Nuove prospettive di indagine dattiloscopica
Prolegomeni agli accertamenti dattiloscopici [1]
L’importanza dell’investigazione scientifica è sempre più evidenziata dai vari episodi di cronaca che vedono ormai protagonisti i “camici bianchi” dei comparti scientifici delle FF.PP. in indagini tecniche di polizia giudiziaria, nei vari settori delle scienze forensi.
Quanto sopra, significando che, a prescindere dalla natura dell’accertamento e/o rilievo richiesto e dai vari momenti procedurali, l’attenzione è volta alla natura del dato analizzato, alla sua interpretazione, ai mezzi utilizzati ed alle eventuali prospettive future. Il Reparto Dattiloscopia Preventiva dell’Arma dei Carabinieri si colloca nell’ambito del Raggruppamento Investigazioni Scientifiche, in cui opera nell’arco delle 24 h (con idonea turnazione, senza soluzione di continuità) a supporto dell’Arma territoriale, dei Reparti dell’Organizzazione speciale nonché dell’Autorità Giudiziaria. I compiti sono quelli propri di una fingerprints unit: identificazione personale mediante la comparazione in banca dati delle impronte digitali e palmari, assunte durante il fotosegnalamento, procedendo al contestuale inserimento in banca dati dei nuovi termini e quindi creazione di una c.d. “lista alias” contenente i vari nominativi che quel soggetto – evidentemente, allo stato, in custodia di polizia (arresto, fermo o mera identificazione) – si è attribuito nel corso del tempo.
L’attività di laboratorio, certificata ISO 9001/UNI EN ISO 9001:2008, non si limita solo all’assolvimento dei compiti istituzionali ma è stata anche affiancata da attività di ricerca e studio nel settore biometrico -anche di natura statistica – coinvolgendo enti di ricerca (Università di Chieti e di Vienna, Associazione Antropologi Italiani) con alcune applicazioni anche nel settore dell’arte. Circa la validità di una traccia papillare al fine del giudizio di utilità ai confronti, le più recenti sentenze della Corte di Cassazione sembrano orientarsi su una valutazione quali-quantitativa delle minuzie, rispetto alla semplice conta delle stesse, non più in linea con le autorevoli considerazioni espresse in più occasioni dall’International Association for Identification. In tale quadro, nel corso del proseguo del presente saggio, verrà proposta una nuova interpretazione ai fini identificativi del dato dattiloscopico, riconducibile all’associazione “punto caratteristico/figura” e consistente nell’attribuire un “peso operativo” alle minuzie più rare in funzione delle figure dove vengono più frequentemente riscontrate. Seguirà, al termine del presente lavoro, una breve rassegna su alcune applicazioni della dattiloscopia all’arte.
Caratteristiche del dermatoglifo
Nel 1900, la Polizia Londinese adotta le impronte digitali come strumento di identificazione personale. Le caratte-ristiche di base delle impronte che hanno indotto a tale scelta si possono sostanzialmente riassumere in: universalità, classificabilità, immutabilità ed unicità. L’universalità fa riferimento alla possibilità di facile reperimento del dato comparativo in ogni soggetto; l’immutabilità e l’unicità sono invece correlate alle caratteristiche proprie del derma, tra cui spiccano i contrassegni identificativi (le minuzie, alcuni esempi nella fig.1), utilizzati dall’operatore di laboratorio per addivenire all’esatta identificazione dell’individuo. Infine, la classificabilità si riferisce alla possibilità di ricondurre la figura in esame ad un ambito ristretto di figure base (adelta, monodelta, concentrica e composta).
