più di ogni altro favorisce l’incontro con gli amici per giocare insieme, complice anche il fatto che non vi è bisogno dello split-screen per il multiplayer: tutti i giocatori vengono coinvolti nel gioco osservando la stessa porzione intera di schermo, gestendo i movimenti del proprio giocatore sul campo, ed interagendo contemporaneamente con gli altri personaggi.

I “Social Games” rappresentano invece il genere più giovane tra quelli elencati, il filone in maggiore crescita nonché la migliore opportunità di guadagno per aziende di sviluppo indipendenti. Si tratta di giochi che “girano” sui social network (come Facebook) e che si rivolgono al vasto pubblico dei “giocatori non abituali”. Al di là di alcune caratteristiche peculiari per ogni gioco, vi sono alcuni elementi comuni: meccaniche di gioco estremamente semplici, chiare e ripetitive; controlli di gioco iper-semplificati; grafica “cartoon style” appositamente studiata per catturare il target di riferimento; possibilità di condividere punteggi e contenuti di gioco con gli amici iscritti al servizio; possibilità di acquistare contenuti di gioco pagandoli con soldi reali. Attraverso brevi sessioni di gioco (5-10 minuti) ripetute nel corso della giornata, si vuole favorire un atteggiamento compulsivo da parte degli utenti; tuttavia, l’estrema semplicità e ripetitività delle azioni richieste al giocatore portano velocemente alla noia. Ad ogni modo, essi rappresentano un veloce e semplice mezzo per trascorrere qualche momento di distensione mentale, e diverte molto il fatto di confrontare il proprio punteggio con quello ottenuto dai propri amici.

Dando invece uno sguardo alle posizioni in fondo alla classifica di gradimento, il nostro campione mostra di avere l’interesse minore nei confronti della categoria dei “MMORPG” (Massive(ly) Multiplayer Online Role-Playing Game), con il 4% di preferenza.

I MMORPG sono l’evoluzione digitale dei classici Giochi di Ruolo “pen and paper”. La diffusione ed il potenziamento della rete internet ha consentito alle software house di creare mondi virtuali persistenti che girano su server dedicati ai quali gli iscritti possono connettersi da ogni parte del mondo. Le caratteristiche di questi giochi si rifanno decisamente a quelle dei GdR: l’utente si iscrive al servizio, crea un proprio “avatar” caratterizzandolo come preferisce, e poi lo “fa vivere” all’interno di un mondo vasto e articolato nel quale potrà incontrare altri giocatori come lui, con i quali interagire in vari modi a seconda di quanto è consentito dalle meccaniche di gioco (questo è l’elemento principale che differenzia i MMORPG dai GdR, dove i giocatori non sono reali). Il gioco attualmente più giocato al mondo (World of Warcraft della Blizzard)  appartiene a questo genere. L’alto grado di coinvolgimento del giocatore nel mondo di gioco – con la promozione di un’identificazione del giocatore con il proprio avatar, e dunque alti livelli di immedesimazione e di “sospensione dell’incredulità” – unitamente al fatto che siano in circolo soldi veri (feature poi adottata anche dai social games), ha reso questo genere quello in cui si sono manifestati il maggior numero di comportamenti devianti legati all’uso di videogiochi.

Similmente, anche la categoria dei “Giochi di Ruolo” non ha ricevuto nel nostro campione un alto indice di preferenza (6% di gradimento).

Ulteriori categorie degne di nota che nel nostro campione non hanno ricevuto un buon livello di preferenza sono poi state quelle degli “Sparatutto 3D” e quella dei “Picchiaduro 1 VS 1”, rispettivamente con il 7% ed il 6% di preferenza.

