La Passione Molesta

 In Sul Filo del Diritto, N. 1 - marzo 2010, Anno 1

Il profilo della vittima di Stalking

Analizzando l’importanza della relazione che, spesso si instaura solo nella mente dello stalker con tutta la capacità di influenza che può esercitare una relazione reale, alcune ricerche (Harmon, Rosner, Owens, 1995) hanno individuato la stalking victim (vittima dello stalking) in:

La vittima personale (The personal): ha avuto un rapporto amoroso (ex partner) o di amicizia con lo stalker che agisce per riconquistare o vendicarsi;

La vittima per professione (The professional): appartiene alle cosiddette professioni d’aiuto, vale a dire i medici, gli psicologi, gli infermieri, i fisioterapisti, gli assistenti sociali, i sociologi, gli insegnanti, gli avvocati, forze dell’ordine e ogni altra sorta di helper contro cui lo stalker pone in essere comportamenti molesti volti a una domanda di attenzione o una ricerca di vendetta per l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla vita propria o dei propri cari;

La vittima per lavoro (The employment): si tratta di un lavoratore che subisce comportamenti, perpetrati da parte di superiori nel caso di mobbing verticale o bossing e/o da parte di colleghi nel caso di mobbing orizzontale: le persecuzioni iniziano nell’ambito lavorativo e finiscono poi per invadere la vita privata;

La vittima mediatica (The media): personaggi famosi o di pubblico interesse di cui lo stalker è fan;

Il conoscente (The acquaintance): è un estraneo, una persona incontrata accidentalmente e con cui lo stalker non ha nessun legame reale ma pensa di avere un rapporto ideale.

Lo stalker, a volte, indirizza i suoi comportamenti molesti verso una categoria di persone pertanto, le vittime rispondono a una precisa tipologia: anziani, disabili, omosessuali, transessuali, prostitute, barboni, drogati, extracomunitari ecc..

Dapprima la vittima cerca di avere un atteggiamento accomodante nei confronti dello stalker: risponde ai suoi messaggi, alle sue e-mail, alle sue telefonate e accetta di incontrarlo per farlo ragionare. Così facendo sottovaluta il rischio, perché pensa erroneamente di avere a che fare con una persona che rispetta le scelte altrui. Lo stalker invece gioca sull’ambivalenza: alterna momenti di apparente sottomissione e disperazione (senza di te non posso vivere), a momenti aggressivi (tu senza di me non puoi vivere); (Baldry, 2007).

Dopo aver subito molestie la vittima adotta delle condotte di evitamento verso tutto ciò che possa essere riconducibile all’esperienza traumatica e degli atteggiamenti di isolamento da parenti e/o amici per tutelarli perché nel tentativo di aiutarla potrebbero anche loro diventare oggetto delle persecuzioni.

È possibile osservare nelle vittime di stalking una serie di sintomi riconducibili al disturbo post-traumatico da stress (DPTS) un insieme di forti sofferenze psicologiche che conseguono un evento traumatico fortemente emotigeno e stressogeno e si manifestano con vari stati di malessere quali incubi notturni, difficoltà a addormentarsi o insonnia ma anche episodi di flashback, ovvero vissuti intrusivi che rinnovano il ricordo di episodi e scene particolarmente traumatiche, casi di hyperarousal cioè irritabilità, aggressività e tensione generalizzate e numbing ossia una condizione come di stordimento, con confusione e difficoltà di concentrazione.

Secondo gli studiosi Picozzi e Zappalà (2002) ci possono essere da parte della vittima reazioni immediate: fuga/esitamento, risposta verbale non confrontativa (dissuadere, cercare di suscitare empatia, essere sinceri, negoziare), resistenza fisica non confrontativa simulata (svenimenti, epilessia, mutismo), involontaria e spontanea (pianto, tremori, perdita del controllo sfinterico), risposta oppositiva verbale (urla per attirare l’attenzione, sfogo per la rabbia), resistenza oppositiva fisica (divincolarsi, sferrare colpi su collo e genitali), sottomissione.

Inoltre si possono verificare delle reazioni a lungo termine e le più frequenti risultano essere: la modifica delle attività di routine (variare i propri orari, andare a fare compere in posti diversi, non frequentare luoghi ricreativi, fare un certo tragitto a piedi o con propri moto-auto veicoli, non prendere i mezzi pubblici), il cambiamento dello stile di vita (cambiando lavoro, abitazione, città, stato), la protezione di se stessi (cambiando numero di telefono e/o indirizzo e-mail, usando il cognome da nubile sul lavoro, seguendo corsi di autodifesa o acquistando un arma) e della propria casa (istallando apparecchi tecnologici o sistemi di allarme nei casi più gravi, mentre in quelli blandi cambiando la serratura della porta).