Analisi del dato biometrico: l’importanza della minuzia
L’operatore dattiloscopico ha la possibilità di effettuare analisi di varia natura sul dermatoglifo: le essenziali – allo stato attuale – sono la classificazione del tipo di figura e l’individuazione dei punti caratteristici presenti nel tracciato papillare. Uno studio più approfondito potrebbe anche interessare la crestologia o la poroscopia, ma ciò comporterebbe l’utilizzo di maggiori risorse hardware sia per lo storage delle immagini riproducenti le impronte che per l’acquisizione delle stesse. Si consideri, infatti, che allo stato attuale il tradizionale utilizzo dell’inchiostro tipografico, con cui vengono assunte le impronte sui modelli cartacei predisposti dal Ministero dell’Interno, sta quasi per essere sostituito da apparati hardware e software dedicati dove l’impronta viene digitalizzata in maniera live (figure 2 e 3) e successivamente riprodotta, ad alta risoluzione, sul cartellino segnaletico.
Varie sono state nel tempo le ricerche in campo dattiloscopico che hanno sottolineato l’importanza dell’analisi dei punti caratteristici: talune incentrate sulla frequenza di ogni minuzia (per mm 2^), come quella di Osterburg del 1977, effettuata su un campione di 39 impronte appartenente a 39 individui, talaltre anche effettuate dal Reparto Dattiloscopia Preventiva (di seguito RDP) hanno interessato invece la maggiore frequenza di talune figure generali – correlandole ai gruppi etnici – oppure la maggiore presenza – relativamente ad una certa area del tracciato papillare- di taluni punti caratteristici (vds Rassegna dell’Arma dei Carabinieri numeri 1 e 2/2009).
Evoluzione tecnologica ed impiego, brevi cenni [2]
L’evoluzione tecnologica ha interessato tutte le indagini scientifiche investendo quindi anche il settore dattiloscopico nel quale, grazie allo sviluppo della suite TCP/IP, ha permesso l’ottimizzazione dello storage informativo (biometrico ed anagrafico) ed una drastica diminuzione dei tempi di ricerca dei dati da confrontare. Il passaggio graduale da un sistema di assunzione caratterizzato dall’inchiostro tipografico ad uno di tipo live (fig. 2-3) ha comportato il potenziamento della banda trasmissiva e delle sorgenti di acquisizione, nonché il conseguente aggiornamento del personale.
La comodità dei supporti per l’acquisizione diretta telematicamente connessi è facilmente riscontrabile sia nelle identificazioni massive, a fronte cioè di un elevato numero di soggetti da sottoporre ai rilievi, che nell’ambito delle c.d. operazioni di peacekeeping intelligence tramite l’utilizzo di dispositivi di contenute dimensioni –anche portatili- per servizi di controllo del territorio.
Analisi del dermatoglifo [3]
Circa l’attività di laboratorio, è noto che il dattiloscopista è alla continua ricerca di un modello che tenga conto del dermatoglifo, nel suo disegno generale ed anche dei particolari individuati, come ben rappresentato dalla sentenza 17424 del 05.05.2011 della Corte di Cassazione.
Nella citata sentenza, i supremi giudici hanno sancito che la valenza assunta ai fini identificativi dalla corrispondenza dattiloscopica di più punti (in numero inferiore ai 16 citati dalla dottrina consolidatasi dagli anni ’50 del secolo scorso) può essere maggiore o minore a seconda della natura degli stessi, nonché dai contesti di tempo e luogo in cui l’ignota traccia è stata repertata. Partendo da ciò, il presente studio si propone di integrare quanto espresso nella sentenza con alcune osservazioni sulla localizzazione dei punti caratteristici. Sulla base delle stesse potrebbe essere sviluppato un modello che assegni un diverso “peso” ad ogni minuzia a seconda della sua particolare collocazione su quel tracciato o alla classificazione generale dello stesso archetipo.
Nel corso dello studio, si è avuto modo di osservare un considerevole campione d’impronte classificate in base al modello che riconosce quattro figure fondamentali con l’eccezione però di non differenziare la tipologia “bidelta” in “concentriche” e “composte”, in linea con la tendenza sempre più utilizzata nella letteratura internazionale. Nel caso di specie, il campione di riferimento per le figure bidelta è stato di 840 immagini, senza interloquire su altri elementi (sesso, età anagrafica, nazionalità). Lo studio condotto ha permesso di acclarare che l’elemento maggiormente caratterizzante è ovviamente il centro di figura che, nelle more della sua costituzione da parte dei fasci papillari -in almeno 344 casi- presenta un’interessante combinazione tra biforcazioni e laghi -anche in rapida sequenza tra di loro- che ricorre con maggiore frequenza rispetto alle altre figure (come già emerso in analoghe ricerche effettuate dall’RDP nel 2009), col risultato di influenzare la rarità stessa di quei punti (figura 9).