Gli “Sparatutto 3D” costituiscono il genere verso cui si concentra la maggior parte degli investimenti economici sui videogiochi. È il genere di elezione dei cosiddetti “hardcore gamers”, e grossa parte del multiplayer online tra giocatori di tutto il mondo si consuma su giochi appartenenti a questa categoria. Le feature distintive di questo genere sono: la telecamera in prima o in terza persona; l’uso di armi da fuoco per eliminare le minacce nemiche; l’implementazione di una fisica realistica nei mondi di gioco ed un’elevata qualità grafica. Nella maggior parte dei casi, i nemici sono rappresentazioni di esseri umani, per quanto a volte “distorte o rielaborate”. In questo tipo di giochi la “storia” passa in secondo piano, a favore di azioni intense e concitate. È il genere in cui più frequentemente ci si imbatte in termini di violenza e realismo.

I “Picchiaduro 1 VS 1” sono giochi in cui due o più personaggi, esperti in una qualche arte marziale, si affrontano in combattimenti corpo a corpo, con o senza armi (bianche). Caratteristica fondamentale del genere è l’efficacia del sistema di controllo dei personaggi, ma essi si distinguono anche per grafica ed animazioni eccellenti. In effetti questi giochi si connotano principalmente come mezzi per l’esercizio dei riflessi e della velocità di reazione, più che come rappresentazioni di mondi e personaggi virtuali. Tuttavia, sotto certi aspetti si ravvisa una positività nel fatto che, come accade nei giochi sportivi, si tratta di giochi che consentono a più persone di riunirsi e giocare insieme. È comunque l’esercizio della forza e della tattica fisica, se non proprio la violenza, l’elemento che si trova ad essere condiviso.

Fig12

Prima di avviarci alle conclusioni, altri due risultati necessitano di essere discussi.

Il questionario chiedeva al campione di esprimere la propria conoscenza in merito al PEGI (Pan European Game Information), il sistema europeo di classificazione dei videogiochi creato allo scopo di fornire ai consumatori, e soprattutto ai genitori, informazioni chiare ed affidabili rispetto al contenuto del gioco e alla sua idoneità per uno specifico gruppo d’età, sulla base di una serie di “bollini” direttamente applicati sulla confezione del videogioco e dunque chiaramente visibili.

Stando ai risultati ottenuti dal campione complessivamente considerato, il 91% dei soggetti intervistati dichiara di non conoscere tale tipo di classificazione (vedi grafico Domanda 29). Il risultato è ovviamente sconfortante, e pone la necessità di riflettere sul fatto che, evidentemente, per quanto posto “sotto gli occhi” di tutti, tale simbolismo non sia poi di così “immediata” acquisizione.

Fig13

Infine, il questionario sollecitava il campione ad esprimere la propria opinione in merito al gradimento dei videogiochi violenti offrendo tre differenti opzioni di risposta così da lasciare un certo grado di libertà nel riferire il proprio parere (vedi grafico Domanda 32). La percentuale più elevata si ottiene per l’opzione di risposta “gioco con i videogiochi violenti anche quando sono realistici, perché li trovo più coinvolgenti” (45% di preferenza), subito seguita dall’affermazione “non mi piacciono i videogiochi violenti” (42% di preferenza). Tale risultato può considerarsi positivo e confortante, poiché rivela che per ogni giocatore che ricerca giochi realistici con contenuti violenti, ve ne sia un altro che invece predilige i giochi privi di contenuti violenti. Considerando il carattere anonimo della somministrazione, consideriamo affidabile questo risultato.

Fig14

 

Conclusioni

Dai riscontri della letteratura in precedenza analizzati (Pomilla & Scolastici, 2013), non si traggono risultati unanimi nel considerare i videogiochi come utili o piuttosto come potenziali fattori di rischio, almeno per ciò che concerne l’aumento delle istanze aggressive.

Laddove le ricerche si muovono nella direzione di analizzare quali abitudini riguardano il consumo, prendendo in considerazione i soli numeri relativi alla quantità di consumatori si può innalzare l’allarme sociale che considera i videogiochi un pericolo sempre più incalzante. Tuttavia, scendendo nel dettaglio, si vede come l’ampio popolo dei gamers sia costituito solo in parte da veri appassionati, da giocatori che, a discapito di altre attività, trascorrono lungo tempo sulla consolle di gioco.

