La magia: tra desiderio e paura

 In Sotto il Segno del Culto, N. 2 - giugno 2012, Anno 3

Rituali magici, evocazione di energie occulte, recita di sortilegi, reincarnazione, astrologia, lettura delle carte, parapsicologia. Ecco il moderno esoterismo spesso chiamato “spiritualità” alternativa. L’uomo in perenne dubbio sul proprio futuro e sulla via da intraprendere, cerca una spiegazione, una risposta e spesso crede di trovarla in sensitivi e veggenti. Chi interroga, di solito, non vuol sapere quel che avverrà, vuol sapere che avverrà quel che lui desidera.

Il pensiero magico è caratterizzato da due attitudini essenziali: il desiderio di ottenere ciò che non si possiede e il sentimento della paura. Perciò o ce ne difendiamo facendo ricorso a gesti di scongiuro e amuleti, o cerchiamo di carpirne i benefici tramite formule d’incantesimo, filtri o azioni collegate agli astri.

La magia, per sua intrinseca natura, non ammette nessun potere superiore a se stessa. Il mago immagina di dominare le forze della natura attraverso l’appropriazione di conoscenze occulte, mediante le quali pretende di sottomettere le forze del mondo immateriale e piegarle al proprio servizio così da ottenere un potere soprannaturale.

Dove l’uomo religioso prega, supplica, e umilmente dona l’offerta, il mago impone, manipola, cerca di ottenere ciò che desidera con l’inganno e la coercizione di un incantesimo o di una formula. Mentre le funzioni religiose si svolgono alla luce del giorno e di regola sono aperte a tutti, la magia è un affare privato e segreto fatto di riti magici spesso avvolti nelle tenebre notturne ai quali solo adepti fidati possono assistere e aderire all’arcano. Si tratta insomma di un mistero affidato agli eletti del quale non è lecito parlare.

Lo spiritismo: comunicare con l’Aldilà

Nel mondo i riti attraverso i quali l’uomo adora, chiede protezione, benedizione o perdono, sono talmente tanti da spaziare dal sublime all’orribile. I libri che presentano le “religioni” e le loro scritture sacre riempirebbero milioni di volumi con contenuti anche in netto contrasto tra loro. Tutte queste differenti realtà, questi universi senza confini, concordano però in una verità: l’uomo è un essere spirituale che non si limita ad accettare la vita così come gli è data ma tende al mistero, all’infinito, alla trascendenza. Cerca una risposta universale e definitiva a quegli interrogativi esistenziali che da sempre si è posto: “Da dove vengo? Perché esisto? Dove vado?”

Sia nel caso che l’uomo risponda con una religione ispirata dall’uomo, sia con una rivelazione ricevuta dall’alto, di fatto non si è mai limitato a vivere la vita al solo livello psico/fisiologico, ma da sempre ha cercato di elevarla, di interpretarla, di arricchirla, di darle un senso più ampio, più profondo, un senso definitivo.

È perciò in questa continua ricerca di significati e di risposte che davanti alla morte si è interrogato su quale sia il senso della vita. Poi è andato oltre: dove sono i morti? Che cosa fanno? Che cosa sanno di noi? Che cosa possono fare per noi?

Il disagio di fronte a questo mistero, la solitudine e l’incapacità di accettare la perdita, stanno spesso alla radice della ricerca di un mezzo per superare la barriera che sembra separare l’uomo dall’aldilà. Così è facile prevedere che medium e spiritisti si facciano carico di questi bisogni, cercando di enfatizzare i sentimenti di angoscia che già prova chi soffre per la perdita di una persona cara o chi guarda con terrore alla possibilità della propria morte.

Ma le angosce dell’essere umano, si sa, non si fermano qui. Una delusione amorosa, un tradimento, un fallimento professionale, una menomazione fisica. In genere non ci piace o non riusciamo ad accettare quanto soffriamo. Davanti al dolore la frase più comune è: “Che male ho fatto perché debba capitarmi tutto questo?” E allora sarebbe bello che qualcuno sussurrasse all’orecchio una risposta semplice, ragionevole, facile da capire e facile da riferire. Per esempio chi ormai si trova nell’Aldilà potrebbe suggerire soluzioni, spiegazioni e rivelazioni che nessuno mai sulla terra sarebbe in grado di darci.