Nelle figure proposte è possibile individuare come, man mano che l’analisi del tracciato si sposta dalla parte basale dell’impronta alla zona centrale, aumenti il numero di biforcazioni, anche se ciò può apparire logico in funzione della forma “tondeggiante” che assume il centro di figura. È stato anche evidenziato come sovente alcune minuzie, particolarmente caratterizzanti il disegno papillare, siano presenti consecutivamente sulla medesima cresta ovvero tra linee parallele e comunque tra loro vicine.
Solitamente, viene considerata rarità rinvenire due o tre laghi che si susseguono, ma invero tali eccezioni debbono qui essere ulteriormente differenziate: infatti nelle figure con doppio triradio abbiamo una maggiore presenza di tali minuzie e la loro localizzazione è circoscritta o nell’immediata prossimità del centro -specie se il riferimento è la figura “concentrica”- come rappresentato nella “figura 9”, dove, addirittura, le stesse biforcazioni sono sovente parte integrante del particolare punto focale caratterizzandolo ulteriormente (“figura 10”) oppure lungo il tracciato che contraddistingue il ridge counting, dove è possibile apprezzare le evoluzioni “a pettine” delle stesse linee papillari. Stante quanto detto, l’operatore non dovrà quindi meravigliarsi se talune aree saranno più ricche di contrassegni identificativi rispetto ad altre, potendo quindi dare risalto a questo dato interloquendo sull’importanza che quel contrassegno assumerà rispetto all’archetipo. Così un doppio o triplo lago è più facile a riscontrarsi su una figura concentrica rispetto ad una monodelta, come nella monodelta – ad esempio – è possibile riscontrare particolarità d’interesse prevalentemente nella parte apicale rispetto al centro di figura o all’area del delta (Fig. 12). Tale dato apparirebbe di maggiore interesse se riscontrato nella parte basale dove sono solitamente presenti termini di linea o ampie biforcazioni che fungono da raccordo con il sistema marginale e centrale.
Osservazioni sulle particolarità della figura monodelta [4]
Durante l’osservazione effettuata su un campione composto da 608 elementi è stata individuata, su almeno 211 tracciati papillari appartenenti alla tipologia “monodelta”, la presenza di un occhiello (considerato nel senso lato della doppia biforcazione) nell’area delimitata dalle linee che sottendono il centro di figura.
In particolare, su almeno 87 immagini, l’operatore ha riconosciuto la presenza di più “laghi” consecutivi tra loro o collocati su diverse linee papillari tra loro parallele, significando che anche in questo caso l’analisi non si è limitata alla semplice valutazione della minuzia ma anche alla contestualizzata con il tracciato in esame.
In un secondo momento, l’osservazione si è spostata nell’area immediatamente superiore al centro di figura, verso la parte apicale del dermatoglifo, dove si è avuto modo di riscontrare o un occhiello (in 109 casi), o una serie di biforcazioni che –sovrapponendosi- danno vita a particolari conformazioni (questo su altre 136 impronte): serie di biforcazioni “a pettine” o incrociate tra di loro; analoga struttura, o comunque molto simile, è stata verificata nelle figure composte, in particolare lungo la direttrice “delta-centro di figura” (ridge counting).
Osservazioni sulle particolarità della figura Adelta [5]
Alcuni studi statistici hanno tentato di provare un’associazione dito-dermatoglifo da cui risulta che l’archetipo “adelta” è facilmente riscontrabile sull’indice -specie di soggetti caucasici- mentre non sono facilmente individuabili peculiarità del dermatoglifo in quanto l’andamento delle creste risulta di massima regolare nel suo naturale decorso (Fig. 16).