In tal senso, i riscontri ottenuti dalla nostra indagine sono da considerarsi positivi e rassicuranti. Ricapitolando:

  1. La diffusione dei videogiochi è elevata tra la popolazione giovanile nel senso che il campione non disprezza di trascorrere del tempo in questa divertente attività, ma l’autopercezione in merito al proprio impegno, mentale e temporale, è da “casual gamer”: ad essa vengono dedicate poche ore la settimana, laddove se ne presenti l’opportunità dopo aver svolto altre mansioni importanti (lo studio, lo sport);
  2. In particolare, il tempo dedicato all’attività ludica del videogioco non inficia quello destinato ad altre riconosciute come fondamentali per la crescita: le attività sportive, tanto importanti per lo sviluppo fisico e facilitanti la socializzazione, vengono invece seguite attivamente, con impegno e senza risparmio di energie;
  3. L’attivo mantenimento di proficue e serene relazioni interpersonali è centrale per i nostri ragazzi: già il breve tragitto casa-scuola viene impiegato per conversare con il proprio accompagnatore, ma proprio i videogiochi divengono strumento di condivisione: infatti
  4. La predilezione per i giochi relativi alla categoria “3D Action/Adventure” mostra che i ragazzi hanno bisogno e si sentono “rappresentati” dal dinamismo, da attività nelle quali più capacità comportamentali/emotive/decisionali vengono coinvolte. Ciò non indica obbligatoriamente che tali attività facciano riferimento all’uso di violenza, seppur in forma virtuale;
  5. La predilezione per i giochi relativi alla categoria dei “Rhythm Games” rafforza l’idea di come l’incontro con gli amici possa essere produttivo…fosse anche nella finzione di avere una “music band”;
  6. Di contro, emerge che i videogiochi appartenenti alle categorie dei “Giochi di Ruolo”, ed in particolare dei “MMORPG”, non siano tra i preferiti: in essi, la composizione del software di gioco può facilitare processi di immedesimazione con il proprio personaggio-avatar, e laddove le dinamiche di gioco comportino l’adozione di comportamenti aggressivo-violenti, il timore è che la lassità dei confini identitari conduca all’adozione di tali comportamenti anche nella vita reale;
  7. Allo stesso modo, è positivo incontrare categorie quali “Sparatutto 3D” e “Picchiaduro 1 VS 1” in posizioni di gradimento medio-basse, poiché tra tutte le categorie di giochi presenti in commercio, essi maggiormente richiamano all’uso di violenza;
  8. Da tenere sotto osservazione il risultato in merito alla conoscenza del Pegi nonché quello in merito ai videogiochi violenti: nel primo caso, le indicazioni sui contenuti dei giochi e sull’età cui essi sono rivolti dovrebbero probabilmente essere rimodulati o avere diversa diffusione, poiché così come sono evidentemente “non arrivano” nel modo corretto; nel secondo caso, sebbene l’incidenza dei videogiochi violenti non sia poi così alta, non si può trascurare l’effetto del “realismo” che questi giochi offrono.

In conclusione, dai riscontri della letteratura e da quelli ottenuti in questa indagine, si può affermare quanto, e così come avviene per altre questioni, i pregiudizi e le demonizzazioni non portino a nulla. Non serve considerare i videogiochi pericolosi in sé per sé, e viceversa è più utile conoscerli meglio e conoscere meglio chi ne fa uso. Essi sembrano rimanere al margine di questioni di interesse politico e sociale certamente più rilevanti in tema di minori e nuove tecnologie, quali la pedopornografia, conferendo solamente ad un codice di autoregolamentazione – di fatto, non adeguatamente conosciuto ed utilizzato – il compito di arginare un uso inadeguato dei titoli presenti sul mercato, per tutti, ma non adatti a tutti.