Il tentativo di comunicare con i defunti per via medianica, cioè lo spiritismo, annovera in Italia molti gruppi elitari chiusi. Ma poiché è un fenomeno universale e lo si trova come forma settaria di qualsiasi religione, possiamo dire che lo spiritismo formi un culto “trasversale” a se stante, anche se la collocazione geografica e culturale lo porta ad esprimersi con i parametri della religione dominante. Certo è che lo spiritismo è una credenza sincretistica che recepisce tutto quello che la creatività umana e il substrato inconscio forniscono. Il medium tende a presentarsi come “operatore del paranormale” capace di entrare in contatto con i defunti per ottenere da loro informazioni.

Diverse sono le tipologie della moderna prassi spiritica. La psicofonia, oggi molto diffusa, consisterebbe nell’evocare i defunti utilizzando registratori. I parapsicologi lo propongono come “un fenomeno per il quale voci, suoni o musiche appaiano incisi sul nastro senza che, nel momento della registrazione, siano stati emessi o uditi da alcuno”.

Nella telepatia la comunicazione con il trapassato avverrebbe durante il sonno o per “allucinazione telepatica”. Secondo la parapsicologia, la telepatia, detta anche “lettura del pensiero”, consisterebbe in un certo “processo mediante il quale una persona viene a conoscenza di uno o più contenuti mentali di un’altra persona”.

Altro modo di entrare in contatto con il defunto si otterrebbe per incorporazione del presunto spirito nel medium in trance. La provvisoria alterazione della personalità e della voce del medium permetterebbero allo spirito di manifestarsi nei modi più vari. Questo è dovuto anche al fatto che nella inevitabile dissociazione mentale che si realizza nella trance, si forma una personalità secondaria che, per il breve tempo della seduta medianica, si sente investita di un potere assoluto di conoscenza. Questa sensazione di potere anche se non ha riscontro con la realtà, risponde ad esigenze precise del medium. Il meccanismo che presiede alla formazione dei messaggi spiritici è dunque frutto dell’inventiva umana e dell’ignoranza dell’uomo di fronte a questi fenomeni. Lo spiritismo può essere considerato l’esempio di come la mente nutrita con letture occulte/magiche elabori poi le informazioni presentandole come verità.

Il tentativo di comunicare con gli spiriti per ottenere informazioni che sfuggono alla conoscenza dell’umana ragione, è sicuramente una forma di divinazione di tipo necromantico. I contenuti delle “comunicazioni spiritiche” sono in relazione con varie credenze, come l’esistenza dell’anima e la sua sopravvivenza dopo la morte, la natura degli spiriti e i loro rapporti con gli uomini, nonché gli insegnamenti di ordine filosofico, morale e religioso.

La superstizione

Toccare ferro, gettare il sale dietro le spalle, evitare il gatto nero, indossare un indumento particolare o portarsi in tasca un portafortuna sono solo alcune tra le centinaia di forme superstiziose che ritroviamo in tutte le popolazioni del mondo. Perché la superstizione non conosce confini, etnie o culture. Da sempre l’uomo cerca di influenzare gli avvenimenti futuri attraverso un atto ritenuto scaramantico e al quale attribuisce un potere misterioso. Se i fatti dicono che il gesto superstizioso non ha ottenuto l’effetto auspicato e che, probabilmente, niente ha a che fare con ciò che sta accadendo, l’uomo invece di prenderne atto e riflettere sull’inutilità di tale pratica, preferisce pensare che una qualche forza occulta governi gli eventi. Forza che deve essere conosciuta, mantenuta propizia o placata.