Il campione di studio utilizzato -106 immagini senza sotto-tipizzazioni- ha permesso di osservare come gli elementi caratterizzanti ai fini del presente lavoro siano essenzialmente legati a determinate aree: area basale ed apicale; la marginale non è stata considerata perché in genere assunta in modo precario durante i rilievi. Stante quanto sopra, le figure di maggiore interesse sono state raggruppate nella seguente immagine.
La figura “A” è caratterizzata da una particolare evoluzione dei fasci papillari che nel loro decorso individuano un termine di linea da cui si origina una nuova biforcazione, mentre in corrispondenza della linea papillare sottostante si nota un lago. Nella figura seguente, è sempre la parte centrale che caratterizza il dermatoglifo con una rapida successione di due laghi; nell’Immagine contrassegnata dalla lettera “c”, si analizza una figura del tipo “arco a tenda” dove si evidenzia la particolare crestologia accompagnata da una sequenza di laghi. La figura “d” è caratterizzata dalla presenza di un lago all’interno di una cresta che origina due biforcazioni. La figura “e” pone in risalto la particolare conformazione di un tratto di linea che arcuandosi è posta al centro del dermatoglifo, mentre le figure “f” ed “m” sono caratterizzate dalla presenza di una sorta di delta che tuttavia non va ad imporre una differente classificazione, perché il dermatoglifo è mancante delle linee tipo del triradio nonché di una cresta che s’interpone tra i centri focali. Le figure “n” e “p” sono caratterizzate dalla rapida successione, su creste parallele, di più laghi; nella figura “s” risaltano gli uncini presenti (non dovuti ad errate assunzioni perché verificato sui vari precedenti a carico del soggetto), la figura “u” viene invece proposta perché i due laghi sono stati rinvenuti nella parte basale dell’impronta che solitamente è invece ricca di termini di linea e di biforcazioni.
La dattiloscopia e l’arte: l’impronta di Leonardo da Vinci [6]
Accenniamo ora ad un nuovo filone d’indagine tecnica che sempre più frequentemente vede impegnati gli esperti di scienze forensi nella ricerca di tracce su opere antiche o nell’identificazione di resti umani al fine dell’attribuzione delle stesse ad illustri personaggi del passato.
Capita infatti sovente che i comparti scientifici delle FF.PP. mettano a disposizione la loro competenza in collaborazioni scientifiche/culturali. Si pensi alle analisi esperite dal Reparto Dattiloscopia Preventiva su alcune tele di Scuola Leonardesca, al fine di individuare eventuali impronte papillari del genio toscano, o ancora alle collaborazioni del Gabinetto di Polizia Scientifica del Piemonte con il Museo Egizio di Torino, o alle analisi dei tecnici dell’E.R.T. (Esperti Ricerca Tracce) in Abruzzo sui resti di un prelato vissuto nel medioevo, al fine di accertarne le cause del decesso. L’analisi su tracce ben conservate può portare ad interessanti scoperte anche a distanza di secoli: si pensi alla morte di Federico I° de Medici, avvenuta per avvelenamento da arsenico come riportato dagli studi delle Università di Firenze e Pavia nel 2004, la cui conferma, 420 anni dalla morte, ha rivoluzionato in parte la biografia di quel sovrano.
Circa la produzione artistica di Leonardo da Vinci, nel 1977 Alessandro Vezzosi, Direttore del Museo Virtuale Leonardo da Vinci, ha iniziato a studiare la possibilità di esaminare le “tracce” -incluse le impronte- che Leonardo aveva lasciato su dipinti e pergamene. E’ stata così sviluppata una collaborazione fra storici dell’arte, antropologi e dattiloscopisti. Il primo problema è stato quello di distinguere le tracce sincroniche (lasciate da Leonardo o almeno al suo tempo) da quelle non sincroniche (dovute alle manipolazioni successive). Tra le tracce desumibili, alcune sono sicuramente impronte digitali lasciate da Leonardo, magari nel tentativo di rimuovere una macchia accidentale d’inchiostro o per creare le ombreggiature del dipinto (quest’ultime, per la precarietà della loro natura, sono state considerate non utili ai confronti). Lo studio antropologico dei dermatoglifi è stato compiuto esaminando circa 200 impronte documentate su 52 fogli, giungendo a ricostruire un’impronta digitale attribuibile al genio toscano.