Un uso smisurato ed incontrollato è dannoso per il singolo e per la società che si vuol dire “civile”, ma piuttosto che contenere i comportamenti violenti che, ex post, ad esso siano collegati, bisognerebbe agire con modalità veramente preventive, operando attraverso programmi di educazione emotiva, valorizzazione morale e, perché no, sfruttando proprio le potenzialità che le moderne forme di comunicazione mediologica offrono.

Quanto sopra è, almeno in parte, al di fuori delle possibilità di chi scrive, ma tuttavia un obiettivo ce lo siamo posto: l’indagine qui presentata non è che un primo passo nei desideri di approfondimento della tematica trattata. Si proseguirà, infatti, in una ulteriore e più dettagliata esplorazione del profilo di personalità del “giocatore assiduo di videogiochi” (videogamer’s addicted), certi dell’utilità che può avere la predizione di elementi di eventuale disagio personale e l’individuazione, in particolare, di specifici fattori di rischio nell’espressione di condotte aggressivo-violente (in forma autodiretta, eterodiretta e di vittimizzazione) sollecitati dall’abuso di videogiochi.

 

Bibliografia

  • Centro Studi Minori e Media (2007) –Minori in videogioco, (consultabile on line: http://www.minorimedia.it/minoriinvideogioco.pdf)
  • GameVision Europe for the Interactive Software Federation of Europe (ISFE) – Video gamers in Europe 2010, (consultabile on line: http://www.isfe.eu/content/video-gamers-europe-2010-gamevision-study)
  • Ghezzo P. (a cura di) (2007), Videogiochi e minori. Miti, valori e modelli di comportamento, IIMS, Roma
  • Ipsos MediaCT for Entertainment Software Association (ESA) – 2013 Essential Facts About  the Computer and Video Game Industry” (pag. 2 e 3) e “2012  Essential Facts About  the Computer and Video Game Industry” (consultabili on line: http://www.theesa.com/facts/pdfs/ESA_EF_2013.pdf e http://www.theesa.com/facts/pdfs/esa_ef_2012.pdf)
  • Pomilla A. & Scolastici C. (2013), Playing is not a game: videogames, passatempo o potenziale pericolo?, Profiling – I profili dell’abuso, Anno 4, N. 2, giugno 2013


[1] “Video gamers in Europe 2010”, GameVision Europe for the Interactive Software Federation of Europe (ISFE) – http://www.isfe.eu/content/video-gamers-europe-2010-gamevision-study

[2] Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Paesi Bassi e Polonia.

[3] Portogallo, Belgio, Svizzera, Austria, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Repubblica Ceca, Ungheria e Lettonia.

[4] “2013 Essential Facts About  the Computer and Video Game Industry” (pag. 2 e 3) e “2012  Essential Facts About  the Computer and Video Game Industry”, Ipsos mediaCT for Entertainment Software Association (ESA) – http://www.theesa.com/facts/pdfs/ESA_EF_2013.pdf e http://www.theesa.com/facts/pdfs/esa_ef_2012.pdf

[5] “Minori in videogioco”, Centro Studi Minori e Media, 2007 – http://www.minorimedia.it/minoriinvideogioco.pdf

[6] “Videogiochi e minori. Miti, valori e modelli di comportamento”, Ghezzo P. (a cura di) (2007), IIMS, Roma.

[7] I risultati qui esposti rappresentano il completamento di una precedente indagine preliminare condotta nel 2010, i cui risultati sono stati oggetto di una comunicazione congressuale al Convegno dal titolo “Disagio adolescenziale: i videogiochi violenti e le devianze dei giovani perbene” organizzato nel contesto del 7° Forum Internazionale della Salute  – SANIT (Roma, 25 giugno 2010).

[8] Tuttavia, nonostante l’uso sistematico della grafica 3D, il realismo ella rappresentazione non è un elemento necessario per i titoli appartenenti a questo genere.

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