“Paura del soprannaturale”: fedele alla sua radice greca la parola superstizione indica quell’atteggiamento che spinge l’uomo a credere in cose e fatti soprannaturali, misteriosi, che vanno al di là della ragione e della scienza, incontrollabili con le sole forze umane perciò temibili. Il nesso fra religione e superstizione nel mondo greco-romano era particolarmente stretto e dai confini indefiniti. L’uomo devoto poteva essere tanto religioso quanto superstizioso. I sacerdoti stessi diffondevano tra il popolo molti timori legati al culto delle divinità ufficiali, paure da esorcizzare attraverso un gesto propiziatorio. Il valore negativo della superstizione si ebbe principalmente a partire dall’età ellenistico/romana. Ma già secondo Cicerone[1] il termine superstitio deriva da “coloro che per interi giorni pregavano e immolavano vittime per ottenere che i loro figli fossero superstiti”. D’altra parte, le potenze soprannaturali, convenientemente onorate, non solo si possono acquietare ma anche piegare al servizio dell’uomo.

La divinazione

Le potenze superiori sono interrogate mediante l’oracolo per ricevere istruzioni, per conoscere cose nascoste e future. L’uomo, incerto sulla via da prendere, cerca presagi capaci di far luce nella sua confusione e quietarlo. Ma la richiesta necessita anzitutto della condizione favorevole. La potenza, perciò, deve essere afferrata, persuasa, indovinata, interpretata nella sua predizione. Non è semplice curiosità. La divinazione non prevede l’esistenza del caso. Perciò, per assicurarsi il successo, non si può fare a meno di conoscere quali potenze le nostre azioni mettano in moto e comprendere l’opportunità che queste potrebbero offrire. La potenza, adeguatamente celebrata, manda le sue informazioni ma c’è bisogno di qualcuno capace di interpretarne l’arcano linguaggio, di qualche “autorità” umana in grado di stabilire un punto di incontro con la potenza: costui è il medium.

Cicerone[2] la definì “l’arte” della profezia. Secondo il filosofo due sono i modi in cui le potenze del mondo soprasensibile possono manifestarsi: quella naturale e quella artificiale. In quella naturale l’uomo non evoca non chiede, è la divinità a decidere di inviargli i suoi messaggi, per esempio, durante il sonno. La profezia artificiale, invece, avviene attraverso l’interpretazione di eventi del mondo fenomenico: segni mandati spontaneamente dagli dei oppure richiesti dagli uomini. Per Platone la divinazione, mantiké, derivava dalla parola mania, “follia”, perciò, l’indovino, mántis, il divinatore, colui che trae responsi e pronostici dall’osservazione di oggetti e fenomeni, si avvale di un sapere irrazionale che prescinde dalla conoscenza puramente umana.

Considerati personaggi mitici e spesso diretti discendenti di una divinità, gli indovini in Grecia scortavano i condottieri in battaglia. Alessandro Magno ne aveva diversi al suo seguito e prima di qualsiasi importante impresa ufficiale era consuetudine consultare l’oracolo di Delfi. Capacità divinatorie erano attribuite anche ad alcune donne: Cassandra, le Pizie di Delfi, le Sibille. Ma, contrariamente al mondo romano, che trasse molti aspetti della divinazione da quello etrusco, in Grecia gli indovini non possedevano il ruolo di sacerdoti e la loro pratica non era istituzionalizzata.

A Roma, gli indovini ricevevano ufficiale incarico dallo Stato romano. Sotto il nome di auguri essi erano divinatori e sacerdoti. L’augure era colui che, in grado di interpretare il volere di Giove, faceva crescere e prosperare. Azioni politiche, militari, civili tutto doveva essere sottoposto al consenso di Giove: ogni atto delle Stato poteva avvenire solo se auspicato. E Giove mandava i suoi divini segni principalmente attraverso gli uccelli. Perciò l’augure era anzitutto auspex, osservatore del volo degli uccelli, da qui il nome auguri fatto risalire a avis, uccello. Solo l’augure era in grado di capire l’auspicio dal canto e dal comportamento degli uccelli e, in particolare dal modo di mangiare dei polli sacri che, in base alla voracità, davano utili indicazioni orientando l’impresa che si andava a compiere. Prima di tutto era necessario un locus liberatus et effatu, un luogo, un quadrilatero che, anche grazie a certe parole pronunciate dal sacerdote veniva ritagliato, staccato e limitato rispetto allo spazio circostante: il templum. L’augure si collocava al punto mediano dello spazio delineato, e con il suo lituo tracciava in aria, nel cielo, due linee chiamate cardo e decumano, incrociate al centro, che dividevano il templum in postica, dextra e sinistra. All’interno di quello spazio sacro, Giove manifestava la sua volontà attraverso i segni: in terra si doveva osservare e valutare il comportamento dei polli sacri e dei quadrupedi, in cielo, nella sezione delimitata, doveva essere scrutato il volo degli uccelli o lo scatenarsi di eventi naturali come i tuoni e i fulmini. Niente di ciò che accadeva nel templum accadeva per caso: se inciampavi o starnutivi durante l’osservazione dei segni, l’incidente era ritenuto funesto.