Un esempio chiaro di dermatoglifo antico è l’impronta presente sulla collana di ebano della “Dama con l’Ermellino” (Fig. 18), per cercare riscontri alla quale l’attività investigativa si è protratta nella successiva ricerca d’impronte compatibili su altri manoscritti/dipinti. L’impronta digitale ricavata corrisponde, per dimensioni e forma generale delle pliche, a quella di un adulto. Presumibilmente, stando alle abitudini di Leonardo, dovrebbe trattarsi di un pollice sinistro.
L’impronta presenta una tipica struttura a vortice, con un’area ellittica centrale chiusa, con diametro maggiore nel senso dell’asse del dito, attorniata da creste concentriche L’associazione fra vortice centrale e doppio triradio è, ad esempio, una delle figure caratteristiche della popolazione caucasica, come anche rilevato da uno studio statistico eseguito dal RDP.
Conclusioni
Avviandosi alla conclusione del presente studio, è possibile osservare come talune minuzie che, nella generalità degli accertamenti, possono considerarsi meno frequenti siano, nel loro complesso, assai meno rare se analizzate con riferimento all’area in cui sono localizzate (basale, marginale o centrale) ed al tipo di figura considerato. L’analisi condotta ha permesso di constatare il maggior numero di biforcazioni nelle figure composte –specie nel centro di figura o comunque lungo il ridge counting-; interessante anche la presenza di un numero crescente di laghi consecutivi proprio nel centro di figura. Analogo risultato è stato osservato nelle figure monodelta –nell’area descritta dalle linee tipo-, mentre per le adelta le maggiori caratterizzazioni si concentrano nella zona basale o nel centro di figura.
Di estremo interesse anche il nuovo orizzonte che si profila con l’utilizzo delle impronte papillari nell’arte e nello studio delle patologie; in quest’ultimo caso il riferimento corre alle ricerche condotte dal Finger Print Bureau del C.I.D. Indiano e, in particolare, dall’ispettore Venkateswara Rao Madduru[7].
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Si ringraziano Il Vice Brigadiere Andrea Maddonni e gli Appuntati Francesco Mongia, Ernesto Narcisi, Alessandro Caretta, Giuseppe Battaglia ed i Carabinieri Scelti Marcello Crasto e Mauro Armenio, tutti in servizio presso il Reparto Dattiloscopia Preventiva, per la collaborazione prestata nel reperimento dei dermatoglifi oggetto di studio.
Si ringraziano, inoltre, per la disponibilità espressa nell’utilizzo di immagini e nella consultazione di appunti: il dott. Giancarlo Berardi, ideatore del fumetto “julia – le avventure di una criminologa”, edito da Sergio Bonelli; Peter Salicco, Forensic Fingerprint Expert al Dallas Police Department e l’Ispettore Venkateswara Rao Madduru della Polizia Indiana.
Bibliografia
Marascio S., Identificazione dattiloscopica: la realtà Italiana, ONAP-Profiling.org n.ro 4/2012.
Capasso, Corededda, De Fulvio, Hauser, Marascio, Identificazione dattiloscopica. Indagine statistica e considerazioni giuridiche sull’utilità ai confronti, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri n.ro 2/2009.
Capasso, Corededda, De Fulvio, Hauser, Marascio, La dattiloscopia tra realtà biometrica ed indagine statistica“, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri n.ro 1/2009.
- A cura del Ten. Col. G. De Fulvio (idem per 1.1 e 2)
- A cura del CRS. Le Donne J.
- A cura del VBR S. Marascio
- A cura del CRS. Zisa Y.
- A cura del CRS Mattioli S.
- A cura del M. C. Cordedda A.
- Secondo il quale “….health analysing through fingerprints like brain, kidneys, pancreas, reproductive system and heart”.
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