È opportuno che la stalking victim non diffonda informazioni personali e che conservi le prove degli atti stalkizzanti (attivare una segreteria telefonica, registrare le telefonate, memorizzare gli sms, conservare le mail, conservare eventuali bigliettini, annotare tutti gli episodi avvenuti, specificando cosa è successo, quando e dove ed eventuali testimoni) per una ricostruzione dettagliata degli eventi.

L’indifferenza sembra essere la migliore strategia: infatti la vittima che non manifesta uno status il disagio e il comprovato malessere non alimenta lo stalker ma gli determina un’abulia comportamentale.

 

Il modus operandi

Alcuni studi compiuti su questo fenomeno (Mullen, Pathe, Purcell, 2000) hanno distinto tre categorie di comportamenti attraverso i quali si può attuare lo stalking.

Talvolta lo stalker agisce con comunicazioni intrusive, che includono tutti i comportamenti con scopo di trasmettere messaggi sulle proprie emozioni, sui bisogni, sugli impulsi, sui desideri o sulle intenzioni, sia relativi a stati affettivi amorosi (anche se in forme coatte o dipendenti) che a vissuti di odio, rancore o vendetta. I metodi di persecuzione adottati, di conseguenza, sono forme di comunicazione con l’ausilio di strumenti come telefono, fax, lettere, sms, mms, e-mail, regali e perfino graffiti o murales.

Altre volte invece, lo stalker cerca di instaurare dei contatti attraverso comportamenti di controllo diretto (raccogliere informazioni sulla vittima e sui suoi movimenti, spiare, pedinare o sorvegliare, leggere la sua corrispondenza, controllare i suoi messaggi e le sue e-mail, ascoltare le sue conversazioni) o mediante comportamenti di confronto diretto (violazioni di domicilio, visite sul luogo di lavoro, minacce, aggressioni o violenza fisica e sessuale di diversa entità, fino ad arrivare a comportamenti estremi come tentato omicidio e omicidio).

Certe volte i comportamenti dello stalker sono associati e consistono nell’ordine o cancellazione di beni e utenze a carico della vittima, al fine di danneggiarla o intimidirla, far recapitare cibo o altri oggetti all’indirizzo della vittima anche a tarda notte, oppure la cancellazione di servizi quali l’elettricità o la carta di credito all’insaputa della vittima.

Tutti questi comportamenti si possono inquadrare in due generi differenti: quello in cui il molestatore non è del tutto consapevole del male che fa alla vittima e quello in cui non solo ne è pienamente consapevole, ma attua questo fine in maniera preordinata e sistematica, sia in modo incidentale, sia, altre volte, come effetto voluto.

Lo stalking quindi è uno schema di comportamento volontario, cosciente, mirato ripetuto e prolungato: intende tenere una determinata condotta, è consapevole dell’identità della vittima e prevede o pretende di ottenere effetti precisi dai suoi atti reiterati nel numero e/o nel tempo.

Spesso lo stalker è affetto da disturbo borderline di personalità, definito nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali come una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’affettività con impulsività notevole, e nella fase di eccitamento emozionale detta arousal può avere scoppi di rabbia violenta, ira e ostilità culminanti in raptus distruttivi per se stesso e per gli altri.

In alcuni casi i pattner comportamentali del molestatore sono basati sulla manipolazione psicologica della vittima, nelle forme del plagio, e sono finalizzati all’instaurazione di un rapporto: lo stalker dopo il contatto cerca di entrare in sintonia positiva con la stalking victim mostrando comunanza di problemi, interessi, o quant’altro possa essere necessario a stabilire un’empatia relazionale e ad indurla verso i comportamenti desiderati.

In altri casi invece gli atti persecutori sono il risultato della zelofilia ossia dell’eccitazione adrenalinica data dalla gelosia. Il geloso ossessivo ha il dubbio sulla infedeltà del partner ed è continuamente alla ricerca di segnali che possano lenire, confermare o smentire un eventuale tradimento (tematiche assimilabili, nel DSM IV, al Disturbo Ossessivo Compulsivo). Il geloso delirante, invece, è convinto dell’infedeltà del partner, ricerca e trova conferme del tradimento ovunque e tenta in ogni modo di strappare la confessione al partner (Disturbo Delirante di tipo Geloso secondo il DSM IV detto anche Sindrome di Otello).

A volte si innescano dei meccanismi di stalking e controstalking: l’autore di atti stalkizzanti diventa vittima di stalking, da cacciatore diviene preda di chi ha subito comportamenti persecutori e compie azioni per l’identificazione e la raccolta di prove contro lo stalker.

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