Nel mondo romano gli auguri non erano i soli a poter interpretare gli eventi o la volontà degli dei. Anche gli aruspici godevano di questa facoltà. La loro “arte” era chiamata aruspicina. Di origine orientale, era già praticata a Babilonia, da dove poi si diffuse in Etruria e nel mondo romano. Gli aruspici traevano auspici, indovinavano il futuro e prevedevano la volontà degli dei attraverso l’extispicium o osservazione delle viscere, cioè la specifica disciplina dell’interpretazione del fegato delle vittime offerte in sacrificio. Il fegato veniva diviso in diverse sezioni, ognuna delle quali corrispondeva a una diversa divinità. La conformazione più o meno regolare di ciascuna sezione forniva agli aruspici la possibilità di comprendere la volontà degli dei corrispondenti. La divinazione aveva e ha molte forme, tante quante può crearne l’inventiva umana. Possiamo dire però che essa si suddivide in una serie di procedimenti specifici.

Attraverso l’uso della iatromanzia o dell’onirocritica il mago interpreta i sogni. Con l’empiromazia trae presagi dal fuoco dei sacrifici o delle vittime che bruciano. Con la geomanzia, dopo aver tracciato dei segni in terra e gettati sopra sassi, grani o ossa, da come cadono riceve informazioni precognitive. Con l’astrologia vede il destino attraverso la posizione degli astri. Con la necromanzia parla con i defunti per avere da loro informazioni. Con la nechiomanzia predice l’avvenire osservando la putrefazione della salma o gli oggetti che hanno avuto stretta relazione con la sua morte. Con la chiromanzia segue le linee della mano e vede la vita di chi gliela tende. Con l’amniomanzia esamina l’amnio, l’involucro fetale, se il bambino nasce con il corpo coperto di amnio avrà una vita fortunata. Da qui il detto “nato con la camicia”. Forme di divinazione sono anche lettura dei fondi del caffè o del tè, caffeomanzia o tèemanzia. La consultazione delle pietre o della sfera di cristallo è la cristallomanzia; la lettura delle gocce di olio nell’acqua o quelle di cera fusa, oliomanzia o ceromanzia, e via dicendo.

Per quanto riguarda la cartomanzia, ovvero l’uso delle carte per indagare gli eventi futuri, non è una “scienza” orientale ed iniziatica antichissima, come comunemente si tenta di far credere nelle varie “scuole” di cartomanzia. La pratica con le carte da gioco viene documentata in Occidente a partire dalla fine del 1300.

Risalgono invece alla seconda metà del Quattrocento i tarocchi, inventati nelle corti italiane[3] come il risultato iconografico di allegorie e di simboli del mondo tardo-medievale e rinascimentale.

Il maleficio

Il mago attraverso la meccanicità e l’automatismo del rituale può interpellare le potenze per il bene dell’uomo o per la sua dannazione. La magia si pensa possa essere protettiva e benevola, o nefasta e malefica. Questa presunta duttilità ha fatto nascere l’idea moderna di poter dividere la magia in settori: la magia bianca per proteggere e favorire la salute, la vita familiare, il lavoro, gli studi, il gioco, le attività commerciali. La magia rossa o rosa per influire strettamente sulla sfera sessuale, separando o riunendo amanti, permettendo di conquistare amori impossibili. La magia nera per colpire, danneggiare, distruggere i nemici.

Attraverso “l’arte” divinatoria del maleficio il mago ritiene di poter compiere ciò che richiede, procurare disturbi psichici, creare forti negatività, malocchi e fatture, generare contrasti, impedimenti, liti, vendette, causare malattie e perfino la morte.

