Studio dei punti caratteristici delle impronte palmari
Premessa[1]
L’attività di fotosegnalamento permette di fissare le caratteristiche fisiche di un individuo che, per motivi di polizia giudiziaria (repressione di un “fatto costituente reato”) ovvero per mera identificazione (attività di pubblica sicurezza), entri in contatto con le FF.PP. L’attività in argomento comporta – unitamente alle riprese fotografiche dell’individuo ed all’indicazione delle generalità dello stesso – l’assunzione delle impronte papillari, sia digitali che palmari, alle quali, notoriamente, la letteratura scientifica e la giurisprudenza in materia riconoscono caratteristiche di univocità ed immutabilità, ponendole quali sicuri riferimenti per addivenire all’identificazione di un soggetto.
Posto quanto sopra, l’attività identificativa venne esercitata, nel corso degli anni e nei vari contesti (anche amministrativi o “civili”), con differenti modalità. In passato, con il “marchio a fuoco” venivano contraddistinte sia le varie categorie di criminali, sia le pregresse esperienze carcerarie di un individuo. Si tenga infatti presente che fino all’avvento dei Codici Napoleonici[2] la legislazione francese consentiva l’apposizione sul petto dei criminali delle lettere “F” per i ladri, “FF” per i ladri recidivi e “T” per i condannati ai lavori forzati[3]. Con l’avvento dell’Illuminismo[4], e soprattutto del “Dispotismo Illuminato”, dalla seconda metà del ‘700, si ricercarono nuovi metodi di schedatura dei criminali, ormai non più finalizzati all’apposizione di un “signum” sull’individuo ma piuttosto volti alla ricerca sul loro corpo di segni e caratteri propri che differenziassero quel soggetto dagli altri: è l’avvento del Bertillonage[5] e, a seguire, dello studio delle impronte papillari.
In Italia, la Scuola di Polizia Scientifica, fondata da Salvatore Ottolenghi nel 1902, si basò da subito sulle impronte digitali per l’identificazione personale dei pregiudicati, tanto che nel 1903 fu ideato da Giovanni Gasti un apposito metodo di classificazione, mentre nel 1958 fu istituito lo schedario nazionale per l’archiviazione delle impronte palmari[6]. D’altronde a quest’ultime la nostra giurisprudenza attribuisce caratteristiche identificative[7] pari alle impronte digitali, tanto da essere risultate in più casi fondamentali per la risoluzione di “accertamenti complessi”. Si pensi a tal proposito all’identificazione di soggetti extracomunitari – prevalentemente, ma non solo, di origine maghrebina – che alterandosi i polpastrelli cercano di vanificare le operazioni di rilievo e di comparazione necessarie per addivenire alla propria identificazione[8]. È interessante osservare come la letteratura scientifica in materia si sia prevalentemente interessata dello studio dei dermatoglifi di natura digitale, curando poco l’analisi del tracciato palmare: a riprova di ciò lo scarso numero di metodi di classificazione delle impronte palmari rispetto alle digitali. Le attività di ricerca statistica nel settore possono essere le più varie ma, in buona sostanza, si limitano a due fattispecie: l’analisi antropologica e lo studio dei punti caratteristici. Nel primo caso, si tratta di studi di tipo genetico o patologico quindi analisi differenziali per etnie, interessanti, ma di scarso interesse investigativo, alla stessa stregua dello studio dell’angolo “atd” ovvero dei conteggi “a-b” o “A-d” (Fig. 1); la presenza invece delle “vestigia” è l’ideale punto di contatto con lo studio dei punti caratteristici e delle particolarità che il tracciato in esame potrebbe presentare.
Scopo del presente saggio è proporre un’analisi statistica delle minuzie più ricorrenti sul palmo della mano, partendo da un campione di riferimento di 113 individui di sesso maschile, sottoposti a rilievi foto segnaletici da personale dell’Arma dei Carabinieri; di costoro si è provveduto, per entrambi i palmi, allo studio delle 3 aree in cui viene suddiviso il palmo (Fig. 2).