La fattura è, ancor oggi, il mezzo più usato per operare malefici. Il nome deriva dal verbo “fare”, “lavorare” una cosa, un oggetto. Il materiale usato è molteplice e ha valore simbolico: è un mezzo “sensibile” messo a disposizione delle forze malefiche per infondervi la loro volontà di nuocere. La fattura si dice diretta o pura quando alla vittima, a sua insaputa, viene fatto bere, mangiare o toccare cose o oggetti “maleficati”. È indiretta quando, invece, vengono fatti “battezzare” una foto o un oggetto della vittima o qualcosa che sia stato a contatto con lei, in modo tale che l’oggetto incorpori la persona da maleficare. L’espressione più classica è la bambolina di cera o di stoffa contenente al suo interno le “testimonianze” ovvero i capelli, le unghie, alcuni oggetti, i dati anagrafici o la fotografia della vittima.

Una variante consiste nell’uso di parti di animali unite alle “testimonianze” della vittima prescelta. Si crede che il progredire della putrefazione dell’animale aumenti l’azione del maleficio. Le “testimonianze” possono venire avvolte in una fetta di carne o in una pelle d’animale o all’interno di porzioni vegetali. Il principio è sempre lo stesso: sfruttare il presunto potere assegnato al deterioramento delle sostanze organiche. Altra variante consiste nel bruciare le “testimonianze”. Strumenti ideali sono considerate le candele nere o rosse, di cera vergine, meglio se fatte a mano e costruite con gli avanzi dei lumini da cimitero prelevati dalle tombe.

Ma il maleficio ritenuto più spaventoso e tremendo è quello legato alla putrefazione del corpo umano. Le “testimonianze” della vittima devono essere introdotte direttamente nella bara del defunto e a suo stretto contatto. La fattura trarrà il suo terribile potere dal cadavere che si decompone. Efficace, anche se meno potente e sbrigativo per eliminare il nemico, è sotterrare le “testimonianze” nel tumulo scavato di fresco dove giace una persona che porti lo stesso nome di battesimo della vittima. La magia come “scioglie” può “legare”, perciò può liberare da un coniuge ormai divenuto ingombrante o da un parente antipatico, ma può anche unire indissolubilmente all’amato creduto irraggiungibile. Allora ossa, capelli, unghie, sangue e altre parti del corpo umano sono considerate formidabili ingredienti di filtri d’amore.

Vista la creduta efficacia magica di questa pratica che compone filtri e unguenti capaci di evocare i morti, legare amanti impossibili – a patto che questi unguenti siano confezionati e spalmati sulla pelle nel modo giusto ‑ non si può escludere che ancor oggi vengano eseguite le antiche fatture a morte con il sistema di putrefazione. In questo caso la profanazione dei cadaveri diviene elemento indispensabile per procurarsi l’ingrediente indispensabile: la carne umana.

Il maleficio non compare dal nulla. Nel mondo greco, già al tempo di Platone è largamente praticato, tant’è che fra le leggi del suo Stato ideale, egli prevede appositi provvedimenti per combatterlo. Anche la cosiddetta magia rossa, quella legata all’amore, pur non caratterizzata da questa distinzione, non nasce nel mondo moderno. Teocrito, in uno degli idilli, ci narra di pratiche magiche messe in atto da Didone e di come avessero minacciato nefaste conseguenze per l’amato se l’incantesimo non avesse sortito l’effetto desiderato. Tutto ciò lascia così intravedere come la magia pretende il risultato desiderato, pena il maleficio, comunque e sempre, al di là delle distinzioni in nera, bianca, rossa, che seguiranno solo molti secoli dopo.

Un mezzo ritenuto potente per compiere il maleficio è la costruzione di statuette raffiguranti la persona da maleficare. I maghi greci, nella convinzione che le statue degli dei fossero tutt’uno con loro, credevano di poter costringere gli stessi a esaudire i loro desideri sottoponendo a tortura le loro statue. Giulio Valerio[4], al confine tra storia e leggenda, ci descrive le pratiche magiche usate dal mago Nectanabo per ingannare Olimpiade, la madre di Alessandro Magno e indurla a sognare di unirsi a Zeus Ammone. Scrive: «egli modella con cera un corpo di donna, gli dà il nome della regina, lo pone su un piccolo letto, accende intorno delle lucerne e versa sopra un liquido tratto da potenti erbe, pronunciando un efficace e segreto incantesimo. Il risultato fu che la regina credette che le accadesse in sogno tutto ciò che egli diceva all’immagine di cera[5]». Nel mondo romano formule di maledizione inscritte su cocci o lamine di metallo, le cosiddette tabelle defixionis o devotionis, venivano deposte nelle tombe con l’intento di destinare il defunto al mondo infernale. Altrimenti, costruita una statuetta di cera raffigurante la persona da maleficare, prima la si sottoponeva a una serie di torture corrispondenti ai patimenti auspicati e in seguito le si appendevano al collo le specifiche maledizioni. Dopo un’invocazione alla divinità seguiva sempre un elenco delle disgrazie invocate. Una volta adempiuti tutti i rituali del caso, la statuetta veniva collocata in prossimità dell’abitazione della persona designata, nella tomba di qualche suo parente, o più semplicemente agli angoli delle strade.

Nel Medioevo i negromanti per il loro malefici preparavano una mistura orripilante dove l’aconito, la belladonna, i funghi velenosi, la polvere di rospo, la cenere di ostia consacrata, rappresentavano ingredienti importanti ma secondari insieme al grasso e il sangue dei cadaveri che rappresentavano invece gli elementi indispensabili. Necessaria perciò diventava la profanazione delle tombe per procurarsi le sostanze fondamentali.

L’astrologia

Della divinazione fa parte anche l’astrologia, ovvero “l’arte” di predire il futuro sulla base dell’osservazione della posizione e del movimento degli astri partendo dalla convinzione dell’esistenza di un rapporto tra gli eventi astrali e quelli del mondo umano, credendo che gli astri abbiano una qualche influenza sulle faccende umane e che la mappa del cielo condizioni alla nascita il carattere e il comportamento delle persone.

La base antropologica dell’astrologia è da ricercarsi nell’idea di una parentela profonda tra astro e individuo e perciò nel principio regolatore secondo cui il cielo astrale programma e dirige l’uomo e la società. Il suo sviluppo individualistico è da ricercare nella funzione terapeutica di alleviare le ansie. L’uomo cerca la possibilità di conoscere e modificare il suo destino e crede che gli astri possano aiutarlo. In questa ricerca dell’occasione, l’uomo, naturalmente non può far oggetto della sua caccia l’intero universo. È necessario che ne stacchi una parte che faccia poi da fondamento su cui speculare, e questo in modo apparentemente arbitrario ma in realtà rigorosamente metodico. Essendo ricorrenti e costanti i moti degli astri, l’astrologia postula che conoscendo quelli, sia possibile anche prevedere i destini umani che, in modo analogo, dovrebbero essere ricorrenti e prefissati.

L’individuo corrisponde al suo tema natale: questo l’assunto di base dell’astrologia oroscopa, asse portante dell’intera astrologia occidentale. Il tema natale indica un grafico nel quale sono ricostruite le posizioni dei pianeti del sistema solare al momento di ogni nascita. Il termine greco, oroscopos da ora, momento, e scopeo, osservare, indicava originariamente il punto del cerchio zodiacale che in prospettiva terrestre intersecava l’equatore rispetto al luogo della nascita in quel momento. Questo è il punto che, con denominazione di origine latina, ancora oggi viene indicato come ascendente. Per gli astrologi contemporanei il termine oroscopo in senso tecnico vale più o meno come sinonimo dell’espressione ‘tema natale’. Lo zodiaco, di origine babilonese, «è una suddivisione in dodici parti uguali di 30 gradi ciascuna, del cerchio dell’ellittica, l’orbita del percorso apparente del Sole intorno alla Terra. […]. L’espressione ‘cerchio zodiacale’ indica in greco la fascia del cielo lungo la quale sembrano spostarsi il Sole, la Luna e i pianeti visti dalla Terra. In questa zona del cielo è visibile una serie di stelle che i Babilonesi raggruppavano in dodici gruppi o costellazioni, contrassegnate da immagini di esseri viventi, da cui la denominazione zodion, animale [6]».