Analisi della regione superiore[9]
La regione superiore rappresenta l’area del palmo più ricca d’informazioni, la stessa viene caratterizzata da una cospicua frequenza di figure complesse – da non confondersi con le vestigia – presenti invece nella zona ipotenare.
Strettamente correlato allo studio di questa area è il tentativo di classificare il dermatoglifo palmare[10]. La zona superiore viene separata dalle contermini dalla piega distale traversa; le linee papillari, nel loro decorso, contribuiscono alla formazione di triradi in corrispondenza delle dita, facilmente apprezzabili nella Fig. 1, lett. b): numeri 12, 10, 8, 6. I “delta” più caratteristici vengono individuati nella posizione 10-9, grazie alla notevole estensione di quel triradio, sovente confluente in un’ansa che discende fino alla piega distale, d’interesse in tal senso, sono le figure “3”, “4” e “5”.
Si comprenderà così perché nelle aree descritte vi sia una prevalenza di “laghi” e di biforcazioni, allorquando la cresta papillare nel suo decorso dà vita ad un nuova linea, mentre i “termini” sono presenti, nella maggior parte dei casi osservati, sulle creste parallele alla piega distale oppure ai margini delle anse precedentemente descritte.
Lo studio in disamina si è spinto anche alla viciniora regione sottodigitale, ovvero quella delle falangi prossimali e medie. Sulle dita si è avuto modo di osservare una preminenza di termini di linea e di biforcazioni; interessante l’aver individuato una figura tripoidale alla base della falange distale che, in sede d’identificazione giudiziaria, quindi di verifica di un frammento papillare repertato su una scena del crimine, porterebbe l’operatore a confondere lo stesso con un “delta” digitale (Fig. 6), considerata la somiglianza dei due elementi. L’analisi della regione superiore ha permesso di apprezzare la presenza di 24.717 punti caratteristici.
Analisi della regione tenare[11]
L’analisi del dermatoglifo della zona tenare dei palmi ha portato all’individuazione di 13.226 punti caratteristici , che sono stati suddivisi per tipologia. Le minutiae più ricorrenti sono risultate essere i termini di linea e le biforcazioni, confermando quanto già presente in letteratura per le impronte digitali. Si è osservato, nella fattispecie, che la maggior parte dei termini di linea sono posti sulle creste cutanee che decorrono dalla regione superiore verso la cresta del polso. Nell’area immediatamente prossima alla base del pollice, si è osservato come l’andamento delle creste -marcatamente più tondeggiante o circolare rispetto all’area ipotenare – concorra alla formazione di biforcazioni in numero maggiore rispetto ai termini di linea, ed è sempre in questa zona del palmo della mano che sono state individuate anche le altre tipologie di punti caratteristici, particolarmente dove si è riscontrata la formazione di dermatoglifi complessi o quantomeno differenti rispetto alla frequenza ricorrente, come meglio evidenziato nelle figure seguenti.
Nell’immagine a lato (Fig. 7), si può osservare una tipica raffigurazione della regione tenare, nella fattispecie trattasi di un’impronta palmare destra; l’interpretazione di questa regione è resa particolarmente difficoltosa dalla notevole presenza di pieghe di flessione (“linee bianche”), dovute all’opponibilità del pollice, che si diramano dalla base del pollice stesso, proseguendo verso la prospiciente zona ipotenare, quindi verso la piega del polso, mantenendo un andamento parallelo alla piega tenare o prossimale traversa.
Nelle immagini sotto riportate (Fig. 8, 9, 10, 11 e 12), si può invece osservare il particolare sviluppo che alcuni dermatoglifi concorrono a formare, laddove si riscontra un numero maggiore di biforcazioni e di laghi (c.d. “vestigia”).