Dalla Mesopotamia il salto all’Egitto è breve. Qui, al servizio dei regnanti, lavoravano schiere di astrologi che venivano considerati i detentori di conoscenze segrete e scrutavano il cielo in cerca di segni premonitori che indicassero i destini dei sovrani. Con Alessandro Magno e le sue spedizioni l’astrologia penetrò nel mondo greco propagandosi poi nel mondo romano dove ebbe un’autentica diffusione a livello popolare. A Roma gli astrologi distribuivano oroscopi a persone di ogni strato sociale, dagli imperatori alla plebe, facendo enormi fortune. Le supposizioni cosmologiche e le interpretazioni filosofiche che attengono all’astrologia nel corso dei secoli si sono susseguite nel lungo cammino che questa ha percorso. Dal periodo elleno-romano, all’avvento del cristianesimo, fino all’umanesimo, la lettura e l’interpretazione degli astri ha visto via via crescere il suo prestigio fino a raggiungere, durante il Rinascimento, il culmine. Posizione che non ha mai più abbandonato.

Conclusioni

Nella società dei fast-food dei sentimenti e dei principi, coscienza e sapienza, colpevoli di sottoporre a sacrifici e quotidiane fatiche, non trovano più spazio. La magia invece offre il vantaggioso “tutto e subito”. Ed è proprio da questa necessità di realizzare immediatamente ciò che si desidera, che esoterismo e occultismo trovano energie nuove e terreno fertile in milioni di persone. Se da una parte l’assoluta supremazia di razionalità e tecnologismo ci hanno proiettato in una società dove tutto sembra possibile grazie alla scienza e tutto sperimentabile – se non tocco non credo – dall’altra, quasi in una sorta di processo schizofrenico, fioriscono il pensiero magico e le superstizioni. Al di là del folklore degli stregoni, degli adoratori di Satana e dei santoni taumaturghi, appare evidente, all’analisi antropologica, che oggi l’esoterismo e la magia trovano nuovi adepti e incontrano una vasta diffusione. Alla crisi irreversibile delle ideologie mitico/politiche laiche, la cultura diffusa risponde con un sorprendente interesse per gli spazi interiori, per l’ascolto di voci genericamente spiritualistiche o per meglio dire energetiche.

Il disincanto del mondo, la scomparsa della dimensione religiosa socialmente condivisa, la razionalizzazione della società, hanno creato un vuoto abissale nell’immaginario dell’uomo comune che vive, soffre, muore e vuol sapere il perché. In un mondo secolarizzato il richiamo della magia riaffiora continuamente e il fascino dell’occulto si rinnova con successo. Bisogna aggiungere a queste tematiche l’insicurezza e la paura del domani, l’isolamento dei soggetti nelle metropoli, la mancanza di punti di riferimento certi, la crisi della psicanalisi e così, il gioco di maghi e indovini è fatto. Magia e maghi oggi vivono il loro eldorado.

In un panorama tanto variegato allora è facile incontrare chi con questi personaggi è venuto in contatto e ne è stato malamente influenzato per non dire truffato, danneggiato o addirittura rovinato. Energie “negative”, energie “positive” in grado di danneggiare, proteggere o cambiare la vita di chi è o si crede in difficoltà, in un batter d’occhio: così milioni di persone, senza farsi domande o chiedere dimostrazioni, si fanno ingannare e manipolare. Schiavizzate, diventano creta nelle mani di ciarlatani senza scrupoli che raggiungono così il loro vero obiettivo “energetico”: un business di proporzioni gigantesche e per di più esente tasse.

 

Bibliografia

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Hassan S., Mentalmente liberi, Avverbi, Roma 1999.

 


[1] Cicerone, De natura deorum.

[2] Cicerone, De divinatione

[3] Probabilmente a Milano o a Ferrara.

[4] Giulio Valerio, Res gestae Alexandri Macedonis.

[5] Anna Ferrari, Dizionario di mitologia, De Agostani, Novara 2006.

[6] Ornella Pompeo Faracovi, Scritto negli astri, L’astrologia nella cultura occidentale, Marsilio, Venezia 1996.

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